di: Andrea Cinquegrani
Adesso Roberto Fiore, lo storico capo di Forza nuova e protagonista negli ultimi scontri a Milano, è indagato dalla procura di Roma per riciclaggio e da quella di Londra per truffa.
Sorge spontanea la domanda. Come mai solo adesso?
Perché mai è dovuto trascorrere oltre un quarto di secolo per scoprire l’acqua calda?
Sì, perché Fiore ha passato nove anni di latitanza dorata in Inghilterra, coccolato dai servizi segreti di sua Maestà britannica, libero di volare in Libano, e altrettanto libero di fare affari con la pala, e quindi riciclare soldi che derivavano dalle case di ‘Terza Posizione’.
COSE NOTE E STRANOTE
Lo ribadiamo: queste cose erano note e stranote già a metà anni ’90, tanto che la Voce scrisse un’inchiesta a novembre 1998, ovviamente querelata da Fiore, un autentico giglio candido.
Erano stranote in Inghilterra, dove la rivista investigativa ‘Searchlight’ aveva passato ai raggi x “l’impero inglese di Fiore”, dettagliandone in modo minuzioso protagonisti, affari & connection.
Come mai, val la pena di ripeterlo ancora, magistrati inglesi ed italiani sono stati con le mani in mano, senza rendersi minimamente conto di quello che succedeva sotto i loro occhi?
Incapacità, inerzia o cosa?
Eppure, è bene ribadire anche questo, le informazioni c’erano, le notizie rimbalzavano tra Italia ed Inghilterra, tanto che la Voce scrisse svariate inchieste, a partire dal 1998, e anche la stampa britannica si rimboccò le maniche, sia con i reportage di ‘Searchlight’ che addirittura con l’autorevole e istituzionale ‘The Guardian’ che, per fare un solo esempio, più volte documentò i viaggi di Fiore in Libano.
Quelle stesse antiche storie (ripetiamo, anni ’90) sono state riesumate quattro anni fa dall’Espresso, e ora vengono aggiornate da ‘Il Domani’ in alcune fresche inchieste. In queste ultime torna a far capolino il giallo della cassa di Terza Posizione, di cui tra i primi a parlare (come scrisse la Voce) fu il terrorista nero Giusva Fioravanti.
LA ‘CASSA’ DI TERZA POSIZIONE
Tra i punti contestati da Fiore alla Voce, in pole position c’erano proprio quei soldi della “cassa”, quel “tesoro” che rappresentò il propellente per la fuga e per le acrobatiche imprese finanziarie londinesi. Fiore negò tutto: “io di quei soldi non so niente, mai avuto nulla a che vedere”.
Ed invece, all’udienza del 6 giugno 2018 per la strage alla stazione di Bologna, la circostanza viene rammentata anche dalla leader dei Nar Francesca Mambro. Scrive adesso ‘il Domani’:
“La corte di Bologna ascolta come testimone Francesca Mambro. Avvocati e magistrati le chiedono di Fiore. Nelle parole della donna affiorano attriti contro il vecchio capo di Terza Posizione. C’è, però, anche altro, Mambro lo dice chiaro: ‘Nel momento in cui c’è stata la loro decisione di andarsene (da parte di Fiore, ndr), chiesero i soldi a Giorgio Vale e Giorgio gli diede i soldi che aveva, che erano appunto la cassa di Terza Posizione. Erano abbastanza rispetto a un gruppo, un movimento che comunque si autofinanziava. Avevano bisogno di quei soldi soprattutto in un momento in cui tra l’altro c’erano tanti ragazzi che stavano andando latitanti perché raggiunti dai mandati di catture”.
Proprio come Fiore, il latitante d’oro che sbarca trionfalmente a Londra. Come del resto farà rientro, passati quegli anni, in pompa magna all’aeroporto di Fiumicino, accolto da alcuni esponenti di spicco di Alleanza Nazionale (tanto per far capire i legami tra Forza Nuova e la galassia nera con l’allora partito di Gianfranco Fini e di Alessandra Mussolini).
I MISTERI LIBANESI
Passiamo agli spostamenti in Libano.
