Leggere post come quello sotto stringono il cuore e fanno aumentare la rabbia verso coloro che non afferrano il concetto di come si siano persi certi requisiti di vivibilità.
Requisiti di civiltà mai arrivati per volontà divina ma frutto di grandi lotte e sacrifici dei nostri genitori, nonni… che avevano compreso, però, la necessità organizzativa e di un partito di classe (in questo caso era il P.C.I. dei Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer, Natta) che facesse da cassa di risonanza critica e di analisi verso tutta la società.
Una voce di partito solare che aveva la necessità di farsi capire indirizzata agli umili e per gli oppressi, non una cozzaglia di yuppisti individualisti che spingono le persone, usando parole ipocriticamente accattivanti, con sole finalità personali o di poltrona.
Una democrazia non si può definire tale se non si manifesta nella prassi ed il caso sotto dimostra come le classi dominanti non sono organicamente a favore di un paese che si definisca tale.
MOWA
La storia di Laura, di sua madre che fa due lavori in nero, del suo amico Alì che prende poco più di un euro l’ora per lavare i piatti.
“Mia madre sono anni che lavora in nero” dice Laura. “Ha 62 anni e a quell’età non trova altro che lavori di cura e compagnia. Probabilmente anche perché è donna e perché è immigrata”.
Una discriminazione dentro l’altra. “Forse per questo motivo le persone credono che non debba avere gli stessi diritti di un’italiana, mia madre” racconta Laura “e le tocca fare due lavori , la mattina in un posto, e il pomeriggio in un altro, senza giorno libero e se glielo danno non le viene retribuito”.
“Mia madre lavora in nero . E non avrà mai una pensione”.
Laura ha 26 anni. “Ho sempre lavorato in nero , per dovere di aiutare e per amore di avere una piccola indipendenza economica. L’ultima volta mi hanno preso in giro per due mesi con promesse di un contratto. Ho lavorato per settimane senza giorni liberi, ho lavorato a Natale , a Capodanno , per l’Epifania. In quei giorni la confusione era doppia, anche gli incassi del padrone erano doppi , ma la giornata lavorativa era retribuita sempre una miseria. Mi davano 2,86 euro l’ora. 23 euro al giorno per 8 ore di lavoro”.
“Una mia collega una mattina si è tagliata con un vetro. Ha dovuto aspettare che arrivassi io e un’altra collega per andare all’ospedale e farsi mettere i punti. Ovviamente tutto a sue spese. Ha persino ricevuto una telefonata dal titolare che le diceva di rispondere “Non è successo a lavoro” qualora lo avessero chiesto”.
La situazione degli stranieri è ancora peggiore racconta Laura. Un suo amico della Costa d’Avorio ha finalmente trovato un lavoro in un ristorante. “Lavora tredici ore al giorno per diciassette euro”. Poco più di un euro l’ora.
“Abbiamo il dovere di raccontare tutte le nostre storie”.