by Alessandro Colombini
Partiamo da un presupposto che mi sento di voler sottolineare ogni volta che si parla di argomenti del genere: sapere con certezza cosa succede in casa di altri, soprattutto in situazioni così delicate, è decisamente presuntuoso, e in questo articolo le ragioni della “rivoluzione” ucraina verrano lasciate a chi pensa di saperle. Preferirei invece affrontare l’altra faccia (neanche tanto nascosta) di chi scende in piazza a Kiev o nelle altre città ucraine.
Non sono certamente un segreto le “simpatie” ideologiche dei manifestanti pro-europei, dato che basta guardare semplici foto delle manifestazioni avvenute in questi giorni in Ucraina e non si faticherà a trovare scritte, bandiere o magliette ritraenti croci celtiche, svastiche o simboli dello Vseukraїns’ke Ob’jednannja (conosciuto anche come Svoboda, “Libertà”, partito nazionalista di estrema destra), mentre il 23 Febbraio dopo che il movimento Euromaidan occupava il palazzo municipale di Kiev, veniva srotolata una gigantografia di Stephen Bandera, un collaboratore dei nazisti nella Seconda Guerra Mondiale, responsabile del genocidio di ebrei e polacchi nell’occupazione nazista dell’Ucraina.
Tutto questo mentre vengono buttate già statue di Lenin, vengono occupati edifici istituzionali, viene abolito il bilinguismo (dichiarazioni di personaggi interni a Svoboda prendono in considerazione l’ipotesi carcere per chi parla russo, tutto questo in un paese dove più della metà della popolazione è madre lingua russa) e vengono presentate proposte di leggi che mettono al bando Partito delle Regioni e Partito Comunista.
Purtroppo però la follia nazionalista non si ferma a proposte di leggi e statue abbattute: il 24 Febbraio a notte fonda una squadraccia fascista a volto coperto ha fatto irruzione nella casa del segretario del Partito Comunista Ucraino Petro Simonenko, incendiandola dopo aver gettato alcune bottiglie molotov all’interno. Stessa sorte è toccata alla sinagoga di Zaporozhie, mentre sono decine i pestaggi ai danni di appartenenti alla comunità ebraica, tant’è che Moshe Reuven Azman, uno dei più importanti rabbini del paese ha invitato la comunità ebraica di Kiev ad allontanarsi dalla città e magari dal paese, mentre Israele ha inviato a Kiev una rappresentanza con il compito di riuscire a convincere gli ebrei di Kiev a trasferirsi in Israele. In questi giorni inoltre circola sulle testate online e sui social network un drammatico appello di Rotislav Vasiliko, primo segretario del Comitato Regionale di Lvov del Partito Comunista d’Ucraina.
“Cari compagni,
io, Rostislav Stepanovich Vasilko, primo segretario del Comitato Regionale di Lvov del Partito Comunista d’Ucraina, sono stato pestato a sangue a Kiev dai banderlogi.
Perseguitano mia madre, minacciano di morte i miei figli. Minacciano di uccidere me e mia moglie. Aiutatemi a trovare asilo politico in un altro paese.
Il 22 febbraio i Maidanovcy mi hanno torturato nel Parco Marinsky, dalle 11 di mattina fino alle 23, mi hanno conficcato degli aghi sotto le unghie, mi hanno preso a pugni e bastonato, mi hanno colpito il polmone destro, mi hanno rotto tre costole, il setto nasale, le cisti del viso. Mi hanno rotto il cranio. Ha subito una commozione cerebrale di secondo grado. Sono ricoperto dai lividi. Domani mi inietteranno del midollo spinale. Ho enormi difficoltà! Mi hanno preso tutto, rubato i documenti, soldi, la catenina d’oro e la croce.
Rostislav Vasilko.”
Un gioco troppo pericoloso e troppo vicino per voltarci dall’altra parte.
26 febbraio 2014