Bologna, Palazzo Marescotti in via Barberia 4, già dire solo questo per migliaia di uomini e donne significa far riaffiorare alla memoria ricordi di lotte e profonde emozioni perché questo luogo fu sede della federazione bolognese del Pci e nel suo sottotetto della redazione de l’Unità.
Oggi non c’è più il Pci, non c’è più l’Unità.
Ma da ieri e fino al 30 luglio nelle sue stanze riemergono quelle emozioni attraverso la mostra “Le donne e gli uomini de l’Unità” fotografie di Rodrigo Pais, realizzata dall’istituto Gramsci Emilia-Romagna dalla Biblioteca Universitaria di Bologna e dal Dams con il patrocinio della Regione.
Rodrigo Pais nella sua lunga carriera costruì un archivio fotografico di quasi 400.000 negativi che vanno dagli anni cinquanta fino alla fine degli anni novanta.
L’archivio fu donato da Rodrigo prima della sua morte (2007) alla Biblioteca Universitaria di Bologna curata dal professor Guido Gambetta.
Pais nasce fotoreporter con il settimanale Vie Nuove collabora con Paese Sera, con Giorgio Sartarelli fonda l’agenzia Pais-Sartarelli che fino al 1972 sarà una delle più note ed apprezzate. Ma lavorerà sempre per e con l’Unità che definiva “il suo grande amore”.
Il suo lavoro pieno di umanità ci ha lasciato il racconto di mezzo secolo della storia del nostro Paese, dalla condizione dei contadini del basso Lazio alla dura vita nelle periferie romane, dalle grandi manifestazioni politiche e sindacali a l’Italia del boom economico. Ma il suo obiettivo si è anche soffermato dietro le quinte del giornale che amava: l’Unità.
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Tutti ricordano le grandi diffusioni del giornale, il porta a porta la domenica mattina, le edizioni straordinarie (a Roma le sezioni del Pci andavano a prendere il giornale direttamente alla distribuzione per diffonderle); tutti ricordano i direttori: Reichlin, Macaluso, Tortorella… solo per fare qualche nome. Ma pochi sanno chi realizzava praticamente quel prodotto.
In questa mostra ci sono i suoi scatti realizzati nella redazione nazionale in via dei Taurini, nel quartiere San Lorenzo di Roma: è uno spaccato del lavoro di donne e uomini che contribuirono a fare grande quel giornale, fotogrammi di un lavoro che è cambiato e che i giovani non sanno che sia esistito.
Telescriventisti alle tastiere (il fax non esisteva), dimafonisti al telefono per raccogliere lo scritto degli inviati, le lastre di piombo e i correttori di bozze, i grafici con il tipometro di metallo per calcolare in punti tipografici titoli e testi, gli archivisti e i redattori con giacca e cravatta e poi lei: la rotativa.
Alle nove di sera si poteva rimettere l’orologio, iniziava a tremare il pavimento era il segno dell’avvenuta messa in funzione della grande macchina cecoslovacca.
Ed ecco a voi i flani, il montaggio e la stampa.
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Dietro questo lavoro decine e decine di compagni e compagne… sì, compagni, perché quello che ci univa era un unico sentire che ci faceva superare la fatica e i momenti critici, che ci faceva gioire ed emozionare davanti ai successi.
Molti di questi volti Rodrigo li ha immortalati durante il loro lavoro quotidiano cogliendone gli aspetti veri, non c’è frenesia né agitazione, ma un lavoro di gruppo serio ed attento.
Serio ed attento come lo era Rodrigo a cui noi tutti volevamo bene, un gran lavoratore che non si risparmiava, ma il risultato del suo lavoro non era né sciatto né banale.
Poteva fotografare gli interventi ai congressi del Pci o la manifestazione sindacale o un fatto di cronaca ma eri sicuro che ti portava qualcosa di suo, uno scatto unico.
Valentina Pais racconta che a chi gli chiedeva “C’è qualcosa che non rifarebbe?” sorridendo rispondeva “ C’è qualcosa che rifarei, di sicuro. Il fotoreporter, il mestiere più bello che esista”.
22 Giugno 2021