Danilo Tosarelli – Milano
Non se ne può proprio più. La situazione è sempre più preoccupante.
Insisto nell’ascoltare tutti. Mi sforzo di comprendere. Ne ho sempre bisogno.
Dopodichè ho occhi attenti e la realtà che vivo quotidianamente mi impone delle risposte.
E’ arrivata la terza ondata di Covid 19.
Quella preannunciata, quella tanto temuta.
Il sindaco Sala ha invitato i milanesi a tenere nel week end di fine febbraio, un comportamento corretto.
La risposta è più che mai emblematica.
Tanta, troppa gente nelle vie del centro. Mai vista la zona Navigli così brulicante di persone.
Addirittura un rave party, che ha costretto i carabinieri ad intervenire per sedare una rissa.
Non bastasse, in pieno centro è stato tollerato un raduno di negazionisti.
Nessuno indossava la mascherina ed ognuno era vicino all’altro, da buoni fratelli.
Ho citato Milano, ma gli assembramenti si sono visti in molte città italiane.
Nella testa di molte persone, si fa strada un ragionamento.
“Non ne possiamo più delle restrizioni. Dove la legge me lo permette, sfrutto ogni opportunità…”
La questione diventa spinosa e se ne parla dall’inizio di questa maledetta pandemia.
Ritengo, che la vera brutta bestia che continua a far danni incalcolabili, si chiama assembramento.
Peccato, che questa brutta bestia sia difficile da afferrare, perchè ti scivola dalle mani.
Si creano assembramenti agli ingressi ed alle uscite degli studenti dalle scuole.
Sui mercati, sui mezzi pubblici, nei grandi magazzini e ovunque vi siano possibili forme aggregative.
Tutto umanamente comprensibile, ma tutto terribilmente controindicato.
Tu puoi avere le migliori intenzioni, ma quando si è in tanti si abbassa il livello di attenzione.
Facile che si cali la mascherina e la distanza di sicurezza vada a farsi benedire.
Il virus trova così terreno fertile e si propaga con maggior facilità.
Mi rendo conto, che scaglionare le passeggiate in centro possa far scappare la voglia.
Mi rendo conto, che delimitare gli ingressi ai mercati possa scoraggiare gli acquisti.
E potrei continuare nell’elenco di ciò che è meglio non fare.
So che è una medicina amara, ma probabilmente rimane l’unica soluzione efficace.
La terza ondata sta facendo retrocedere tutte le regioni italiane, tranne la Sardegna.
Chi come la Lombardia era gialla, torna arancione e chi era arancione torna rossa.
Le buone regole esistono e le conosciamo ormai tutti, ma vanno rispettate.
Una regola può essere eccellente, ma se non si ha la forza di farla rispettare, diventa inutile.
E qui, entra in campo chi deve far rispettare le regole.
Sto parlando delle forze dell’ordine e di chi ne decide le direttive.
Forse non erano prevedibili gli assembramenti nelle vie del centro di molte città?
Avvengono più frequentemente nei fine settimana. E’ così da sempre.
Perchè aspettare il patatrac? Quali effetti nefasti di ritorno provocheranno?
Nell’ultimo derby milanese, migliaia di tifosi si sono radunati davanti allo stadio di San Siro.
Volevano semplicemente festeggiare l’arrivo dei loro beniamini. Che male c’è?
Peccato che le mascherine e la distanza di sicurezza fossero un optional.
E il mio pensiero va al 19 febbraio 2020, quando a San Siro si giocò Atalanta Valencia.
Allora non era ancora esplosa l’emergenza sanitaria.
Migliaia di tifosi bergamaschi si riversarono a Milano, ignari dei rischi.
Fu una vera bomba per la diffusione del coronavirus.
Questa terribile pandemia in Italia ha già compiuto un anno. Non ci ha insegnato nulla?
Perchè non fare tesoro delle esperienze già vissute?
Mi chiedo perchè, nonostante i tanti drammi, si continuino a tollerare certe manifestazioni.
Se un piccolo assembramento è pericoloso, centinaia o migliaia di persone sono tollerabili?
Mi rendo conto che diventa un problema di ordine pubblico, ma vi sono alternative?
Voglio sdrammatizzare. Perchè non usare gli idranti per disperdere la folla?
Sono consapevole della delicatezza della questione, ma non si può tergiversare.
Lavoro in Polizia Locale e quindi tocco con mano la complessità del problema.
Ritengo che in questi mesi e tuttora, siano stati insufficienti i controlli messi in campo.
La gravità della situazione imporrebbe una maggior presenza.
Tutto ciò assolverebbe innanzitutto ad un ruolo di deterrenza, prima ancora che repressivo.
Il cittadino deve temere possibili controlli e possibili sanzioni.
I cittadini poco inclini al rispetto delle regole, devono sapere che rischiano per davvero.
