traduzione a cura di Aginform
Il tentativo degli Stati Uniti di distruggere la Siria, durato 12 anni, è fallito.
I Paesi vicini, la maggior parte dei quali si è schierata con la guerra guidata dall’Occidente per rovesciare Assad, stanno ristabilendo relazioni diplomatiche. Al vertice della Lega Araba di quest’anno, al quale il Presidente Assad ha partecipato per la prima volta dopo la sospensione della Siria nel 2011, è stato accolto dai suoi ex nemici, in particolare dai leader dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti. La Francia (dominatore coloniale della Siria dal 1919 al 1946) ha minacciato i Paesi della Lega Araba per la loro insubordinazione e ha bollato Assad come “nemico del suo popolo”, ma tale disapprovazione, condivisa da Stati Uniti e Regno Unito, è stata ampiamente ignorata (People’s Dispatch, 25 maggio 2023). ). Al contrario, Assad ha dichiarato al vertice che “il passato, il presente e il futuro della Siria sono l’arabismo” (Sam Heller, Foreign Affairs, 14 agosto 2023).
In effetti, la Lega Araba – con l’eccezione dei regimi più favorevoli agli Stati Uniti come il Qatar – ha da allora chiesto il ritiro di tutte le truppe straniere non autorizzate dalla Siria – riferendosi alle forze statunitensi e turche che occupano illegalmente la Siria piuttosto che ai russi e agli iraniani presenti su invito della Siria (People’s Despatch, 16 agosto 2023).
Perché la Siria?
Il rifiuto della Siria di piegarsi alle richieste occidentali l’ha resa un obiettivo per un cambio di regime. L’ex primo ministro israeliano Ehud Olmert ha recentemente dichiarato a un giornalista televisivo: “Se lui [Assad] avesse fatto la pace con me nel dicembre 2008, non avrebbero subito la guerra civile” (Kevork Almassian, Twitter, 18 agosto 2023). Sottolineando l’“errore” di Assad, Olmert ammetteva implicitamente che la guerra siriana, che finora ha ucciso 500.000 persone, è stata deliberatamente inflitta alla Siria, anziché essere il risultato spontaneo di una rivolta popolare, come invece viene dipinto dai media occidentali.
In una recente e importante intervista rilasciata a Sky News Arabia (9 agosto 2023), Assad ha concordato con Olmert che “in teoria, la guerra avrebbe potuto essere evitata se ci fossimo sottomessi a tutte le richieste imposte alla Siria su varie questioni, prima fra tutte la rinuncia ai diritti e agli interessi siriani”. Ma una simile resa avrebbe causato danni ben più gravi in seguito, ha detto.
L’approccio incrollabile alla sovranità nazionale era condiviso dalla maggioranza dei siriani: un sondaggio YouGov del 2012 ha mostrato che il 55% sosteneva Assad (Guardian, 17 gennaio 2012) nella sua lotta contro i piani statunitensi di dividere la Siria lungo linee settarie, come avevano fatto con l’Iraq. I piani di spartizione prevedevano un “principato salafita” al confine con l’Iraq, secondo un documento trapelato dalla Defence Intelligence Agency statunitense nel 2012, nonché un mini-stato curdo nel nord-est.
Lo scetticismo nei confronti delle affermazioni occidentali di agire nell’interesse della democrazia e della lotta al terrorismo è stato confermato nel corso della guerra. L’operazione Timber Sycamore, il programma segreto di addestramento dei terroristi della CIA con sede in Giordania dal 2012 al 2017, ha finanziato e addestrato i terroristi che combattono in Siria (Washington Post, 19 luglio 2017). L’Esercito siriano libero, la cosiddetta opposizione “moderata”, era composta da estremisti come la Brigata Khalid ibn Al Waleed, che ha trasmesso la decapitazione di prigionieri disarmati da parte di un bambino con un machete. David McCloskey, ex esperto della CIA sulla Siria, ha ammesso che i funzionari statunitensi hanno sempre saputo che “i gruppi affiliati ad Al-Qaeda e i gruppi jihadi salafiti erano il motore principale dell’insurrezione” (Aaron Maté, Monthly Review, 23 aprile 2022). Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale di Biden, ha scritto in un’e-mail al suo capo di allora Hillary Clinton: “AQ [al-Qaeda] è dalla nostra parte in Siria” (Wikileaks, 12 febbraio 2012).
