di Giovanni Caggiati
Cari/e compagni/e,
legge elettorale e sistema politico sono questioni che non vanno sottovalutate, su di esse è necessario intervenire puntualmente e sistematicamente.
Parlano continuamente, martellano, con l’argomento della stabilità di governo e della “governabilità”, che secondo loro richiederebbe risultati elettorali chiari e netti, con la vittoria di un polo e la sconfitta dell’altro. Ma il governo vero si fa mettendo a confronto i contenuti e i problemi veri e trovando su questi un accordo vero e quindi una convergenza e una maggioranza di governo vera, non si fa con l’ingegneria istituzionale, coi trucchi, con le leggi elettorali truffaldine (a soglie di sbarramento, e/o premi di maggioranza, e/o maggioritario uninominale, ecc.) che tagliano o escludono forze minori o le spingono ad alleanze innaturali e subalterne con altre forze. Di un polo o dell’altro polo, dei due poli in cui si è venuto configurando il sistema politico da quando, vent’anni fa, è stata introdotta la legge maggioritaria al posto di quella proporzionale pura. Due poli che in realtà non rappresentano affatto alternative politiche l’uno rispetto all’altro, sono entrambi interni alle compatibilità del sistema capitalista dominante, tendono al centro del quadro politico sia per propria natura e vocazione governista sia per vincere magari per un solo voto in più con le leggi elettorali appunto volute di proposito al posto della proporzionale. “Bipolarismo” che è stato percepito, e ancora in parte lo è, da ampi strati popolari come un’alternativa fra destra e sinistra, come se il polo basato sul PD fosse l’alternativa di sinistra rispetto al polo basato sull’ex PDL. Va combattuto questo senso, se non comune, comunque ancora diffuso nella gente e fra i lavoratori stessi, lavoratori nella vita quotidiana presi da più immediati problemi socioeconomici. Per altro già da anni milioni di cittadini, fra cui certo anche lavoratori e strati popolari, nemmeno più si recano a votare, allontanati dalla partecipazione politica e elettorale proprio con l’affermarsi di questo sistema bipolare all’interno del quale non trovano una loro rappresentanza. E, comunque, compito del partito comunista è anche quello di informare, insegnare, educare gli strati popolari (stando fra la gente ma sempre in una posizione un filo più in alto rispetto al senso comune, al livello medio), collegare i problemi e contestualizzare nel quadro della lotta di classe anche gli aspetti più politici e istituzionali, non ultimi quelli della legge elettorale. Elezioni e risultati elettorali non sono irrilevanti o secondari rispetto all’attività politica e al conflitto sociale. Altrimenti non si capirebbe la crisi che coglie un partito, compreso il partito comunista, dopo una dura sconfitta elettorale, e la necessità di ricambio dei gruppi dirigenti. Nel 1972 lo P.S.I.U.P. (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) addirittura finì l’indomani di una batosta elettorale. Nemmeno diciamoci: “conta la lotta e non il voto”. Non è così, e la riprova che non è così è proprio nei fatti concreti di questi ultimi anni: abbiamo sempre meno voti, siamo privi di una rappresentanza politica nazionale e nel Parlamento europeo, e non è che le lotte e i movimenti sono più forti, semmai il contrario. Il recente pronunciamento della Corte Costituzionale contro il “porcellum” e il premio di maggioranza è un altro motivo, un’occasione assolutamente preziosa, per spingerci ad impegnarci a fondo, molto di più di quanto fatto finora, su legge elettorale e sistema politico, per il ripristino del proporzionale puro. E’ una questione di democrazia di base, è una questione vitale per lo stesso partito comunista. Non c’è legge elettorale più democratica di quella proporzionale pura, quella che fa del Parlamento davvero lo specchio del Paese reale, quella che ha consentito di avere in Italia un’altissima partecipazione al voto, ben maggiore dell’attuale, un’affluenza elettorale fra le più alte al mondo. Il proporzionale è stato una condizione indispensabile per fare dei comunisti una grande forza popolare, per rendere possibile in Italia quel partito comunista di massa che, pur con tutti i suoi limiti, ha ottenuto risultati e conquiste sociali più di altri in altri Paesi dell’Occidente. Oggi potrebbe consentire il ritorno in Parlamento di una rappresentanza dei comunisti autonoma e indipendente. Rappresentanza importantissima per la voce e la visibilità che può dare al conflitto, come per mettere in discussione e demistificare il “bipolarismo” e contribuire alla costruzione di uno schieramento anticapitalista ampio e plurale, un polo di opposizione politica e sociale veramente alternativo.
Dunque subito in ogni piazza d’Italia un banchetto dei comunisti per la legge proporzionale pura, contro il presidenzialismo e per la centralità del Parlamento, contro la riduzione del numero dei parlamentari (a tutto svantaggio delle forze minori), semmai per il dimezzamento del loro stipendio, contro l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti (a tutto svantaggio dei partiti dei ceti popolari e più poveri), semmai per una revisione della sua entità e dei suoi criteri.
Parma, 28/12/2013