REGGIO CALABRIA I Gran maestri che per mesi si sono presentati in Commissione parlamentare antimafia per giurare e spergiurare che nelle loro logge non ci fosse traccia di mafiosi hanno mentito. Hanno mentito anche quando hanno dichiarato il numero di iscritti e hanno continuato a farlo nell’affermare di aver sciolto solo tre logge, ma non per infiltrazioni della criminalità organizzata.
I RAPPORTI FRA LOGGE E CLAN CI SONO Ne escono malissimo le quattro principali obbedienze italiane – il Goi, la Gran Loggia degli Alam, la Gran Loggia regolare d’Italia, la Serenissima Gran Loggia d’Italia- Ordine generale degli Alam – dalla relazione che sintetizza il lavoro commissione parlamentare antimafia sul rapporto fra clan e massonerie. Dopo mesi di audizioni, missioni, incontri, ma soprattutto dopo il certosino lavoro sugli elenchi dei “fratelli” di Calabria e Sicilia, sequestrati con decreto della presidente Bindi, la commissione può affermare senza tema di smentita «l’esistenza di forme di infiltrazione delle organizzazioni criminali mafiose nelle associazioni a carattere massonico». Un dato – si legge nella relazione – suggerito da «una pluralità di risultanze dell’attività istruttoria della Commissione, derivante dalle audizioni svolte, dalle missioni effettuate e dalle acquisizioni documentali».
«I GRAN MAESTRI HANNO MENTITO» Dopo mesi di lavoro, i parlamentari di palazzo san Macuto hanno in mano non solo innumerevoli dichiarazioni, ma anche le prove documentali, acquisite all’interno delle logge che permettono di confutare punto per punto quanto dichiarato – con toni più o meno duri – dai Gran Maestri delle principali obbedienze in commissione. Dalle loro audizioni è emersa «una posizione negazionista delle obbedienze nei confronti del fenomeno, cui veniva al contrario opposta l’esistenza di regole e prassi massoniche tali da sventare ogni pericolo». E invece non è vero.
L’ECATOMBE OCCULTATA Secondo quanto emerso dalle indagini dello Scico, cui sono stati delegati gli approfondimenti sugli elenchi e sul materiale sequestrato, non sono poche le logge che dal 1990 al 2016 sono state abbattute. Al contrario, se ne contano 138, di cui 86 in Sicilia e 52 in Calabria. In particolare, 25 logge sono appartenenti al Grande Oriente d’Italia, 52 alla Gran Loggia degli Alam, 41 alla Gran Loggia Regolare d’Italia e 20 alla Serenissima Gran Loggia d’Italia – ordine generale degli Alam. E molte – sottolinea la commissione – sono state sciolte per mafia.
FILTRI CHE NON FUNZIONANO Non è neanche vero – come più volte i Gran maestri hanno sostenuto – che le obbedienze abbiano in sé i filtri necessari per prevenire le infiltrazioni. Al contrario, sebbene in alcune logge vige la prassi di chiedere il certificato penale all’atto dell’ammissione, non esiste alcuna forma di aggiornamento sulle posizioni dei “fratelli”. E in molti casi, tutti sembrano affetti da cronica distrazione o miopia. Per la commissione c’è «un consistente numero di iscritti che è stato coinvolto in procedimenti per gravi delitti». Molti di loro sono per giunta ancora attivi. E i parlamentari hanno carte e numeri in mano per dirlo.
FRATELLI IN ODOR DI MAFIA Secondo quanto emerso dall’analisi degli elenchi, sono 193 gli affiliati alle logge massoniche di Sicilia e Calabria coinvolti o lambiti da inchieste di mafia. Per la commissione significa «una mancata o quanto meno parziale efficacia delle procedure predisposte dalle varie associazioni per la selezione preventiva dei propri membri». In molti casi, i procedimenti si sono conclusi con l’archiviazione, il proscioglimento o un non luogo a procedere per morte del reo. Ma alcuni – e non sono pochi – si sono conclusi con condanne definitive. Anche pesanti.
I CONDANNATI Degli affiliati alle 4 principali obbedienze, in 6 sono stati condannati per associazione mafiosa piena, mentre altri 8 sono stati puniti per traffici di stupefacenti, ricettazione, falso, bancarotta fraudolenta o sono stati destinatari in via definitiva di misure di prevenzione personali e dunque indicative della pericolosità sociale (semplice o qualificata). E non tutti sono stati espulsi dalle logge a cui appartenevano. Tanto meno sono stati tutti allontanati gli altri 25 massoni che risultano condannati per altri reati gravi o sono tuttora sotto processo per associazione mafiosa o per intestazione fittizia di beni.
L’EX CONSIGLIERE REGIONALE MASSONE “SCOMODO” In 12 sarebbero ancora iscritti e attivi, di cui «10 presso logge del Grande Oriente d’Italia, uno – per altro membro del consiglio regionale della Calabria dal 2005 al 2010 – con una domanda di regolarizzazione presentata presso una loggia calabrese del Goi, dunque in precedenza iscritto ad altra obbedienza; uno, imprenditore agricolo, presso una loggia calabrese della Glri». E fra i fratelli che frequentano regolarmente le logge ci sarebbero anche i due, un commercialista e un pensionato, condannati definitivamente per mafia.
I MASSONI RR Ma c’è un dato, forse ancora più inquietante che emerge dal lavoro della commissione. In base ai dati analizzati in Calabria e Sicilia sarebbero censiti 17.067 massoni, ripartiti in 389 logge attive. Per la maggior parte si tratta di iscritti al Goi (11.167 pari al 65,4%), mentre per il resto si dividono fra Gli (3.646 pari al 21,4%), Glri (1.959 pari all’11,5%) e Sgli (295 pari all’1,7%). Tutti quanti si dividono fra soggetti attivi, quelli sospesi, quelli in predicato di appartenere all’associazione massonica e quelli che per varie ragioni vi hanno cessato. Ma negli elenchi compaiono anche alcune classificazioni misteriose, come una non meglio specificata RR «per le quali – dice la commissione – non è stato possibile andare oltre all’elaborazioni di mere supposizioni in ordine al significato».
L’OMBRA DELLE LOGGE COPERTE Un dato che appare quanto meno preoccupante se è vero che il numero dei massoni censiti dallo Scico è di gran lunga superiore a quello ufficialmente dichiarato. Gli elenchi saranno forse rimpolpati da quei “massoni all’orecchio” e da quelle logge segrete di cui le obbedienze tutte hanno sempre negato l’esistenza? Forse sarà la magistratura a scoprirlo. Perché tutto il materiale adesso verrà trasferito alle Procure di competenza.
22 dicembre 2017