I veri interessi degli Stati Uniti sono visibili nel fatto che occupano illegalmente una vasta area di territorio ricco di petrolio e fertile dal punto di vista agricolo nel nord-est della Siria, con circa 1.000 truppe statunitensi supportate da jet da combattimento e dai loro proxy, essenzialmente i curdi delle Forze di Difesa Siriane (SDF), che forniscono la fanteria principale e nell’area sotto il loro controllo stanno attualmente combattendo i loro ex alleati, le tribù arabe locali intorno all’Eufrate che resistono alla loro repressione. Una piccola enclave statunitense al confine tra Siria e Iraq ospita combattenti dello Stato Islamico sotto la protezione degli Stati Uniti.
Nel frattempo, la Turchia occupa un’ampia fascia nell’estremo nord e nord-ovest, dove, accanto alle sue 5.000-10.000 truppe, Hayat Tahrir al-Sham (HTS), una fusione di al-Qaeda e altre milizie islamiste, governa sotto vari nomi dal 2017 come proxy turco.
In totale, un terzo della Siria rimane in mano al nemico.
Conseguenze economiche della resistenza
Il rifiuto categorico della Siria di ammorbidire la sua posizione anti-israeliana o di sconfessare i suoi alleati, Iran e Russia, significa che la guerra continua, anche se i combattimenti sono limitati. La guerra economica è ora il pericolo principale, sotto forma di brutali sanzioni occidentali. Di conseguenza, quest’anno la crescita del PIL dovrebbe scendere del 3,5%, come l’anno scorso. Il 90% dei siriani vive al di sotto della soglia di povertà. Il reddito medio mensile è sceso dai 500 dollari del 2011 ad appena 20 o 30 dollari. Anche il recente raddoppio del salario minimo da parte di Assad non sarà sufficiente a sollevare la popolazione dalla povertà causata dal controllo occidentale. L’industria farmaceutica siriana, un tempo fiorente, è stata duramente colpita dalle sanzioni e, di conseguenza, i prezzi dei farmaci sono ora esorbitanti.
Tutto ciò significa che mentre quasi mezzo milione di rifugiati sono tornati in zone libere dal conflitto, altri sei milioni – soprattutto nelle vicine Turchia, Libano, Giordania e Iraq – non possono permettersi di tornare a casa. Inoltre, 6,8 milioni di siriani sono sfollati all’interno del Paese, di cui oltre 2 milioni vivono in campi dove le condizioni sono estremamente difficili (BBC, 2 maggio 2023).
Privata con la forza del suo territorio più produttivo, la Siria è ora un importatore netto di energia e cibo, e le petroliere iraniane che tentano di consegnare petrolio alla Siria si imbattono in sabotaggi israeliani al largo delle coste siriane.
Battute d’arresto per gli Stati Uniti e le potenze occidentali
Nonostante la relativa debolezza della Siria, gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali hanno subito una battuta d’arresto strategica non riuscendo a rovesciare Assad e a smembrare il Paese.
In primo luogo, la sopravvivenza della Siria ha rafforzato la Russia, la cui rinascita come potenza – dopo la sconfitta dell’URSS e la corsa ai beni pubblici sotto Eltsin – è iniziata nel 2008 con la repressione della rivoluzione colorata in Georgia. Se questa breve guerra ha segnato un punto di svolta, è stato l’intervento della Russia in Siria nel 2015, in particolare attraverso l’uso della sua potenza aerea contro gli islamisti sostenuti dall’Occidente, a impedire la caduta di Assad e a ristabilire l’influenza russa in Medio Oriente.
In secondo luogo, la posizione regionale dell’Iran è stata consolidata. L’Iran ha inviato migliaia di miliziani a combattere per la Siria, in un’alleanza che risale al 1981, quando la Siria da sola sostenne l’Iran contro l’Iraq di Saddam.
