di MOWA
«Dire la verità, arrivare insieme alla verità, è compiere azione comunista e rivoluzionaria.»
(Antonio Gramsci Democrazia operaia, L’Ordine Nuovo, 21 giugno 1919)
E’ stata emessa la sentenza che assolve parti importanti delle Istituzioni per aver trattato con Cosa Nostra, per conto dello Stato italiano. Questa sentenza lascerà un pasticciato strascico negativo nelle future sentenze.
Infatti, il fatto che chi rappresenta lo Stato non può essere condannato per aver avuto attivi contatti con i mafiosi modificherà tutte le conquiste civili (pagate, anche, con il sangue di onesti servitori come magistrati, Forze dell’Ordine, ecc.) contro la criminalità organizzata, non solo, quella sentenza – per effetto estensivo – darà un input ai funzionari pubblici che si sentiranno in una botte di ferro qualora accettassero patti sottobanco per dare una via preferenziale ad aziende in “odore” di mafia nelle gare d’appalto e così via.
Una sentenza giudiziaria che pone delle strane differenze tra le parti in campo di un atto delinquenziale non è solo criticabile, crea, anche, un precedente che va oltre perché offende l’intelligenza degli individui che formano una comunità civile venendo meno, in questo modo, i valori costituzionali prima ancora che quelli dei codici.
Non si conoscono ancora le motivazioni complete per le quali si è arrivati a cotanta “stramberia” giuridica ma una cosa è certa, tale sentenza sente il peso della mancanza di un supporto culturale onesto di contrasto come vi era fino agli anni ’90, quando le persone organizzate facevano – in modo serio e ragionato – quadrato mobilitando la società per evitare che certe cose avvenissero. Dimostrazioni pratiche con le sentenze del caso Banco Ambrosiano, della strage alla Stazione di Bologna del 1980, ecc. ne abbiamo. Ora, invece, con la transgenica trasformazione dei partiti della seconda Repubblica, in un coacervo di arrivisti e parvenù del “se stò bene io stanno bene tutti”, slegati dai bisogni generali, cambia tutto e sortisce i suoi effetti, anche, sulle valutazioni giudiziarie. Purtroppo, sicuramente, non saranno le ultime, anzi…
Questa sentenza ricorda molto quello che qualcuno sosteneva anni addietro e cioè che la mafia non esiste o che le massonerie (P1, P2…) non agiscono contro gli onesti che vorrebbero, invece, un paese trasparente senza inganni o infingimenti, perché così non è mai stato e che gli oppressi dovettero organizzarsi in un partito (quello comunista – P.C.I. da Gramsci a Berlinguer) per respingere un modello di società non consono al loro sviluppo culturale, economico, civile…
Si ripensi all’errore – e si corregga quanto prima – di aver dato credito al canto delle sirene di chi illudeva a parole che la seconda Repubblica fatta a suon di maggioritario avrebbe sconfitto le magagne della prima, ora gli abbandoni delle urne sono del 50% e ancor di più per il disinteresse generale, inoltre l’aver consentito siffatta trasformazione ha visto aumentare le truffe contro gli ultimi e una maggior presenza di mafie di ogni sorta nei gangli del potere statale con la perfetta conclusione – direbbero i giallisti – di ritrovarsi una tale sentenza.
Non viene in mente a nessuno che non è più tempo di fare solo opinione e che bisogna, invece, organizzarsi in strutture stabili, unite (e diventare finalmente “maggiorenni” per la consapevolezza) e che solo se ci si mette in gioco si può diventare “grandi” e respingere gli attacchi della massoborghesia al mondo del lavoro, alle conquiste civili, economiche, valoriali, culturali e giudiziarie?
Nessuno si è accorto che tutti hanno una loro rappresentanza della loro classe sociale (Confindustria, Confartigianato…) tranne i lavoratori come, invece, c’era sino alla metà degli anni ’80 con il P.C.I. e che ora vengono espresse solo politiche di esortazione a reprimere gli operai o far sparire nelle bolle finanziarie intere filiere produttive? Forse, è il caso di riprendersi, finalmente, quello spazio rubato.
Foto di qimono