Giulio Cavalli
Il caso di Pietro Fiocchi, candidato alle Europee per Fratelli d’Italia, che si fa fotografare con armi e munizioni, mentre il cugino, presidente del Cda della Fiocchi spa ha preso le distanze dalla sua campagna elettorale, è una fotografia paradigmatica di questa epoca politica
Il candidato alle elezioni europee Pietro Fiocchi vi sarà capitato di vederlo se abitate in una sua circoscrizione elettorale. Nel manifesto il candidato di Fratelli d’Italia imbraccia un fucile e punta direttamente in faccia i malcapitati che lo osservano. Niente di nuovo, Fiocchi a Natale aveva riempito la sua Lecco con manifesti in cui appariva seduto su un poltrona con dietro un albero addobbato con bossoli colorati.
Fiocchi è l’ex presidente e membro del consiglio d’amministrazione di Fiocchi of America Inc., la divisione americana dell’azienda. Cacciatore convinto, Fiocchi è uno dei tanti feticisti delle armi e del suo uso di questa destra che si sogna trumpiana.
Qualche giorno fa Pietro Fiocchi è stato criticato nientedimeno che dal cugino Stefano Fiocchi, presidente del Consiglio di amministrazione della Fiocchi spa, che ha chiarito come il meloniano sia “solo un socio di minoranza della Giulio Fiocchi Holding. Non supportiamo e non finanziamo in alcun modo la sua campagna elettorale“. Non solo, Stefano Fiocchi in un’intervista al Corriere della sera ha spiegato che il parente “è stato invitato formalmente a evitare riferimenti alla società“. I cartelloni? “Un’immagine da cui ci dissociamo“, dice Stefano Fiocchi.
Un candidato politico che vorrebbe una seggiola a Bruxelles che non verrebbe votato dai parenti ma che inevitabilmente prenderà i voti di parecchi esaltati è una fotografia paradigmatica di quest’epoca politica in cui si esagera per farsi notare, con buona pace della credibilità personale e della dignità, mentre i capi partito (in questo caso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni) imbarcano voti senza proferire verbo.
Buon mercoledì.