Care compagne e cari compagni
sarò breve… stando all’articolo allegato il M5S è un bell’esempio di coerenza programmatica.
Ciao
Andrea
Il caso.
Con il direttorio sono diventati un partito
La Rete decide sempre meno, il centro sconfessa i meet up. Metamorfosi di un fenomeno politico
Dal divieto di andare in tv allo slogan “uno vale uno” i 10 comandamenti traditi del guru a cinque stelle
Il membro del direttorio e vicepresidente della Camera rompe gli indugi dopo essere stato più volte lambito dall’investitura di Grillo e dello scomparso Casaleggio. “Nel 2017 si voterà perché il governo è al centro di uno scandalo enorme e ha un sottosegretario indagato due giorni fa. Pronto alla responsabilità”
di TOMMASO CIRIACO
ROMA – “Sono pronto ad assumermi la responsabilità di fare il candidato premier del Movimento, se gli iscritti mi voteranno”. Ecco il balzo in avanti di Luigi Di Maio, di fronte alle telecamere del Tg1. Una mossa che brucia la tabella di marcia prevista solo alcune settimane fa e che va inquadrata nel tentativo di mettere ordine in un mondo sotto choc dopo la morte di Gianroberto Casaleggio. Il vuoto di potere, in una struttura tanto gerarchica, rischiava infatti di danneggiare il Movimento alla vigilia di elezioni amministrative così importanti. Da qui l’inevitabile accelerazione del vicepresidente della Camera, che ha però anche l’effetto di aprire le ostilità per la conquista della leadership dei cinquestelle, in vista delle prossime elezioni politiche.
Che nulla sarebbe stato più come prima lo si era capito fin dagli istanti successivi alla scomparsa del guru. Troppo importante la figura del Fondatore per pensare di sostituirla con un maggior coinvolgimento del figlio Davide. Tutti gli ordini discendevano dalla Casaleggio associati, cioè da Gianroberto, e anche il ruolo di Di Maio usciva indebolito dalla prematura scomparsa del leader sessantunenne. La prima reazione è dunque quella di serrare i ranghi, mostrando plasticamente i due giovani rampanti del direttorio – Di Maio e Alessandro Di Battista – come nuovi diarchi della galassia grillina. Ma non basta.
L’ascesa del “reggente” campano ha bisogno di essere istituzionalizzata, per rasserenare il Movimento e metterlo al riparo dalle fronde interne. In particolare da quella degli ortodossi, poco inclini alla “normalizzazione” portata avanti proprio dal vicepresidente di Montecitorio. Né sfugge agli osservatori la scelta di Roberto Fico, altro influente esponente del direttorio e amico personale di Beppe Grillo, di tenersi più defilato rispetto ai due celebri colleghi. Ecco allora l’annuncio di Di Maio, pubblico e immortalato dalle telecamere Rai: “Probabilmente le elezioni politiche saranno nel 2017, e ci saranno quindi le votazioni per decidere il candidato leader: se si dovesse decidere che sono io, sono pronto a prendermi la responsabilità”. A poco vale, allora, il ragionamento successivo: “Per adesso il mio ruolo è quello di deputato M5s e vicepresidente della Camera, niente di più e niente di meno”. La sfida per la conquista della leadership è ormai partita. E nulla sarà più come prima.
14 aprile 2016