Attenzione geopolitica italiana strabica e ora ucraino centrica. Il dramma in corso e qualcosa di persino peggio che potrebbe prepararsi. L’impiccione Piero Orteca oggi va a curiosare in Cina. Il “South China Morning Post” spara e Orteca ci racconta. Ma non c’è da stare particolarmente allegri.
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Dall’Ucraina europea al mar cinese-americano
Francamente c’è da restare quantomeno perplessi, di fronte alle più recenti scelte americane in politica estera. Come se non bastasse la piaga aperta e purulenta della guerra ucraina, adesso il Dipartimento di Stato getta altra benzina sul fuoco, nel Mar Cinese meridionale. Ieri, il “South China Morning Post” di Hong Kong ha aperto il giornale con una notizia che ha avuta poca eco sulla stampa occidentale. A Pechino, sono furibondi, perché nella scheda informativa del Ministero Usa, guidato da Antony Blinken, è sparito un preambolo essenziale. Che per i cinesi è, questione di vita o di morte. E cioè è stato cancellato l’impegno “a non sostenere l’indipendenza di Taiwan”. Non solo, ma è stato fatto saltare anche metà del primo paragrafo del comunicato congiunto Usa-Cina, siglato nel 1979. Quel documento recita/recitava testualmente: “Gli Stati Uniti hanno riconosciuto il governo della Repubblica popolare cinese come l’unico governo legale della Cina. Riconoscendo la posizione cinese che c’è una sola Cina e che Taiwan è una parte della Cina”.
Accordi mutilati e autodifesa
Invece, nella nuova versione elaborata dall’Amministrazione Biden, viene solo elogiata Taiwan, come democrazia leader e potenza tecnologica, “partner chiave degli Stati Uniti nell’Indo-Pacifico, condividendo valori simili e profondi legami commerciali ed economici”. Gli americani ammettono di non avere relazioni diplomatiche con l’isola, ma di curare contatti bilaterali e di essere interessati “a mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan”. Oltre a ciò, però, Washington aiuterà l’isola ad avere “una sufficiente capacità di autodifesa”. Espressione ambigua, perché già molti militari americani sono stanziati a Taiwan come “consiglieri”.
Diritto internazionale di comodo?
La presa di posizione Usa, tuttavia, è molto debole, come “copertura”, dal punto di vista del diritto internazionale, giusto in un momento in cui Biden, all’altro capo del mondo (Ucraina) fa appello quotidianamente alle sue regole. E allora? Beh, il Dipartimento di Stato fa sapere che gli Usa si muoveranno in base al “Taiwan Relations Act” (che è una legge solo americana), alle sei “assicurazioni” e ai tre “comunicati congiunti”. Deboluccia come spiegazione, vista la fine che hanno fatto fare al documento più importante. Gli analisti pensano che tutto ciò sia solo un “assaggio” della nuova strategia anti-Cina, elaborata da Blinken. Che avrebbe dovuto essere presentata una settimana fa e la cui esposizione è saltata, causa Covid.
Biden muscolare e non addormentato
Si parla di un piano “muscolare” per un Presidente che in patria sarà pure chiamato “Sleepy” Joe, ma che all’estero, quando si sveglia, ha dimostrato di essere un rissoso attaccabrighe. Tra le altre cose, last but not least, dal documento, riscritto (alla carlona) dal Dipartimento di Stato, è scomparso anche il riferimento all’impossibilità di fare modifiche, senza il consenso reciproco. La risposta di Pechino, come già detto, è stata furibonda. Il portavoce del Ministero degli Esteri, Zhao Lijian, ha detto che “le modifiche apportate dagli americani sono un trucco per svuotare il principio di una sola Cina. La manipolazione politica non avrà successo – ha proseguito – e attirerà il fuoco su se stessa”, Ed Dunne, dell’American Institute, in pratica una sorta di ambasciatore-ombra nell’isola, ha chiarito che l’impegno Usa per Taiwan “è solido come una roccia”. Dal canto suo, la portavoce del governo di Taipei, Josnne Ou, ha misurato le parole, anche se ha sottolineato la necessità di approfondire le relazioni con gli Stati Uniti.
Dialogo tra sordi, e il mondo trema
Ma bisogna anche dire che, nel cambiamento di strategia americano, forse c’entrano le recenti prese di posizione del Ministro degli Esteri cinese. Wang Yi ha dichiarato che “se gli Usa concordano che c’è una sola Cina, allora non possono parlare di invasione di Taiwan”. Insomma, sembra proprio di assistere a un dialogo tra sordi. Chi farà la prima mossa? Sembra che l’abbia già fatta Pechino, Secondo il “Global Times”, versione internazionale del “Quotidiano del Popolo”, a est e a ovest dell’isola si sono materializzate squadre aeree e navali cinesi. Erano composte da portaerei, incrociatori lanciamissili e fregate, per un’esercitazione “contro le forze secessioniste” appoggiate dagli americani e dai giapponesi. Gli Stati Uniti hanno risposto, spedendo nello Stretto di Taiwan il “Port Royal”, un incrociatore della classe “Ticonderoga”. Speriamo bene.
11 Maggio 2022
* giornalista, analista e studioso di politica estera, già visiting researcher dell’Università di Varsavia, borsista al St. Antony’s College di Oxford, ricercatore all’università di Maribor, Slovenia. Notista della Gazzetta del Sud responsabile di Osservatorio Internazionale