di: Andrea Cinquegrani
Sale in modo esponenziale la temperatura ai confini tra Russia e Ucraina. Con un Joe Biden che per festeggiare il primo anno alla Casa Bianca con sondaggi e percentuali in picchiata (da un 60 per cento abbondante fin sotto quota 40 in appena dodici mesi) non trova di meglio che gettare, in modo scriteriato, benzina sul fuoco.
E fa incavolare sia i vertici russi of course, che perfino quelli ucraini, operando una distinzione per le sanzioni da adottare in caso di incursione oppure di invasione delle truppe putiniane.
La UE, come al solito, non ha una sua politica estera e non fa altro che scodinzolare al seguito dei latrati della Casa Bianca. C’era da aspettarselo, niente di nuovo sotto il cielo del nulla europeo.
Come abbiamo fatto giorni fa con la bollente situazione in Kazakistan (potete leggere l’inchiesta cliccando sul link in basso), ora cerchiamo di leggere la seconda e più pesante crisi che deflagra nel cuore dell’ex impero sovietico con un’altra chiave di lettura, che può certo rappresentare uno dei motivi scatenanti dell’attuale crisi. Ci riferiamo ai laboratori virologici un tempo sovietici e ormai da molti anni passati sotto il controllo degli Stati Uniti, con un Pentagono che detta la sua legge.
Come si può ben capire, quindi, una bomba ad orologeria piazzata proprio in quei paesi, evidente spina nel fianco dei russi: come se in Florida oppure in California potessero spadroneggiare dei laboratori diretti dal Cremlino! Vi ricordate cosa successe a Cuba? Motivo ulteriore, perciò, per ritrovare uno dei moventi principali della super crisi proprio in quei laboratori impegnati nelle ‘biologic wars’.
Vediamoli, allora, più da vicino.
UN TREDICI PERFETTO
In Ucraina se ne contano almeno 13. Un ‘almeno’ che la dice lunga sulla totale segretezza che li circonda.
Ecco dove sono localizzati quelli ufficiali: 4 a Kiev, 3 a Leopoli, 1 a Odessa, 1 a Charchiv, 1 a Kherson, 1 a Ternopil, 1 a Uzhgorod e 1 a Vinnica. E’ il più alto numero di laboratori nelle ex repubbliche sovietiche e oggi controllati dagli americani: l’Ucraina, infatti, capeggia la speciale classifica davanti a Georgia, Azerbaigian, Armenia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia e Uzbekistan.
Scrive il giornalista d’inchiesta Marco Civitanova: “Questi laboratori, dove sono esclusivamente impiegati specialisti statunitensi con immunità diplomatica (pur non essendo diplomatici, ma tutti militari), dipendono direttamente dal ministero della Difesa Usa e sono comparsi in Ucraina durante la presidenza del filoatlantista Viktor Juschenko: il 29 agosto 2005, tra Pentagono e il ministero della Sanità ucraino venne stipulato un contratto di cooperazione per la prevenzione delle tecnologie proliferanti di agenti patogeni utilizzati nello sviluppo di armi chimiche”.
Spesso e volentieri, un ottimo ‘paravento’ per fare esattamente il contrario…
Continua Civitanova: “Il finanziamento di questi centri raggiunge i 2 miliardi di dollari, erogati da DTRA (‘Defence Threat Reduction Agency’). Partecipano al progetto anche lo STCU (‘Science and Technology Center in Ukraine’), un’organizzazione intergovernativa che, ufficialmente, è preposta al controllo della non-proliferazione delle armi nucleari, chimiche e biologiche; nonché le maggiori compagnie che costituiscono il cartello farmaceutico globale (il cosiddetto ‘Big Pharma’): Bavarian Nordic, Cangene Corporation, Dor BioPharma Inc., Dyport Vaccine Company Llc, Elusys Therapeutics Inc., Emergent BioSolutions, Hematch Inc., Humane Genome Sciences Inc., NanoViricides Inc., Pfizer Inc., PharaAthene, Siga Technologies Inc., Unither Virology Llc.”.
Come si vede dai nomi, non poche sigle si occupano di virus & vaccini, in pole position, naturalmente, Pfizer superstar.
E ancora: “L’attività dei laboratori è svolta al di fuori dei confini statunitensi, è gestita dal Pentagono (vale a dire un’istituzione militare, non sanitaria), è tenuta sotto segreto assoluto e non può essere controllata dai governi locali. Inoltre, i risultati sono inaccessibili ai ministeri della Sanità locali che collaborano con il Pentagono nei paesi interessati e il numero degli specialisti locali coinvolti deve essere ridotto al massimo. Si può ipotizzare che gli Stati Uniti creino simili laboratori nelle nuove ‘colonie’ post-sovietiche non solo per tutelare il proprio territorio dal rischio di perdite e fughe di materiale tossico, ma anche per usare gli abitanti locali come inconsapevoli cavie oppure aggirare il divieto della Convenzione di Ginevra del 1972 e produrre illegalmente armi biologiche”.