Oggi i margini di non punibilità sono assai ampi e tutto ciò non favorisce comportamenti consoni.
Le immagini che trasmettono i tg, che mostrano personale in divisa effettuare controlli, sono solo spot.
Amaro dover ammettere che un conto è la pubblicità, altro la realtà dei fatti.
Il controllo del territorio è insufficiente o comunque poco efficace.
Doveroso farsi delle domande.
Questo significa richiedere uno stato di polizia? Ma finiamola una volta per tutte.
Sono stufo di confondere Roma per toma.
E non replicherò a chi si ostina a portare la benda sugli occhi.
La salute pubblica rimane una priorità assoluta.
Non ha giustificazioni chi antepone il proprio egoismo all’interesse collettivo.
Prima va rispettato sacralmente il diritto universale alla salute e poi arriva il tuo interesse personale.
Condividiamo onestamente questo principio e sarà più facile scegliere gli strumenti che servono.
Detto ciò, ho ben chiaro che la strada per sconfiggere questo virus sia ancora lunga.
Difficile poter coniugare tutela della salute e necessità di dover lavorare per vivere, a prescindere.
In alcuni momenti, come questo, una contrapposizione lacerante e dolorosa.
Ognuno ha la sua ricetta ed ognuno cerca di portare acqua al suo mulino. Spesso unilateralmente.
Chi deve decidere invece, deve ragionare a 360 gradi. Non sempre è facile.
Io credo, molto semplicemente, che vadano verificati e dove necessario, incrementati i ristori.
Non è accettabile, che si lascino morire e restino senza aiuto importanti attività di varia natura.
Il governo deve intervenire tempestivamente e compensare le categorie più colpite.
E’ una priorità assoluta e va messo in campo ogni sforzo economico possibile.
Posso adesso parlare di vaccino contro il coronavirus?
Non ce la faremo ad uscire da questo tunnel buio, senza l’aiuto del vaccino.
Il vero salto di qualità sarà proprio il vaccino, ma bisogna accelerare i tempi.
Forte dovrà essere l’impegno, a vaccinare gli italiani nel più breve tempo possibile.
Giudico colpevoli i ritardi nella consegna delle dosi, da parte delle multinazionali del farmaco.
Poco convincenti le scuse addotte, molto chiaro l’obiettivo, che rimane il solito.
Le multinazionali privilegiano il loro profitto. La salute delle persone viene dopo, molto dopo.
A conferma di tutto ciò, sono drammatiche le notizie che ci forniscono OMS ed UNICEF.
Esiste uno squilibrio inaccettabile, tra paesi ricchi e paesi poveri, nell’accesso ai vaccini anti covid.
Tre quarti delle dosi del vaccino, finora somministrate, sono finite ai 10 Paesi più ricchi del mondo.
Sono invece 130 i Paesi, che rappresentano 2,5 miliardi di persone, che ancora sono a quota zero.
Il professor Stefano Vella, infettivologo dell’Università Cattolica di Roma, ha le idee chiare.
“Non basta vaccinare la parte ricca del mondo.
La sfida contro il covid 19 la si vince vaccinando tutto il mondo.
Ecco perchè, la necessità di avere a disposizione sempre più vaccini si fa pressante.”
Il professor Vella cita a tal proposito anche il vaccino Soberana, prodotto interamente a Cuba.
Un vaccino di cui si parla poco, ma che sembra di gran qualità.
A questo progetto, sta lavorando anche Fabrizio Chiodo, un ricercatore italiano che ne è entusiasta.
Sarà pronto a fine marzo e partirà da subito la somministrazione agli 11 milioni di cubani.
Giova precisare che Cuba produce l’unico vaccino anti covid pubblico.
E’ l’unica nazione al mondo che produca tutto ciò in completa autonomia.
Finanziato, sviluppato e prodotto interamente dallo Stato cubano.
Entro 6 mesi, Cuba insieme all’OMS distribuirà gratuitamente ai Paesi poveri 100 milioni di dosi.
Un esempio concreto di solidarietà internazionale, che guarda all’uomo e non al profitto.
Tutto ciò, nonostante un embargo che dura da oltre 60 anni.
Davvero un altro pianeta ed un altro modo di intendere la vita.
A tal proposito, mi hanno colpito le dichiarazioni di Gino Strada, fondatore di Emergency.
“Bizzarro che proprio un “paese comunista”, con tutti i limiti e le contraddizioni da superare, sia lo Stato più evoluto del mondo”.
Adesso, resto in attesa del nuovo DPCM di Draghi.
Sarà in vigore dal 6 marzo sino al 6 aprile.
Visto che la curva epidemiologica non scende, ci attende ancora un periodo di sacrifici.
Un’altra prova difficile e dolorosa per verificare la tenuta e la consapevolezza degli italiani.
Foto di Gábor Molnár