Il ritrovato accordo tra i due principali partiti comunisti del Paese ha permesso al leader della fazione maoista, ex leader della guerriglia antimonarchica, di ottenere l’incarico di primo ministro.
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Pushpa Kamal Dahal, leader dei maoisti, e noto con il soprannome di “Prachanda”
Il Nepal è un piccolo Stato montagnoso situato lungo la catena dell’Himalaya, incastonato tra due giganti come Cina e India. Abitato da poco meno di trenta milioni di persone e dotato di una superficie inferiore alla metà di quella italiana, il Nepal ha avuto una lunga storia monarchica di quasi tre secoli, ma dal 2008 ha assunto la forma repubblicana, divenendo dal 2017 un repubblica federale. Dopo la fine della monarchia, la vita politica del Nepal ha visto l’emergere delle forze socialiste e comuniste, che hanno monopolizzato il governo insieme al più moderato Partito del Congresso Nepalese, considerato come socialdemocratico.
I partiti comunisti hanno a lungo tentato la riunificazione, ma alcune differenze di vedute e le rivalità tra i leader hanno portato ad una nuova frammentazione, tanto che oggi in Nepal esistono tre principali partiti comunisti distinti, oltre ad altre compagini minori: il Partito Comunista del Nepal (marxista-leninista unificato), il Partito Comunista del Nepal (centro maoista) e il Partito Comunista del Nepal (socialista unificato). Nonostante la frammentazione, i tre partiti continuano a ricoprire un ruolo molto importante nella politica nepalese, al punto che, alle elezioni dello scorso 20 novembre, hanno ottenuto nel complesso circa il 45% dei voti.
Detto questo, alle elezioni i partiti comunisti si sono presentati separati e in coalizioni diverse, soprattutto a causa dei dissidi tra Khadga Prasad “KP” Sharma Oli, leader della fazione marxista-leninista, e (“il terribile”) dai tempi della guerriglia antimonarchica, di cui era uno dei capi. I due avevano formato il precedente governo insieme, optando per l’alternanza nel ruolo di primo ministro, ma successivamente Oli aveva mantenuto la carica più a lungo del previsto, suscitando le ire di “Prachanda” e portando alla fine del connubio. Per questo, Oli e Dahal hanno schierato i propri partiti in coalizioni opposte in occasione delle elezioni del 20 novembre: i maoisti, infatti, hanno formato una coalizione di sei partiti, che includeva il Partito del Congresso Nepalese e il Partito Comunista del Nepal (socialista unificato), mentre Oli ha ottenuto l’appoggio di soli altri due partiti.
Il responso elettorale ha visto il Partito Comunista del Nepal (marxista-leninista unificato) mantenere la posizione di prima forza politica del Paese, ma con un netto calo di consensi e l’elezione di 78 deputati sui 275 scranni che compongono l’emiciclo di Katmandu. La formazione di Oli perde dunque ben 43 seggi e, per via della legge elettorale federale, viene scavalcato per il numero di deputati dal Partito del Congresso Nepalese, che, pur ottenendo meno voti, ne elegge ben 89. Il Partito Comunista del Nepal (centro maoista) di Dahal, invece, che ha presentato una lista unificata con il Partito Socialista del Nepal, si classifica terzo, eleggendo 32 deputati.
Nel complesso, i sei partiti della coalizione guidata da Dahal e da Sher Bahadur Deuba, leader del Partito del Congresso Nepalese e primo ministro uscente, hanno ottenuto 126 seggi contro i 90 della coalizione guidata da Oli, ottenendo la possibilità di governare grazie al sostegno di deputati indipendenti e di partiti politici minori. Ma a cambiare le carte in tavola è stata l’improvvisa rottura tra i due principali leader della coalizione, e l’incredibile riavvicinamento tra Dahal e Oli. Deuba ha infatti rifiutato di sostenere la candidatura di Dahal alla guida del governo, volendo mantenere l’incarico di primo ministro per sé, e questo ha rappresentato la buona occasione per la ritrovata alleanza tra i due principali partiti comunisti.
Dahal ha ufficialmente ottenuto l’incarico di primo ministro il 25 dicembre con l’appoggio di 169 deputati su 275, tornando alla guida del governo dopo aver occupato questo posto per due brevi mandati tra il 2008 ed il 2009 e poi di nuovo tra il 2016 ed il 2017, restando al potere in entrambe le occasioni per meno di un anno. Secondo l’accordo, Dahal dovrebbe questa volta restare alla guida dell’esecutivo per due anni e mezzo, prima di cedere il testimone ad Oli. Dopo il voto del parlamento, la presidente della Repubblica, Bidhya Devi Bhandari, ha ufficialmente conferito l’incarico per la formazione del governo al leader maoista (in foto).
Gli osservatori più critici temono però che l’alleanza tra i due partiti comunisti possa avere vita breve, come accaduto nella precedente legislatura. Anche nel 2017, infatti, i due leader avevano stipulato un accordo simile, ma in quell’occasione Oli non rispettò i termini dell’accordo. Dahal potrebbe dunque essere tentato dal restituire il “favore”, ma Oli dispone del maggior numero di deputati, e potrebbe far cadere il governo in qualsiasi momento. Il buonsenso suggerisce che Dahal e Oli dovrebbero questa volta mettere da parte le loro mire personali al fine di affrontare i problemi del Paese, che al momento vive una situazione economica difficile con un alto tasso di inflazione, e accelerare la costruzione del socialismo in Nepal, come previsto dalla stessa Costituzione della repubblica himalayana.