di MOWA
“Tornando poi a Lei, on. Andreotti, per nostra disgrazia e per disgrazia del paese a capo del governo, non è mia intenzione rievocare la sua grigia carriera. Si può essere grigi, ma onesti; grigi, ma buoni; grigi, ma pieni di fervore. Ebbene, on. Andreotti, è questo che a Lei manca.”
(Aldo Moro a Giulio Andreotti, dal “Memoriale Moro” maggio 1978)
Ci sono particolari condizioni “ambientali” che fanno crescere e sviluppare alcuni elementi sino a diventare, in alcuni casi, insidiosamente infestanti tanto da dover intervenire per “dosarne” il danno e, contrariamente a quanto sostenuto da Darwin sulla selezione naturale del più forte, bisogna porvi rimedio. Un “rimedio” che giustifica la necessità di far sopravvivere altre opportunità che danno prosperità e continuità alla specie.
Un inizio che sembra parlare di botanica quando, invece, ci si sta rivolgendo a formazioni politiche che hanno avuto un ruolo similare a quello delle piante infestanti e che, nonostante la loro apparente beltà, soffocano e uccidono tutto quello che le circonda se non si interviene per contenerne la pericolosità. Esempi in questa direzione sono tantissimi e vanno da quelli più lontani degli inizi del secolo scorso come il fascismo a quelli più recenti della Lega che ha saputo carpire l’anima del disagio popolare e condurla verso grette e insulse campagne diffamatorie verso altre etnie con pubblicità ingannevoli come quella della campagna elettorale del 1993 per ottenere posizioni dominanti. Metodiche propagandistiche per il potere che gli stessi nazisti (esecutori materiali di un ben più potente referente capitalistico) usarono per persuadere le persone contro altre categorie (con risultati sorprendentemente e incestuosamente consensuali degli abitanti sia del luogo che altrove)… da far rabbrividire. Uno smodato consenso negativo che ha cessato, finalmente, di continuare a danneggiare la prosperità degli esseri umani grazie alla cesoia della ragione su quel sordido archetipo italico.
Si sprecano, da parte di taluni politici con parole roboanti, opportunità di cambiamenti realmente consistenti alla società ma che non conducono da nessuna parte perché pregne di inganno e falsità e che hanno disabituato alla metodica della teoria/prassi che aveva dato lustro a indimenticabili stagioni di conflitti sociali che portarono a collettivi benefici che vanno dalla tutela della salute pubblica, alla scolarità di massa ecc., di cui, in parte oggi, beneficiamo e che venivano chiamate “riforme di struttura”.
Stessa sorte negativa, che potremmo definire la figlia di detta metodica infestante, sta avvenendo in senso stretto sul versante di quel quadro politico in essere che li vede cambiare “ideale” come se fosse una casacca da dismettere perché sgualcita. Un sistema orwelliano che disabitua le persone a parlare di progettualità come, invece, fecero i partigiani che non avevano un piano preciso di come sarebbe stata la società per cui stavano lottando ma ne conoscevano il “sogno” di libertà di destinazione.
Partigiani che non smisero, per un secondo, di condurre le loro energie verso quella democrazia e si adoperarono di usare quelle metaforicamente “forbici” per tagliare quella finta società patinata fascista e dimostrare che quell’infestazione ideologica del ventennio era foriera di ingiustizie, soprusi, omicidi e violenza di ogni genere che avrebbe condotto alla barbarie totale se non fossero intervenuti a liberare. E per arrivare a quella funzione “diserbatrice” furono quei democratici “giardinieri” che si organizzarono in partiti (P.C.I., D.C…) che ebbero il ruolo di istruire, far conoscere, prendere coscienza di classe alla popolazione di dove e come funzionava la macchina orwelliana del plagio. Di come la violenza del sistema dittatoriale era debole senza l’approvazione della popolazione ma, soprattutto, come era facile colpirla quando si toglievano i pilastri delle adesioni al regime. Oggi, le nuove generazioni, grazie a quei partigiani, non sono nella stessa condizione di allora e vivono in tutt’altro genere di situazione ma non devono, comunque, demordere dalla ricostruzione storica degli eventi passati per non ripetere quegli errori e, anzi, riprogettarsi il futuro che difetta a prospettarsi con queste formazioni parlamentari o meno; e, se vogliono un sostanziale cambiamento, riprendersi in mano, in prima persona, quel progetto di “sogno” (riforme di struttura) partendo dall’assunto che nessuna delega sarà in grado di darlo se non ci sarà controllo dal basso degli eventi ed ha un nome piacevolmente antico: democrazia!
D’altronde come si potrebbe dar ancora credito ad attori che parlano in questo modo “Quante storie. La P2 non fu nient’altro che un club di gentiluomini” (ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi – tessera 1816 della Loggia) [1] dopo quanto è emerso dalle indagini sulle stragi (Bologna in questo caso) che vede come mandante il partito-chiesa della borghesia: la massoneria?
[1]
Italia Occulta dal delitto Moro alla strage di Bologna, il triennio maledetto, che sconvolse la Repubblica (1978-1980) di Giuliano Turone pag. VIII ed. Chiarelettere
Foto di Daniel Tuttle