In terzo luogo, il fallimento della strategia occidentale di cambio di regime in Siria ha privato Israele della piena egemonia su tutti i suoi vicini arabi. I bombardamenti quasi quotidiani di Israele su Damasco e altrove in Siria non hanno destabilizzato il governo né allontanato gli alleati dell’Iran dalla Siria, uno dei principali obiettivi di Israele. Sebbene la Siria non sia abbastanza forte da rispondere, l’Iran ha avvertito Israele che dovrà affrontare possibili ritorsioni (US News, 30 agosto 2023).
Anche Hezbollah si è rafforzato. Dopo il suo ruolo nella cattura di Al Qusayr nella primavera del 2013, uno dei punti di svolta della guerra, Hezbollah si è espanso e la sua forza d’élite Radwan al confine di Israele con il Libano è ora ben armata con armi di precisione fornite dalla Siria. Combattere a fianco dell’esercito siriano, prevalentemente sunnita, ha aiutato gli Hezbollah, prevalentemente sciiti, a sviluppare una politica non settaria (Elijah J. Magnier, 7 settembre 2023).
Inoltre, l’indebolimento del potere statunitense in Siria ha reso l’Arabia Saudita meno affidabile come alleato degli Stati Uniti. I sauditi, che sostenevano il cambio di regime in Siria, hanno visto gli Stati Uniti costretti a far fronte a una dura resistenza, mentre i costosi sistemi di difesa missilistica che avevano acquistato dagli Stati Uniti non sono riusciti a proteggerli dagli attacchi dei droni contro le loro installazioni petrolifere da parte degli Ansarallah dello Yemen (Houtis). Alla luce di queste battute d’arresto e delle sconfitte subite sul campo in Yemen, i sauditi sono stati costretti a chiedere la pace ad Ansarallah e il riavvicinamento Iran-Arabia Saudita, mediato dalla Cina, è diventato un’opzione auspicabile.
Per la Turchia, membro della NATO, che si confronta con gli Stati Uniti e la Russia, la sopravvivenza della Siria è un problema. La Turchia ha bisogno della cooperazione siriana per combattere il PKK/YPG curdo – la spina dorsale dell’SDF – che considera una minaccia terroristica. Ma la Siria insiste sul fatto che la Turchia deve lasciare il territorio siriano prima di poter avviare qualsiasi negoziato. La numerosa – e politicamente problematica per Erdogan – popolazione di rifugiati siriani in Turchia ha bisogno di pace per poter tornare a casa, ma l’occupazione turca del nord della Siria significa che la guerra continuerà. Le recenti sanzioni statunitensi contro due gruppi islamisti che un tempo finanziavano e che ora sono sotto il controllo turco in Siria sono state un ulteriore colpo, espressione del disappunto degli Stati Uniti per il fatto che la Turchia abbia preso di mira i proxy statunitensi delle SDF.
Nel frattempo, sul fronte diplomatico, gli Stati Uniti sono stati pubblicamente criticati da gruppi per i diritti umani come il Norwegian Refugee Council (Mehr News Agency, 8 agosto 2023) per aver annullato la deroga alle sanzioni umanitarie concessa alla Siria dopo il grave terremoto di febbraio. La concessione di una deroga “umanitaria” una tantum dimostra solo la natura normalmente disumana delle sanzioni statunitensi.
Sopravvivenza e futuro
Sebbene l’economia siriana sia stata devastata dalla guerra, la sua resilienza le ha impedito di seguire il destino della Libia, dove la guerra della NATO ha smantellato l’intera società.
Nella sua recente intervista a Sky Arabia, Assad ha paragonato la sua posizione a quella di Saddam Hussein e Muammar Gheddafi, entrambi scesi a compromessi con l’Occidente prima di essere eliminati. Assad, divenuto presidente nel 2000, ha tenuto subito un profilo da realpolitik autorizzando la Siria a partecipare al programma di “extraordinary renditions” della CIA, che è proseguito anche dopo che la Siria nel 2002 era stata definita uno degli Stati dell’“asse del male”. Questa politica di cooperazione tattica (la Siria aveva anche appoggiato la prima guerra degli Stati Uniti in Iraq) alla fine non ha fornito alla Siria alcuna protezione contro l’aggressione statunitense. E’ stata invece la risoluta resistenza di Assad a Israele e il suo crescente rifiuto del controllo statunitense a renderlo “veramente popolare” – secondo un rapporto del Guardian (26 maggio 2007) sulle elezioni del 2007 – unendo il popolo siriano contro la minaccia della divisione settaria e del terrore islamista proveniente dal vicino Iraq.
