(di Assad su quelle della Siria – del Corriere su quelle dell’informazione)
A cura di Raffaele Simonetti
Il 3 giugno scorso si sono tenute in Siria le elezioni presidenziali e i risultati hanno iniziato ad apparire la mattina del 5; alle 9:00 sul sito della BBC, alle 09:46 su quello di ANSAmed con Siria: plebiscito annunciato, Assad vince con l’88%.
L’edizione del 4 giugno del Corriere, preparata quindi a spoglio ancora in corso, aveva in prima pagina questa immagine in cui alla foto di un palazzo ridotto in macerie viene accostata quella del presidente Assad che infila la scheda nell’urna con a fianco la moglie Asma sorridente.
All’interno un articolo dell’inviata a Damasco Viviana Mazza dal perentorio titolo: Il voto della Siria in guerra. «Una farsa» e il seguito dell’articolo in prima di Franco Venturini: In quel Calvario il declino morale dell’Occidente.
Il messaggio della prima
Il messaggio sottinteso alla foto messa in prima è chiaro: invece di preoccuparsi del suo paese martoriato (Venturini evoca il Calvario) Assad va a votare come se niente fosse. Per i lettori che non ci arrivassero subito viene in soccorso la titolazione: Il voto tra le macerie, il trionfo-farsa di Assad.
Insomma, Assad un po’ come Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena passata alla storia per la frase, probabilmente mai pronunciata, “Se non hanno più pane, che mangino brioche!”.
Più livelli di comunicazione
Se, passando oltre il messaggio affidato alle immagini, si va alla pagina 12 interamente occupata dagli articoli menzionati e da una sintesi delle vicende siriane, non si può fare a meno di notare alcune stranezze.
L’articolo dell’inviata – che ha nel titolo il virgolettato «Una farsa» – ha questo passaggio: Scene da un’elezione che i critici hanno definito una farsa. e più avanti quest’altro: Invece, Maher Mounnes, giornalista radiofonico di 26 anni, che a Barzeh abitava ma nonostante la riconciliazione non può tornarci («Verrei ucciso perché sono sciita»), racconta di non aver votato: «E’ un’elezione falsa».
Probabilmente non si può pretendere molto di più da un pezzo scritto a votazioni ancora in corso e fatto con qualche notazione su episodi, qualche dichiarazione e nessun dato; resta però il dubbio in chi legge se virgolettare la parola farsa (attribuita a generici critici e che appariva anche nella titolazione della foto in prima) anzichè la parola falsa uscita di bocca a Maher Mounnes sia una licenza del titolista o un refuso.
L’unico catenaccio dell’articolo è: Bashar al Assad e la moglie Asma hanno votato nel seggio vicino al Palazzo Presidenziale della capitale – ci si potrebbe chiedere se è questa l’informazione più interessante che arriva da Damasco.
Quanto all’articolo di Venturini (leggerlo Venturini_In_quel_Calvario_il_declino_morale_dell’Occidente-20140604) la stranezza è l’incipit – il resto è semplicemente allarmante:
La guerra civile in Siria dura da tre anni e con la discesa in campo dei jihadisti non si sa più chi siano i buoni e chi i cattivi.
Queste le principali principali considerazione che potrebbe fare un qualsiasi lettore ancora in grado di fare due più due:
- Come è possibile che dopo tre anni ci sia ancora incertezza su chi siano i buoni e chi i cattivi?
- Se la presenza di jihadisti, abitualmente sinonimo di “cattivi” nella stampa occidentale, anziché fare luce dà luogo a «incertezza» vuol dire che anche tra i jihadisti (come per il colesterolo) occorre distinguere tra quello cattivo e quello buono?
- Ma, soprattutto, come mai nonostante l’incertezza sulla classificazione dei jihadisti, riguardo a cosa fare Venturini ha invece saldissime certezze e anzi sembra che stia dando le direttive a tutti: Obama, l’Occidente, l’Onu?
- Giudichi chi legge se è esagerato definire allarmante questo articolo dopo aver letto cosa propone, anche se abbondantente farcito di ipocrisia, verso la conlusione:
Non è immaginabile, beninteso, un intervento militare in Siria che infiammerebbe tutta la regione. Ma credo che le opinioni pubbliche occidentali capirebbero, ancora oggi, misure più efficaci delle gesticolazioni che abbiamo visto fin qui. Una no-fly zone opportunamente circoscritta (non come quella applicata alla Libia) e abbinata alla creazione di corridoi umanitari, per dirne una.
Franco Venturini è una firma del Corriere e la sua scheda ricorda che “E’ stato insignito della Legion d’Onore ed è Grande Ufficiale al merito della Repubblica”.
Vedendo come tratta della Siria, storica zona d’influenza della Francia, la Legion d’Onore è stata indubbiamente conferita a ragion veduta.
Franco Venturini
Ce lo chiede… l’Europa? – Macché, il Financial Times !
La linea interventista e guerrafondaia, ovviamente di matrice atlantica, del Corriere non è una novità.
La si ritrovava, ad esempio, in questo articolo di Lorenzo Cremonesi, già corrispondente da tanti fronti guerra (“embedded” in Iraq), del 16 maggio scorso: Le dimissioni dell’inviato Onu in Siria una vittoria del regime di Assad che ha questo passaggio:
Questo è stato l’atteggiamento dell’Italia negli ultimi tempi. Come notava un editoriale del Financial Times a fine aprile, il rischio è che ora Assad cerchi di «rilanciare vergognosamente la legittimità del suo potere», quando è stata proprio la repressione voluta dal suo regime sin dai primi giorni delle rivolte (allora largamente pacifiche) la causa maggiore del disastro.