Qualche timido tentativo di controllo si è verificato nel biennio 2010-2012, quando l’allora primo ministro Mykola Azarov sospettò che nei laboratori a stelle e strisce venissero testati dei virus-mutanti da utilizzare per fini militari. I controlli effettuati da una commissione governativa evidenziarono delle gravi infrazioni nel sistema di gestione e di contenimento delle sostanze tossiche. E tutto ciò indusse nel 2013, sulla spinta delle proteste popolari, le autorità ucraine a non rinnovare il contratto di cooperazione. Ma il successivo golpe bianco del 2014 ha riportato lo status quo: quindi di nuovo mano libera agli americani per i loro esperimenti che più border line non si può!
NUMERI DA BRIVIDI
Del resto, di “incidenti”, “fughe di laboratorio” e “epidemie” più o meno gravi è densamente popolata la recente storia ucraina.
Nel 2009 la regione di Ternopil fu colpita da un virus che provocò una polmonite emorragica: 450 gli infetti, 14 i morti. Quattro anni dopo 33 vittime per un’epidemia di colera. Eccoci al 2016, quando a Charchiv un virus mai identificato ammazza 20 militari; due mesi dopo una febbre suina colpisce 364 persone. L’anno dopo – estate 2017 – ad Odessa scoppia un’epidemia di epatite A, che qualche mese dopo arriva fino a Charchiv.
E proprio a Ternopil si è verificato l’ultimo episodio della serie, poche settimane prima dello scoppio della pandemia a livello mondiale. A inizio gennaio 2020, infatti, si diffonde tra la popolazione una forma di polmonite virale molto aggressiva.
Una catena di eventi che ha fatto montare le polemiche dell’opposizione al presidente filo occidentale Volodymir Zelenskyj. Due deputati, Viktor Medvedchuk e Renat Kuzmin presentano una petizione e denunciano: “non è escluso che l’attività segreta e poco limpida di pericolosi siti stranieri sul territorio ucraino sia diretta a testare l’effetto di virus e batteri sull’organismo dei nostri concittadini”.
Una preoccupazione più volte espressa anche dalla portavoce del ministero degli esteri russo, Marija Zacharova. Commenta Civitanova: “I timori della Zacharova sono ben comprensibili: oltre al fatto che i laboratori in Ucraina e in Asia Centrale stanno accerchiando la Federazione russa, bisogna ricordare che nell’estate 2017 il ministero dell’Aviazione statunitense ha acquistato dei campioni di molecole Rna appartenenti a cittadini russi di razza europoide. E’ chiaro che, se i timori risultassero fondati, la Russia si troverebbe accanto un Paese che ospita laboratori in grado di sferrare attacchi biopatogeni dalle conseguenze gravissime. Secondo Igor’ Nikulin, esperto militare ed ex membro del Comitato Onu per le Armi Biologiche e Chimiche, i campioni sono stati infatti richiesti per la produzione di armi biologiche”.
Se vi par poco!
Ecco cosa scrive un reporter del ‘Timer’ di Odessa, Yury Tkachev: “Questi laboratori studiano il comportamento di agenti patogeni pericolosi in determinate condizioni regionali, tenendo conto di fattori climatici, demografici e di altro tipo. Questi studi possono essere definiti studi a duplice uso: da un lato, sono veramente importanti nella valutazione della pericolosità della diffusione di una data malattia (la stessa febbre Crimea-Congo) e nello sviluppo delle linee guida per combatterla. D’altra parte, i risultati dello studio possono essere utilizzati per lo sviluppo di armi batteriologiche da utilizzarsi in una particolare regione”.
USA OVUNQUE
Il duplice scopo ormai rituale, la doppia faccia delle sperimentazioni: proprio come è successo nell’ormai ben più famoso (e famigerato) laboratorio di Wuhan, dove è scesa in campo una perfetta partnership tra Cina e Stati Uniti, visti i pingui finanziamenti arrivati all’Istituto di Virologia cinese dal ‘National Institute for Allergy and Infectious Deseases’(NIAID) presieduto a vita dal supervirologo Usa Anthony Fauci.
Come si vede, Stati Uniti presenza ovunque sullo scenario delle ‘biologic wars’. Da Wuhan alle decine di laboratori sparsi nelle ex repubbliche sovietiche e a tanti altri in mezzo mondo: per uno stratosferico totale che viene calcolato – certo per difetto – in circa 400 unità.
Senza contare il laboratorio numero uno (almeno uno devono pure avercelo, gli Stati Uniti, sul loro territorio nazionale!): quello di Fort Detrick, nel Maryland. Che però vanta un primato: i primi focolai epidemici si sono verificati proprio nel Maryland, ben un anno prima dello scoppio della pandemia a livello mondiale, e cioè fin dai primi mesi del 2019. E il gravissimo incidente che ha addirittura costretto le autorità sanitarie Usa (i ‘Centers for Desease Control and Prevention’) a chiudere per alcuni mesi il super-laboratorio di Fort Detrick, si è verificato a giugno 2019: quindi sei mesi prima delle notizie bomba da Wuhan.
Una pandemia globale, quindi, sempre e regolarmente a stelle e strisce…
Lots of thanks, mille grazie, tanto democratica America!
20 Gennaio 2022