I fatti risalgono al 7 gennaio scorso quando i due reporter dell’Espresso stavano documentando al cimitero del Verano la celebrazione dei morti di Acca Larentia da parte dei neonazisti.
Una volta tanto due fascisti pagano un prezzo per le loro scorribande, quasi sempre rimaste impunite: sono finiti agli arresti domiciliari Giuliano Castellino, leader romano di Forza Nuova, e Vincenzo Nardulli, esponente di spicco di Avanguardia Nazionale.
La Digos di Roma si è occupata delle indagini e la polizia ha eseguito l’arresto.
Sono ritenuti tra i responsabili dell’aggressione a un cronista e a un fotografo dell’Espresso avvenuta al cimitero del Verano lo scorso 7 gennaio mentre documentavano la celebrazione del gruppo di neofascisti per l’anniversario dei morti di Acca Larentia.
“Ti sparo in testa”, “A me delle guardie non me ne frega un cazzo, io te sparo in testa” queste le frasi rivolte al giornalista Federico Marconi in un frammento di video in cui si vede la parte finale dell’aggressione con le minacce.
Poco prima il cronista dell’Espresso era stato colpito con calci e schiaffi.
Nel video si vede Marconi accerchiato da persone che gli intimano prima di cancellare le foto dal suo cellulare e poi pretendono di controllare: “Damme sto telefono. Devo vedere io se le hai cancellate”.
E poi la minaccia esplicita.
Il gip descrive i fascisti: violenzi e spregiudicati
“Indole violenta, spregiudicatezza particolare, spiccata capacità delinquenziale dimostrata, del tutto incuranti delle conseguenze che ne potevano derivare”. Così il gip Mara Mattioli descrive nell’ordinanza di custodia cautelare Vincenzo Nardulli, esponente di avanguardia nazionale, e il leader romano di Forza Nuova, Giuliano Castellino, arrestati e finiti ai domiciliari per l’aggressione ai due giornalisti dell’Espresso avvenuta nel cimitero del Verano a Roma il 7 gennaio scorso.
“Dalle indagini è risultato che i due arrestati hanno operato in maniera spregiudicata, minacciando di morte e aggredendo violentemente chi osava intromettersi nelle loro iniziative nonostante si trattasse di una manifestazione pubblica che si svolgeva in luogo pubblico solo perché non gradivano che le persone offese documentassero l’evento”.
“La persistenza nel proposito criminoso dimostrato dagli indagati, l’uso di particolare violenza e le minacce di morte profferite ai danni delle persone offese, il grave stato di soggezione e timore provocato in tal modo sulle vittime, appaiono sintomatici di personalità prepotenti, aggressive, incapaci di controllare gli impulsi e sopratutto privi di qualsivoglia remora così da ritenere sussistente un concreto e attuale pericolo di recidivanza di reati della stessa specie”.
28 marzo 2019