O è infame l’accusa o è infame il magistrato.Tutta la rivedere Eulex, compiti, ruoli, gararchia e prebende
Un procuratore britannico della missione Eulex accusa tre colleghi, tra cui un italiano, di essersi ‘venduti’, chiudendo casi di omicidio per denaro. Il capo della missione promette ‘un’inchiesta approfondita’ e intanto sospende l’autrice della denuncia mentre gli accusati restano al lavoro
di Ennio Remondino
Lo scopo della missione europea, lanciata nel 2008, era quello di aiutare le autorità kosovare a lottare contro la corruzione e instaurare nel Paese lo stato di diritto. Ora è proprio Eulex Kosovo a trovarsi al centro di pesanti accuse di corruzione. Prima si sussurrava di ‘lottizzazione’ tra Stati e competizione per ruoli di comando. Ora direttamente di soldi, oltre ai molti che già percepiscono regolarmente. A fare scoppiare il caso il procuratore britannico Maria Bamieh, ora sospesa dal suo incarico. La cosa singolare, legate forse a ben strane procedure, è che gli accusati restano al lavoro.
Le accuse sono gravi: Bamieh ha raccontato al quotidiano locale Koha Ditore di avere raccolto elementi secondo cui i responsabili di Eulex si sarebbero fatti comprare per chiudere almeno tre inchieste penali riguardanti casi di omicidio e corruzione. La denuncia riguarda in particolare il procuratore capo della missione, la ceca Jaroslava Novotna, il giudice italiano, Francesco Florit e il procuratore canadese, Jonathan Ratel. Bamieh sostiene di avere informazioni secondo cui l’Unione europea “spreca soldi dei contribuenti e non fa nulla per il popolo kosovaro”. L’acqua calda brucia.
Secondo l’agguerrita Maria Bamieh, ad esempio, il magistrato di Udine Francesco Florit avrebbe intascato una tangente di 300mila euro per annullare un’accusa di omicidio. Ovviamente tutto da dimostrare. Come la ‘conversione’ di Florit che dopo aver imparato l’albanese avrebbe osservato il digiuno del ramadan. Quasi banale l’accusa al capo della procura speciale di Eulex, Jonathan Ratel, di un trattamento di favore al parlamentare kosovaro Azem Syla. Caso ancora più drammatico, il favore al gruppo di Drenica’ dell’UCK per crimini contro civili i serbi ed albanesi nel 1998-1999.
Per capire: sino ad oggi la massima sanzione per crimini di guerra inflitta da un giudice kosovaro è stata la sospensione dal lavoro per tre anni al leader del gruppo, Sami Ljustaku, che frequentava amicali funzionari Eulex. Altri membri del gruppo potevano lasciare le celle per notti brave nei ristoranti di Pristina. Gli stessi frequentavano abitualmente alcuni alti rappresentati del governo kosovaro, tra i quali il ministro della Giustizia Hajredin Kuci, il ministro degli Esteri, Enver Hodzaj, e il procuratore di Pristina, Ismet Kabasijer. Un bel giro di galantuomini al disotto di ogni sospetto.
Storiaccia con memoria di cose d’altri tempi, scandali schivati e inchieste delicatissime ‘aggiustate’ quando a ‘proteggere’ il Kosovo nei liberato era ancora Unmick e la giustizia del dopo guerre era governata dagli americani. Da un americano. Ma c’erano anche alcuni bravi magistrati italiani e sbirri che forse hanno memoria, o altro. Ma non divennero mai Eulex. Per caso? Il presidente della commissione esteri, il tedesco Elmar Brok e il direttore per i Balcani, Fernando Gentilini, scoprono che ‘lo scandalo mette in gioco la credibilità della missione Eulex e dell’Ue in Kosovo’. Applausi.
Brucia ancora sull’Italia la storia dei tre jihadisti kosovari in giro per il mondo con un nostro visto. Uno si è fatto saltare in aria in Iraq, ma gli altri due sono a spasso. Lo scandalo all’ambasciata di Pristina in Kosovo, dove sono stati forniti centinaia di visti turistici ‘facilitati’. Coinvolti alcuni dipendenti locali e lo stesso ex ambasciatore, Louis Michael Giffoni, rimpatriato e congedato dal Ministero degli Esteri in fretta e furia. I visti erano venduti a 3.500 euro con l’aiuto di Uke Rugova, parlamentare e figlio del defunto presidente e padre dell’indipendenza del Kosovo, Ibrahim Rugova.
10 novembre 2014