Copertina e intervento di Salvatore d’Albergo titolato “Governabilità o trasformazione? Ente intermedio, riforma dello stato e programmazione democratica dell’economia ”
Credo volesse far pervenire e far conoscere alcuni degli aspetti della sua attività, forse meno noti o più distanti nel tempo, si che Salvatore, all’incirca 7-8 giorni prima della sua morte, in modo convinto, parlando al cellulare, disse: ” basterebbe che tu gli mandi le copertine dei libri su quello che si fece prima del Centro e poi anche quelle del Centro Lavoratore”. Gli risposi che già tutti hanno tutto. Lui di rimando, insistette dicendo: “si ma non se ne ricordano: e poi molti sono arrivati dopo i lavori e le lotte che abbiamo fatto sulla programmazione economica su enti locali e istituzioni come soggetti nazionali della programmazione, e alcuni anche dopo i primi Quaderni del Centro Il Lavoratore”.
E per evidenziare la coerenza tra le analisi di ieri e quelle di oggi, aggiunse: ” bisognerebbe mettere su due colonne, fianco a fianco, in una il documento-manuale di difesa della Costituzione e sull’altra colonna, parallelamente, il testo del primo volume del Centro o, stante la dimensione, almeno la Relazione che contiene i riferimenti al documento fondativo del Movimento di Rilancio della Costituzione”.
Per la difficoltà del PC a reggerne il “peso”, alleghiamo solo la prima delle varie” copertine” che Salvatore aveva inviato a trasmettere nei suoi ultimi giorni, a cui noi aggiungiamo anche il testo del suo intervento. Intervenendo che pur se è soltanto un esempio, rende visibile e possibile per tutti trarre conferma oltre che della “comprensibilità” e “verità” dei suoi testi, anche del suo “argomentare” nonostante l’ampiezza analitica e la complessità della tematizzazione, sempre arricchente per chi lo ascoltava, anche per la specifica capacità di dialettizarsi, su un piano politico e culturale “educativo”, con la realtà specifica e generale e con tutti gli interlocutori, tramite gli innumerevoli e ininterrotti, che parimenti ai suoi apporti teorici – di cui i sui stessi interventi nel dibattito politico e culturale erano intrisi – ed unitamente agli scambi periodici o quotidiani con tutti noi e anche con chi lo aveva conosciuto in qualche occasione, sono destinati, a nostro avviso, ripetendoci, a lasciare una impronta indelebile della Sua eccelsa personalità.
Per inquadrare adeguatamente il tema trattato in “QUALE RIFORMA?” e parimenti la personalità di S. d’Albergo.
Stampato nell’82, il libro riporta la relazione, l’intervento del segretario della CdL , quello del segretario della Funzione Pubblica e le conclusioni di d’Albergo in quella che era una Assemblea pubblica tenutasi nel 79 (che concordai con Ossola, sapendo anche lui quanto sarebbe stato utile per i lavoratori del “pubblico” e del “privato”, conoscere il pensiero di d’Albergo) mentre cominciavano ad emergere nelle dirigenze sindacali e di partito, la tendenza che d’Albergo definì di ripensamento-arretramento. Pur essendo in una fase in cui il crollo delle vecchie concezioni privatistiche dell’economia rendeva più che mai evidente, l’elemento PUBBLICO E SOCIALE che caratterizzava l’intero processo produttivo.
Il problema di fondo in rapporto all’economia e alle ristrutturazione delle imprese lombarde (“ristrutturazione selvaggia” l’avevo definita nella relazione all’attivo regionale dei comunisti criticata da Napolitano nelle sue conclusione, sopratutto perché avevo usato o osato definirla “ristrutturazione selvaggia”), si rivelava essere sempre di più quello del ruolo delle Assemblee elettive di Enti Locali, Regioni e Parlamento,come momenti decisivi per ripensare e ristrutturare l’intero assetto dell’economia, nel quadro di una articolazione sempre più ampia della democrazia.
In tal senso, la soluzione in positivo di questi problemi nel quadro del processo di programmazione democratica e sociale dell’economa, si collegava strettamente alla realizzazione della riforma delle autonomie locali, prevista dalla Costituzione, a cui però si opponevano non solo le scelte politiche delle forze conservatrici ma anche un perdurante centralismo del sistema politico italiano e il centralismo sia nazionale che provinciale dei partiti anche “di sinistra”, oltre che una tendenza al verticismo e alla parlamentarizzazione del movimento sindacale. Dal che si vede in fieri, quanto successe poi dalla fine degli anni 80 e negli anni 90, la cui natura e origine si manifestava già allora e sarebbe andata via via accentuandosi, portando al totale rovesciamento storico, ideale, culturale e politico e di strategia e al crollo di partiti che in funzione del centralismo e del ruolo prevaricatore dei vertici sulla base portarono alla “occupazione dello stato” da parte dei partiti, alla corruzione che prima ancora di essere e di diventare penalmente perseguibile, era corruzione del ruolo dei partiti e del ruolo della politica, dovuto in concreto all’abbandono della strategia delle riforme di struttura e della programmazione democratica dell’economia “pensata” dai Costituenti per realizzare la democrazia “sociale-economica”, non già per il c.d. “stato sociale” che riguarda i servizi e quindi esula dal controllo della economia: quindi esula dal controllo sia della produzione che della distribuzione delle risorse necessarie anche per soddisfare i bisogni e i diritti sociali, che per ciò sono stati progressivamente vanificati.
