Scomparsa oggi a Roma una grande interprete del cinema e del teatro italiano
di Vittorio Bonanni
Un grande interprete, uno dei volti più noti del teatro e del cinema italiano. Stiamo parlando di Mariangela Melato, scomparsa a Roma in una clinica romana, dove era ricoverata a causa di una lunga malattia che l’affliggeva da tempo. Nata a Milano nel 1941 cominciò a studiare da giovanissima pittura all’Accademia di Brera. Per pagarsi i corsi di recitazione di Esperia Sperani disegnava manifesti e lavorava come vetrinista alla Rinascente. Entrò a far parte, non ancora ventenne, della compagnia di Fantasio Piccoli, con il quale esordì in “Binario cieco di Terron”, rappresentato al Teatro Stabile di Bolzano. Si è formata come artista sotto la direzioni di alcuni dei registi più prestigiosi presenti allora sulla scena nazionale ed internazionale. Dario Fo, Luchino Visconti e Luca Ronconi, e anche Pupi Avati, con il quale fece il suo debutto cinematografico nel 1969 con il film “Thomas”, e, due anni dopo, con Nino Manfredi in “Per grazia ricevuta”. Sotto la direzione di Lina Wertmuller ottenne nel 1972 un grande successo con la sua interpretazione di Fiore, l’amante milanese di Giannini, in “Mimì metallurgico ferito nell’onore”. Interpretò ruoli drammatici, dimostrando dunque la propria versatilità, insieme a Gian Maria Volonté in “La classe operaia va in paradiso” (1971) e in “Todo modo” (1976), entrambi di Elio Petri. Anche il grande Mario Monicelli la coinvolse facendole interpretare Mara in “Caro Michele”. Donna dalle mille risorse e dagli infiniti talenti, seppe anche cimentarsi con successo come ballerina in diverse lavori teatrali e cinematografici, come “Alleluja, brava gente”, “Aiutami a sognare” di Avati o in “Domani si balla” di Maurizio Nichetti. Luca Ronconi la diresse nell’“Orlando Furioso”, nell’Orestea di Eschilo e in “Quel che sapeva Maisie“ da Henry James. Sempre a teatro fu Fedra, Medea o Madre Coraggio. Recitò anche con Tognazzi in “Il petomane” di Pasquale Festa Campanile, nel 1983 e poi con Sergio Citti in “Mortacci”. Dopo essersi dedicata soprattutto al teatro durante gli anni ’90, nel 1999 comparve nell’affollato cast di “I panni sporchi” sempre di Monicelli. Volto noto anche al pubblico televisivo, dopo il successo dei primi due episodi del film “Una vita in gioco”, rispettivamente diretti da Franco Giraldi e Giuseppe Bertolucci (1991-1992), compare in “Due volte vent’anni” di Livia Giampalmo, tratto dall’omonimo romanzo di Lidia Ravera. Sempre nel ’99 interpreta la sorella di Enzo Tortora in “Un uomo per bene” di Maurizio Zaccaro e lavora di nuovo con Bertolucci in “L’amore probabilmente” nel 2001. Nel 2007 si era presa una pausa dal teatro impegnato portando in scena “Sola me ne vo’” dove ballava e cantava come una vera show girl. Come Madonna, la cantante rock che l’aveva sfidata sul suo terreno nel remake di “Travolti da un insolito destino”. Negli ultimissi tempi si è rivista in tv in “Rebecca, la prima moglie”, con la regia di Riccardo Milani (2008) e nel ruolo di Filomena Marturano (2010), con Massimo Ranieri, andata in replica Rai nel recente giorno di Capodanno. Tantissime le reazioni di cordoglio e dispiacere per la scomparsa di una donna certo non comune e rimasta nell’immaginario di tanti. Lina Wertmuller si è detta «affranta. Non sapevo che si fosse aggravata. Conoscevo la sua lotta per il tumore ma non che fosse a questo punto senza ritorno. Ora sto andando in clinica per salutarla». Giuliano Pisapia, sindaco della sua città, la ricorda appunto come una grande attrice «che ha esaltato teatro e cinema. Milano, nel tributarle la propria riconoscenza per l’importante attività culturale, nel 1979 le aveva conferito la Medaglia d’Oro di civica benemerenza “per aver impersonato nella passione, nella tenacia e nel duro impegno artistico, ormai noto in tutto il mondo, lo spirito volitivo della sua città”, motivazione oggi ancora più attuale».
Profondamento scosso dalla notizia della sua morte tutto l’ambiente teatrale italiano. Benedetta Buccellato, segretaria dell’ApTI-Associazione per il Teatro Italiano, ricorda come «Mariangela sia stata tra i nostri primissimi soci. In anni in cui non avevamo ancora assaggiato l’amaro della condizione residuale del teatro in Italia. In anni in cui sembrava ancora possibile riaggiustare le cose, magari solo con l’approvazione di una legge, di una nuova norma che regolasse la vita del settore. A nome del Teatro Italiano – ricorda Buccellato – Mariangela aveva testimoniato in piazza del Popolo, nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Prodi. Le parole che aveva pronunciato le avevamo scritte insieme, erano il frutto di un’analisi e di un progetto maturati all’interno della nostra associazione. Erano parole di analisi, di critica, di progetto». Noi vogliamo ricordarla con questa bella frase sul nostro Paese e sulla sinistra di una volta: «Mi piaceva quel Pci perché aveva un progetto di un Paese diverso: ora mi dicono che il massimo dell’aspirazione sia un Paese normale».
in data:11/01/2013
da: http://www.liberazione.it/news-file/I-mille-volti-di-Mariangela-Melato.htm