L’unica risposta del governo turco alla grave crisi economica che attraversa il Paese, è la svalutazione, ma i prezzi crescono e con loro scontento e povertà. Il presidente ha rimosso l’ennesimo ministro delle Finanze e attacca i social. Sarebbe colpa nostra, se la potenza economica e politica della Turchia risulta sull’orlo del baratro. E forse la stesso autarchico e dispotico potere personale di Erdogan.
La contro economia di Erdogan
Per la maggior parte degli economisti il presidente turco Erdogan sta andando a schiantarsi contro un muro, scrive su Avvenire Marta Ottaviani. «Il suo cerchio magico lo difende. Il diretto interessato ignora entrambe le parti e va dritto per la sua strada, come è abituato a fare in tutto. Il problema è che questa volta il presidente rischia seriamente di giocarsi il consenso di cui gode ancora, scivolando su quello che è sempre stato il suo fiore all’occhiello: la crescita economica».
Comando io, so tutto io
Alla base di questo ‘disastro annunciato’, la sua politica sui tassi di interesse e costo del denaro basso. Più consuma interno ma anche più inflazione. Ora cresce solo l’inflazione che, mangiandosi il valore della Lira e le possibilità d’acquisto, sta facendo crollare l’economia, il valore della Lira, e le condizioni di vita dei suoi cittadini. La lira turca si è svalutata di oltre il 40% sul dollaro in appena un anno. E questo crea problemi enormi per un Paese che si trova ad esportare spesso sotto costo e ad importare a cifre proibitive.
Banca centrale agli ordini
«La Banca centrale, che ha da tempo perso la sua indipendenza, caduta come tutte le altre istituzioni sotto il rigido controllo di Erdogan, ha annunciato che entro fine anno l’inflazione potrebbe toccare il 24%».
Ma lui rovescia la frittata
«Come dico sempre, il tasso di interesse è la causa, l’inflazione è il risultato. Stiamo tagliando i tassi di interesse ora e, se Dio vuole, vedremo tutti che anche l’inflazione diminuirà», ha dichiarato sicuro Erdogan in un’intervista televisiva di qualche giorno fa , facendo rabbrividire gli economisti di mezzo mondo. «E chi lo contraddice, perde il posto. L’ultimo in ordine di tempo è stato due settimane fa il ministro delle Finanze, Lufti Elvan».
Delirio di onnipotenza
Le agenzie di rating declassano il Paese, e la Istanbul Planning Agency, un’agenzia indipendente, ha stimato che a Istanbul, dove risiedono 14 milioni di persone, il costo della vita è aumentato di oltre il 50%. Ma l’unico obiettivo del leader sembra quello di mantenere il consenso, dando il via formale a imprese faraoniche, tipo un canale del Bosforo artificiale tra mediterraneo e Mar Nero. «Secondo l’opposizione, la situazione sarebbe ancora più grave. Il numero uno di Ankara, per tutta risposta, ha deciso di vietare l’ingresso al Tuik, l’Istat turco, a Kemal Kilicdaroglu, leader del Chp, il Partito repubblicano del popolo, che rappresenta la realtà più importante della minoranza in parlamento».
Conti e Strategia della tensione
Fitch ha declassato l’outlook sul Paese. Gli investimenti stranieri diretti, denaro vero, scarseggiano (loro si fidano più degli economiche che di Erdogan). La Banca centrale sta reagendo come può (e come le è permesso fare), nell’ultimo mese è intervenuta tre volte, vendendo riserve in valuta straniera, le poche che la Merkez Bankasi ha come noto ha. Ed ecco che la settimana scorsa, nel sud-est del Paese, l’intelligence ha scoperto dell’esplosivo sotto un’auto della scorta di Erdogan. E per qualche ora, nel Paese, si è parlato solo di quello.
12 Dicembre 2021