Allora come oggi, la questione delle aree metropolitane, della abolizione delle provincie con i comprensori non elettivi, ecc. riguardava e riguarda se agli enti locali e al sistema istituzionale provinciale e regionale si guarda nell’ottica e in funzione solo dei servizi o nell’ottica e in funzione anche dell’economia, del sistema economico che è allocato nel locale, ma vigendo il centralismo contrario alle autonomie sia istituzionali che sociali, non lo si vuole riconoscere come soggetto della partecipazione dal basso, come prescrive la Costituzione, alle decisioni e scelte economiche nazionali.
Questo è sempre stato un punto centrale della battaglia di d’Albergo, che per questo, nel momento in cui Bassanini si trovò a gestire la presidenza, tentarono di impedirgli persino di parlare al convegno nazionale della ANCI, facendogli passare davanti chi si era iscritto dopo di lui.
Riuscì ad intervenire all’ultimo, dopo essere stato costretto ad “arrabbiarsi” e ad imporsi (pubblicati gli atti in quei “Tre Volumi ” blu dell’ANCI, si può trovare testimonianza di una svolta anti-autonomistica, certo sotto la spinta dei vari Barbera e Bassanini, ma anche con la disponibilità di Ingrao a non opporvisi o seguire la “corrente”).
L’attuazione di un decentramento istituzionale effettivo ( che poi le leghe e seguendo il leghismo venne distorto in decentramento puramente amministrativo e centralistico de-concentramento del Centro a favore dei vertici di potere regionale) era oggetto del dibattito politico e del libro allegato, riguardo il vero problema di una grande “riforma istituzionale”, che per realizzarsi nelle forme della democrazia e della democratizzazione delle istituzioni, e richiedeva indiscutibilmente un decentramento dei partiti. Per potere realizzare, assieme alle forme di democrazia diretta (quale non sono i “referendum” ma gli organi della democrazia di base organizzata – dai consigli alle associazioni locali di fabbrica, territorio, quartiere, ecc. -), che favorisca la crescita di una “democrazia diffusa” (all’opposto di chi da li a poco avrebbe iniziato a proporre anziché una democrazia diffusa una impresa diffusa) la nascita di un nuovo e moderno pluralismo.
Il superamento dei vecchi centri provinciali dei partiti come centri di potere e lo scioglimento-abolizione di Prefetti come simbolo e potere del vecchio ordinamento istituzionale, il rafforzamento dei livelli locali e comunali delle istituzioni statali e di quelle sezionali dei partiti, unitamente ad una svolta nella struttura e nel modo di essere delle Regioni ed una riforma del centro statale: tutte condizioni indispensabili – non meno di un cambiamento nel funzionamento dei centri bancari e della partecipazioni statali,dell’ISTAT e della Banca d’Italia, ovvero il loro decentramento “‘uovo di colombo” duna loro riforma democratica) – per poter dare una soluzione costituzionalmente e democraticamente corretta a problemi come quelli delle Provincie e dell’Ente intermedio, della programmazione democratica dell’economia ed indicare un prospettiva di sviluppo della democrazia oltre che di sviluppo sociale ed economico al Paese.
Una tematizzazione della riforma democratica dello stato e dell’economia, del sistema politico e di partiti e sindacati, che Salvatore d’Albergo ha saputo coniugare con la rara capacità di garantire unitarietà complessiva ad una tematizzazione vasta e assai articolata in tutti i decenni della sua vita.
“Venti anni dopo l’intervento riportato, i dibattito sulla Prealpina, scrivemmo insieme: “per attuare una riforma della politica, anziché ‘ridurre la democrazia’ con il maggioritario e le riforme istituzionali…si trattava e si tratta di “ampliare la democrazia”, riformando radicalmente i partiti (che altrimenti si delegittimano da sé) , non la Costituzione che anche sul punto dei partiti …sancisce che devono garantire ai cittadini di “concorrere dal territorio, cioè dal sociale e dal basso, con metodo democratico, a determinare la politica nazionale…
(“Partiti’ i partiti, ripartiamo dalla democrazia sociale, Prealpina 21-10-98). An. Ru.