DANILO TOSARELLI – MILANO
Si chiama disgregazione sociale e deve preoccupare, far paura.
È la condizione che sta vivendo il nostro tessuto sociale.
Un cancro terribile, di cui tutti siamo vittime.
La disgregazione sociale mina l’appartenenza collettiva.
È il cozzare di una miriade di interessi diversi fra loro.
Interessi privati, localistici, corporativi che distruggono.
Perché hanno il potere di sfaldare il patto sociale preesistente.
Scompare sempre più il valore della solidarietà.
Prevale ossessivamente la logica dell’IO. Scompare quella del NOI.
Tutto ciò crea inevitabilmente, solitudine, smarrimento, disperazione.
In tutto ciò, il ruolo dei social è sempre più determinante.
Non può essere che valga tutto ed anche il suo esatto opposto.
Paradossalmente, trovano la stessa legittimità il sapere e l’ignoranza.
Opinioni diverse tra persone competenti, arricchiscono il ns sapere.
Ma l’ignoranza crassa non deve trovare spazio e consenso.
Purtroppo i social consentono di metterli tutti sullo stesso piano.
Verità e bugie circolano liberamente, tutte legittimamente.
Crescono a dismisura le fake news ed il lettore si rincoglionisce.
A chi credere? I social non orientano, bensì disorientano.
A questo punto, cresce a dismisura la diffidenza e questo è grave.
Perché allontana dalla ricerca della verità. È elemento divisivo.
Detto ciò, non è oggi ipotizzabile prescindere dall’uso dei social.
Piaccia o no, occorre fare di necessità virtù. Scegliendo con cura.
Solo un utilizzo accorto e consapevole, può evitare la dipendenza.
Ma quanti di noi sono in grado di dichiararsi vaccinati ed indenni?
Apparentemente, sembra di stare tutti insieme. Non è così.
In realtà, si è profondamente soli davanti alla propria tastiera.
Tutto ciò non può che produrre effetti controproducenti.
Perché stare insieme fa stare bene e la condivisione fa crescere.
All’opposto, la solitudine uccide lo spirito e annienta le speranze.
Questa consapevolezza è purtroppo ormai, merce rara.
Si preferisce la tastiera ed il proprio divano, piuttosto che incontrarsi.
Persino la telefonata è ormai sostituita dal frequente messaggio.
Anche se vocale, rimane uno strumento di comunicazione freddo.
La telefonata ti fa sentire più vicino, il messaggio è distante.
Ormai si sta smarrendo la piacevolezza del calore umano.
Guardare una persona negli occhi, ascoltarne la voce, percepirne le emozioni. Cosa c’è di più intenso, coinvolgente ed emozionante?
Diventa sempre più difficile costruire momenti di aggregazione.
Si tende ad assistere passivamente alle situazioni della vita.
Sempre meno propositivi e sempre meno protagonisti nella vita.
Per me non c’è nulla di peggio. È la morte dell’anima.
Ormai ci si nasconde dietro l’alibi del covid. Ecco la vera causa.
Questo refrain è ormai sulla bocca di tutti. Fa comodo.
In realtà stiamo cambiando noi e non si cerchino scuse.
Stiamo diventando più egoisti, più indifferenti, persino più cinici.
Questa disgregazione sociale può solo seminare vittime.
Come contrastarla?
Inutile dire, che questa disgregazione sociale non nasce dal nulla.
È il frutto di quella egemonia culturale liberista, che strazia il mondo.
I pochi sempre più ricchi e i poveri che aumentano esponenzialmente.
I social, sono uno strumento di distrazione di massa efficacissimo.
Potrei parlarvi, dell’importanza che tornino in campo idee forti.
Idee che possano dare delle indicazioni utili per noi tutti.
Idee e valori che siano punti di riferimento per ridefinire un percorso.
Riferimenti indispensabili, per reinterpretare l’attuale realtà.
Ma è indispensabile e correlato, che torni in campo il conflitto.
Dove prevalgono ingiustizie e soprusi, il conflitto diventa sacrosanto.
Senza conflitto, sono i più potenti ad imporsi senza remore sui deboli.
Oggi in Italia il conflitto sarebbe rigenerante. In campo nuove speranze.
Oggi in Italia, parlare di lotte, scioperi seri, ribellioni è quasi un tabù.
E vorrei dirlo innanzitutto alle organizzazioni sindacali.
Non è loro prerogativa difendere gli interessi di lavoratori e pensionati?
E schierarsi a difesa di un welfare sempre più calpestato?
Abbiamo oltre 6,5 milioni di lavoratori senza contratto rinnovato.
Aumenta la precarietà e lo sfruttamento. A quando il salario minimo?
Abbiamo salari inadeguati, rispetto all’aumento del costo della vita.
Se ti ammali ed hai i soldi, puoi vivere ancora, altrimenti… auguri.
I sindacati minacciano sfracelli solo a parole. La politica è assente.
Molto altro si potrebbe dire e proporre, ma basterebbe voler iniziare.
Iniziamo dall’acquisire questa consapevolezza.
Nel frattempo, sforziamoci nel voler restare umani…
Foto di Marek Piwnicki