La priorità del governo di Assad è ora quella di recuperare tutto il territorio siriano, in particolare le sue risorse petrolifere e agricole. Senza la proprie risorse produttive, non sarà in grado di affrontare la crisi economica.
Lo stesso vale per il progresso democratico. I precedenti tentativi di istituire un’assemblea costituente per riconciliare i gruppi contrapposti in Siria sono falliti a causa della guerra. Un comitato costituzionale composto da cinquanta rappresentanti nominati dal governo, cinquanta dell’opposizione e cinquanta della società civile nominati dalle Nazioni Unite dovrebbe riunirsi in Oman nel corso dell’anno, con il sostegno di Russia, Iran e Turchia, i partecipanti al processo di pace di Astana. l’unico quadro di pace praticabile fino ad oggi.
Ma la continua violenza, sostenuta dagli Stati Uniti, sta ostacolando i progressi costituzionali. Ad agosto, lo Stato Islamico ha ucciso decine di soldati siriani a Deir-ez-zor, nella Siria orientale. Tali attacchi dello Stato Islamico sono facilitati dagli Stati Uniti, che forniscono protezione al gruppo.
In un clima così sfavorevole alle riforme, le manifestazioni che si sono svolte dal 20 agosto nella città drusa di Suweida, nel sud della Siria, e a Deraa (dove sono iniziate le proteste del 2011) contro l’aumento del costo della vita, pur esprimendo legittime preoccupazioni economiche, stanno fornendo agli Stati Uniti nuove opportunità di destabilizzazione. L’SDF per conto degli Stati Uniti ha già lanciato crescenti appelli alla secessione della regione drusa (Cradle, 29 agosto 2023). Nel 2011, le proteste legate alla siccità contro l’aumento dei prezzi del grano sono rapidamente degenerate in una guerra su larga scala.
La ripresa economica è essenziale per evitare una ripresa del conflitto, e ciò richiede la fine dell’occupazione statunitense e turca e la revoca delle sanzioni. La Confederazione generale dei sindacati siriani ha condannato il “terrorismo economico” del blocco occidentale e ha chiesto una maggiore unità tra i sindacati arabi (The Syrian Observer, 1 settembre 2021).
Finora la Siria non ha ricevuto gli investimenti di cui ha bisogno. Non c’è da stupirsi che le potenze occidentali stiano imponendo sanzioni punitive a chiunque sia coinvolto in Siria. La Russia e l’Iran hanno stanziato rispettivamente 7 e 23 miliardi di dollari (The Diplomat, 3 giugno 2021) e la Siria ha aderito all’iniziativa Belt and Road della Cina nel gennaio 2022. Ma le aziende cinesi sono state caute nel farsi coinvolgere in un Paese ancora nel mirino degli Stati Uniti. Assad ha comunque espresso un giudizio positivo sulla direzione da seguire dopo la recente adesione dell’Iran al gruppo BRICS, che ha rafforzato il multilateralismo (Almasirah, 1 settembre 2023).
In conclusione, rimanendo al suo posto e riprendendo il controllo di gran parte del Paese, Assad ha indebolito il potere degli Stati Uniti in Medio Oriente. Gli interventi militari di Russia e Iran hanno svolto un ruolo importante in questo senso, così come l’esercito siriano, numeroso e “istituzionalmente leale” (Jack Sargeant, LSE Blog, 10 agosto 2020). Soprattutto, è stata la difesa popolare dell’unità nazionale e di una repubblica laica e religiosamente tollerante a garantire la sopravvivenza del Paese di fronte a una guerra lunga e aspra.
19 Settembre 2023