MASSIMILIANO GRINER ED IL CONFINE ORIENTALE.
Ho comprato l’ultimo libro di Massimiliano Griner, Anime nere (Sperling & Kupfer), dato che, com’è noto a chi mi legge, mi occupo di strategia della tensione e pensavo che questo studio presentasse delle novità sull’argomento. Così non è (ma è vero che io non sono un lettore medio, quindi molti dati a me conosciuti per avere studiato carte d’archivio forse non sono noti agli altri), però non è su questo che intendo intervenire.
Mi domando spesso perché le persone debbano per forza intervenire anche su argomenti che non conoscono, ed anche in situazioni dove non sarebbe stato necessario intervenire, in quanto fuori tema. Cioè, dato che il libro di Griner tratta di attentati e strategia della tensione, non si comprende il motivo per cui a pag. 330, quando parla della scoperta del Nasco di Aurisina debba inserire delle cavolate come quelle che vado a citare.
“un paese che noi italiani chiamiamo Duino-Aurisina e che gli sloveni chiamano Devin-Nabrežina”.
Bene. A parte che Duino-Aurisina è la denominazione del COMUNE ed i paesi sono due (Duino è una cosa è Aurisina un’altra) a prescindere da come li chiamino italiani e sloveni, varrebbe la pena di comunicare a Griner che Devin e Nabrežina si chiamavano così da ben prima che arrivasse l’Italia a ridurli in forma italiana. Ma proseguiamo.
“una zona in cui essere italiani non è mai stato piacevole, perché durante la seconda guerra mondiale, e anche in seguito, significava discriminazione, e pure il rischio di essere infoibati, cioè fucilati e gettati, a volte ancora vivi, negli inghiottitoi carsici”
Diamine, Griner, ma dove l’ha studiata, la storia? ai corsi della Decima Mas, oppure si è fatto influenzare dalla limpida figura di quello Stefano Delle Chiaie di cui ha curato la biografia un paio di anni fa? Per la cronaca (e per la storia), gli italiani non sono mai stati discriminati al confine orientale, al contrario degli sloveni (e dei croati) cui il fascismo impedì di esprimersi nella propria lingua, cambiò i nomi delle persone e delle località, cancellò le scuole e vietò persino di pregare nella propria lingua madre. Tralasciamo la frase fatta sul rischio di essere “infoibati” (anche DOPO la guerra?) e vediamo come prosegue lo “storico”, per definire la Gladio:
“una struttura non molto diversa ma speculare da quella a cui già nel 1941 il governo di Belgrado stava cercando di dar vita nella Venezia Giulia”.
Beh, in effetti prima ho detto una cosa non vera. Questa E’ una notizia che non ho mai sentito prima. Che nel 1941, in piena guerra, con l’aggressione nazifascista in corso, il colpo di stato, la guerra civile, il governo di Belgrado si preoccupasse di creare una simil-Gladio nella Venezia Giulia, è davvero uno scoop storico. Che poi, in nota, Griner spiega ancora meglio.
“Nel 1941 a Trieste viene processato un gruppo di italiani, alcuni di origine slovena, tutti comunisti” (immagino si riferisca al processo a Pinko Tomažič ed ai suoi compagni, ma definirli “italiani di origine slovena” significa non avere la più pallida idea di cosa sia stata la composizione etnica dei territori annessi all’Italia dopo la prima guerra mondiale). “Li hanno smascherati mentre stanno allestendo una Quinta Colonna nella Venezia Giulia, creando una rete di volontari e apprestando nascondigli di armi. Il loro intento era approfittare della guerra per fare della zona una repubblica comunista filoslava sotto l’egida dell’URSS”.
Naturalmente la fonte citata da Griner è del tutto circostanziata: nonostante esista una vasta pubblicistica sul processo Tomažič (descritto sinteticamente ma correttamente anche in Aula IV, il libro sui processi del Tribunale Speciale fascista uscito molti anni fa), lo studioso si rifà ad un articolo apparso sulla “Stampa” del 6/12/41, cioè dei giorni in cui si svolgeva il processo: quindi un articolo di regime (anche se Griner sembra sorvolare che ci sia stato un ventennio fascista in tutta questa annotazione). Né sembra che Griner si ponga il dubbio che se nel 1941 l’Italia viveva sotto una dittatura fascista che aveva trascinato il Paese in guerra, i “comunisti” forse più che allestire quinte colonne stavano semplicemente (ed ammirevolmente) costituendo la RESISTENZA antifascista. Cosa che fecero successivamente altri antifascisti in altre zone d’Italia, anche se anni dopo.
Casualmente (?) Griner omette di dire che cinque degli “italiani di origine slovena” furono condannati a morte e fucilati, e che durante le “indagini” morì sotto le torture uno degli arrestati ed un altro impazzì: sono questi i momenti bassi della pseudo-cultura di oggidì, quando si pretende di parlare di argomenti che non si conoscono (vogliamo dargli il beneficio del dubbio e considerare solo sciatteria questa pagina, invece che malafede?) e se ne parla a sproposito, e si offende la memoria di persone che eroicamente si sono opposte al fascismo sacrificando la propria vita.
Va da sé che se questa è la professionalità di Massimiliano Griner, il suo lavoro non ha bisogno di ulteriori commenti. Ma è così che si perpetua la creazione degli ignoranti e supponenti che straparlano di storia non avendo le basi per farlo. Perché se gli “storici” sono così superficiali, cosa si può pretendere dal commentatore dei blog e dei forum?
ottobre 2014