A quanto pare, anzi, Beirut fu la prima tappa della latitanza griffata Fiore & C., prima ancora, cioè, di dirigersi in Inghilterra. Ecco cosa scriveva la Voce 23 anni fa, nel 1998:
“Fiore soggiorna in Libano sotto la protezione dei falangisti cristiano-maroniti di Amin Gemayel, all’epoca referente delle potenze occidentali nel ginepraio mediorientale, nonostante la diretta responsabilità nel massacro all’interno del campo profughi di Sabra e Chatila”. E poi: “Secondo il quotidiano inglese ‘The Guardian’, Fiore e l’ex Nar Massimo Morsello, un altro dei padri di Forza Nuova, prendono contatto in Libano con i servizi segreti inglesi. Siamo nel pieno dell’epoca tatcheriana: i due neofascisti forniscono informazioni e spiate circa i gruppi armati – anche irlandesi – che usano il Medio Oriente come base di addestramento per le loro azioni in Europa. In cambio, la lady di ferro chiude entrambi gli occhi sulle richieste di estradizione invano avanzate dall’Italia”. E, of course, sugli svariati business, immobiliari e non solo, messi in piedi dalla Fiore band.
UNA ‘VOCE’ 21 ANNI FA
La Voce, per quell’inchiesta, venne condannata in primo grado.
Per quale motivo? Presto detto. La Voce ha raccontato in pieno la verità dei fatti, dal giallo della cassa di Terza Posizione fino agli affari londinesi (in tutto erano otto i punti contestati).
Ma su una circostanza ci venne dato torto marcio. Sapete quale? Il soggiorno libanese. Per il semplice motivo che sul punto Fiore fu interrogato dal giudice partenopeo (perché a Napoli si è svolto il processo intentato da Fiore alla Voce per diffamazione) e alla precisa domanda, “lei è mai stato all’epoca in Libano?”, serafico e lapidario il capo di Forza Nuova rispose ‘No’. E qui scattò la nostra condanna.
Desumemmo quindi che la ‘parola’ del condannato a 7 anni per banda armata era più autorevole di quella del ‘Guardian’. Una lezione per tutti.
Il giudice che pronunciò la nostra condanna è stato Giovanni Fragola Rabuano, una carriera costellata di grossi processi e importanti incarichi. Ha presieduto il processo per la monezza a Napoli, nel quale è stato coinvolto l’ex sindaco di Napoli e poi governatore della Campania Antonio Bassolino (uscitone dopo anni con l’assoluzione); quindi a Rabuano sono state affidate le redini del tribunale di Nola, un’area bollente, ad alta densità camorristica.
In appello, la sentenza è stata poi ribaltata e la Voce vince contro Fiore. Forse hanno capito che il Guardian è un tantino più attendibile del capo di una formazione eversiva…
Anche sei anni più tardi, nel 2004, sono rimbalzate altre notizie, sempre lungo l’asse Londra-Roma, sulle imprese griffate Fiore.
E neanche quelle sono servite a mettere in guardia gli inquirenti, che solo adesso, 2021, si svegliano dal letargo.
Così, ad esempio, scriveva la Voce in un’inchiesta di gennaio 2004: “Anche gli organi di stampa inglesi suonano un campanello d’allarme su Fiore. A Londra viene pubblicato un numero della rivista ‘Searchlight’ interamente dedicato alla rivelazione dei traffici nazifascisti nel mondo. Molte inchieste, negli ultimi anni, sono state dedicate alle attività anglosassoni – e non solo – di Forza Nuova. Ecco cosa viene scritto in un reportage: “Con la protezione dell’MI6 (il servizio segreto inglese, ndr), Fiore e un gruppo di affiliati ai Nuclei Armati Rivoluzionari sono approdati in Inghilterra all’inizio degli anni ’80. A loro è stato consentito di mettere su un impero da milioni di sterline in cambio della loro ‘collaborazione’. Su cosa? Notizie sulle attività della Falange in Libano. Secondo ‘Searchlight’, ‘le ragioni dell’apparente intoccabilità di Fiore devono probabilmente ritrovarsi nelle informazioni che è stato in grado di fornire ai servizi segreti britannici e che aveva raccolto durante i campi di addestramento delle frange estremiste della Falange in Libano’”.
E allora?
Come mai è stato permesso per tanti anni a Fiore di agire del tutto indisturbato, senza che mai un investigatore, un inquirente, un magistrato osasse chiedergli conto di qualcosa?
Come mai i media di casa nostra hanno ugualmente dormito tra quattro guanciali e se ne sono ampiamente fregati di accendere i riflettori sulle imprese di Fiore e dei suoi nazi-camerati?
Ma adesso tutti indagano. E scrivono.
25 Ottobre 2021
ROBERTO FIORE / SPUNTA VENT’ANNI FA MA L’ESPRESSO SE NE ACCORGE SOLO OGGI
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