La novità è rappresentata dal fatto che oramai al mantra “Ce lo chiede l’Europa” i lettori del Corriere possono tranquillamente aggiungere quest’altro: “Ce lo chiede il Financial Times”.
Il giorno dopo però …
D’accordo, il Corriere ha voluto “coprire” l’elezione presidenziale in Siria dandole un particolare risalto pur non disponendo di alcun nuovo dato – nessuna meraviglia, lo si fa abitualmente per catturare i lettori.
Il giorno dopo però ci si aspetterebbe di trovare qualcosina di più; specie se si tiene presente che Repubblica del 5 giugno ha pagina 20, nella metà inferiore della colonna di destra, titola, accompagnando con una piccola foto di Assad: Assad, “trionfo” tra le macerie Vince con l’88%.
E invece il Corriere del 5 giugno non ha nulla sulla Siria.
Nelle pagine 16 e 17, dedicate agli Esteri si trovano questi articoli:
‘1989 le fiaccole di Hong Kong e l’amnesia collettiva di Pechino’ di Guido Santevecchi
‘Libia, la sfida quotidiana al caos dei tanti imprenditori italiani’ di Lorenzo Cremonesi
‘Arriva la petizione scaccia-deputati (disonesti)’ di Fabio Cavalera
(avviene in Gran Bretagna; l’articolo è corredato da una foto con didascalie de “La nuova carrozza della Regina”)
Capite l’idea di fondo? Qualsiasi cosa, pur di non stampare il dato sulla vittoria di Assad.
È il trionfo del Corriere sulle macerie dell’informazione in Italia, a cui via Solferino dà un massiccio apporto.
Notare anche come Repubblica abbia fatto suo e spinto più in là l’accostamento del Corriere (da “voto-macerie” a “trionfo-macerie”).
Perfino la Wikipedia riesce a fare di meglio: la pagina in inglese su queste elezioni presidenziali (Syrian presidential election, 2014 ha un passaggio che traduco:
C’erano osservatori da più di 30 paesi, tra cui Bolivia, Brasile, Cuba, Ecuador, India, Iran, Nicaragua, Russia, Sud Africa e Venezuela. Hanno rilasciato una dichiarazione in cui si afferma che l’elezione è stata “libera, regolare e trasparente”. È stata data ampia eco al fatto che le elezioni non avevano un monitoraggio elettorale indipendente. Il Consiglio di cooperazione del Golfo, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno tutti respinto le elezioni come illegittime.
Vedere anche, su Global Research: Syria Elections International Observers: “Polls Passed in a Democratic and Positive Atmosphere”.
Quello di cui il Corriere non si rende conto …
Quello di cui però il Corriere non si rende conto è che, nonostante gli sforzi per inculcare la propria visione sullo stato delle cose in Siria nella testa dei lettori, quelli tra di loro ancora in grado di fare due più due (se ce ne sono) potrebbero senza molte difficoltà porsi degli interrogativi e intuire una verità ben diversa.
E cioè: ma se dopo tre anni di “guerra civile” (etichetta fuorviante, quella esatta è: “aggressione imperialista” – ricordate le portaerei Nimitz, i 4 cacciatorpedinieri e l’incrociatore Usa in viaggio verso la Siria a fine agosto dell’anno scorso?) e nelle condizioni drammatiche in cui si trova il paese più del 73% va a votare, sfidando minacce e violenze, e si esprime per oltre l’88% a favore di Assad, quanti sono realmente questi “ribelli”? Come fanno a mettere a ferro e fuoco un paese? E, soprattutto, chi c’è dietro di loro?
Un’analisi più ampia e documentata di questo voto e della campagna mediatica occidentale che l’ha accompagnata è in questo articolo di Thierry Meyssan uscito su Voltairenet il 5 giugno: Il popolo siriano ha parlato.
Si sottolinea, tra l’altro, il massiccio voto a favore di Assad dei siriani fuggiti in Libano per sfuggire alle violenze; un dato inspiegabile secondo la narrazione occidentale che dipinge i profughi in fuga dal “regime” di Assad – talmente inspiegabile che i mezzi d’informazione hanno preferito ignorare la notizia.
Lorenzo Cremonesi
Ciononostante Lorenzo Cremonesi sale in cattedra…
Interrogativi del genere non sfiorano l’ “embedded” Lorenzo Cremonesi che insiste nel delegittimare alla radice le elezioni siriane e, trovandosi, anche quelle in Egitto. Il 10 giugno sale in cattedra per dare lezione in: Una democrazia non vive solo di voto Lezione dalle urne in Egitto e Siria. Dopo la citazione iniziale (fatta per impressionare il lettore) di: Rivoluzione Francese, Restaurazione, Congresso di Vienna, «Primavere delle Nazioni» e degenerazioni totalitarie fascista, nazista e comunista, ecc. arriva la sentenza:
Due risultati scontati, ma proprio perciò privi di qualsiasi valenza democratica. Utili ai due dittatori per legittimarsi agli occhi dei loro seguaci, però vuoti della cultura della dialettica del rispetto per la società civile. Non ci sono conferme indipendenti ai tassi di partecipazione e ai dati del voto diffusi dalle due amministrazioni.
Alla faccia degli osservatori di 30 paesi.
Ma i lettori del Corriere della sera si meritano tutto ciò?
Ahimé, forse sì.