Informativa Dia depositata al processo contro ex ministro Scajola
di AMDuemila
Dietro le latitanze di Marcello Dell’Utri ed Amedeo Matacena, entrambi condannati in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa, vi sarebbe una sorta di “Stato parallelo”, una “superassociazione” dove la ‘ndrangheta si colloca “al pari di altri componenti di un sistema politico-economico pantagruelico e deviato”.
E’ questa la ricostruzione contenuta in un’informativa della Dia di Reggio Calabria finita agli atti del processo Breakfast che vede imputato l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, accusato proprio di avere agevolato la latitanza di Matacena. Titolare dell’inchiesta è il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo che ha cercato di svelare il volto di quella “rete di relazioni e di interessi che caratterizza il mondo imprenditoriale, economico nazionale e internazionale”.
Nel documento della Dia si parla delle latitanze e dell’ombrello protettivo che sarebbe stato offerto agli stessi Dell’Utri e Matacena e nel quale Scajola viene indicato come “funzionale al trasferimento di Matacena da Dubai verso il Libano”. Un trasferimento dell’ex parlamentare di Forza Italia, definito il “catalizzatore degli interessi” di questa superassociazione, successivamente saltato dopo l’arresto di Dell’Utri a Beirut. Così Matacena è rimasto negli Emirati Arabi.
Il ruolo di Speziali
Al “centro di una rete di collegamenti e di interessi fortemente orientati a garantire l’impunità a soggetti funzionali ad un vasto sistema economico-criminale, con dirette finalità di agevolazione e conservazione del relativo assetto illecito”, viene posto Vincenzo Speziali, sposato con la nipote del leader delle falangi libanesi Amin Gemayel che nei mesi scorsi ha patteggiato un anno da latitante per aver tentato di aiutare Matacena a spostarsi da Dubai a Beirut.
Speziali viene indicato come “l’intermediario tra l’ex ministro (dell’Interno, ndr) e l’ex presidente del Libano che aveva offerto le necessarie garanzie in ordine al rigetto della richiesta di estradizione del Matacena da quel territorio”.
Secondo gli inquirenti è sempre lui il trait d’union tra le vicende di Dell’Utri e Matacena. Un accostamento che, secondo la Dia, trova conferme nelle 400 telefonate con Dell’Utri in 18 mesi – “sintomatico di una buona conoscenza e di rapporti anche nel lasso temporale immediatamente precedente lo spostamento del politico in Libano” – e dal ritrovamento, da parte della Dia di Palermo, di un appunto in possesso del politico siciliano con la scritta “Amin G.” con a fianco l’utenza libanese di Gemayel. Quest’ultimo, scrive la Dia, “assoluto protagonista delle cene romane, nell’ambito di una delicata trattativa avrebbe preteso, in cambio del massimo appoggio e delle garanzie offerte all’ex parlamentare Matacena, il sostegno nella campagna elettorale del Partito Popolare Europeo attraverso l’intervento dell’ex ministro dell’interno Scajola”. Trattativa, è l’ipotesi su cui lavorano gli investigatori, che avrebbe riguardato anche la latitanza di Dell’Utri.
Come possibile riscontro il dato che a metà ottobre 2013 Gemayel e Dell’Utri hanno alloggiato presso lo stesso albergo Eden di Roma, che si aggiunge all’intercettazione registrata all’interno del ristorante “Assunta Madre” dove Alberto Dell’Utri riferendosi al fratello dice: “Marcello dieci giorni fa ha cenato con un politico importante del Libano che è stato presidente. È stato a cena con lui e il 14 prossimo dovrebbe andare a Beirut”.
Intorno alla vicenda ruotano imprenditori, banchieri, politici, interessati a intessere relazioni commerciali tra l’Italia ed il Libano. Un “ruolo attivo” nell’allontanamento di Dell’Utri lo avrebbe avuto Robert Sursock, cugino della moglie di Speziali e presidente di GazProm Bank. Dopo l’arresto del politico siciliano, nella sua agenda “sono state rinvenute diverse annotazioni relative ad appuntamenti a Beirut nei giorni immediatamente precedenti la cattura” e “diversi di questi incontri fanno specifico riferimento a Sursock, di cui il politico aveva annotato le utenze e sono funzionali all’apertura di rapporti bancari, all’individuazione di un immobile dove soggiornare, ad incontri con un avvocato ed altri soggetti locali, a cene e colazioni sia presso luoghi di ristorazione sia presso la dimora privata di Sursock”.
Nell’informativa compare anche il nome dell’immobiliarista Stefano Ricucci, che attraverso Sursock voleva ottenere una linea di credito con quelle libanesi.
A riferirlo agli investigatori è stato Sergio Billé. Nell’informativa ci sono anche i verbali di interrogatorio del collaboratore di giustizia Cosimo Virgiglio, massone, arrestato per associazione mafiosa e uomo di fiducia del boss Rocco Molé di Gioia Tauro reggente la cosca fino al 2008 quando fu ucciso.
“Si dà atto – scrive la Dia – che Virgiglio riferisce dei rapporti fra la loggia Garibaldini d’Italia, la loggia coperta di Ugolini Giacomo Maria denominata Grande Oriente di San Marino e i Molè-Piromalli”.
Nell’interrogatorio davanti a Lombardo, Virgiglio parla di logge segrete e afferma anche, tra l’altro, che “la ‘ndrangheta tramite Scajola voleva arrivare a Impregilo” per averlo appreso da un imprenditore della piana di Gioia Tauro, legato alla massoneria, che ha fatto da “autista” a Scajola in alcuni soggiorni calabresi.
Sempre nell’informativa si fa riferimento anche alla deposizione di Franco Pazienza, l’ex agente del Sismi condannato a 10 anni di carcere per il depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna e altri 3 anni per il crac dell’Ambrosiano. Interrogato dalla Dia il 22 novembre scorso, questi avrebbe parlato del suo rapporto con il segretario della nuova Dc Giuseppe Pizza, l’organizzatore delle cene romane alle quali partecipavano Dell’Utri, Speziali e Gemayel. Pazienza ha riferito agli inquirenti che Pizza “era stato responsabile giovanile della Democrazia Cristiana quindi a un certo punto era nel direttivo. Mi ricordo che lui si scontrò con Fanfani. Era il 1980 o il 1981 quando mi invitò in Calabria. Vidi che lui era amico dei De Stefano (la cosca di Archi, ndr) e soprattutto di Domenico detto Mimmo Araniti di Sambatello (fratello del boss ergastolano Santo Araniti, ndr). Fecero una grande cena in onore di Pino Pizza. Mi presentò anche don Stilo (prete di Africo finito al centro di alcune indagini antimafia ma sempre assolto, ndr)”.
Collaboratori di giustizia hanno parlato di lui come uno degli uomini più potenti della Calabria ed hanno riferito anche di incontri ad Africo persino con Totò Riina e Bernardo Provenzano. Nomi che tornano, così come vecchie vicende come la partecipazione a New York al funerale di Tommaso Gambino, il padre del boss Joe. Pazienza si sarebbe recato lì assieme al segretario della Dc Pizza. “Mi disse devo andare a questo funerale – ha detto agli inquirenti Pazienza – Allora io comprai un cappello grosso così, gli occhiali neri perché io sapevo che saremmo stati fotografati tutti, dall’Fbi”.
26 Maggio 2018