di MOWA
«Dicevo: la pistola batte la spada, indi pure l’assiomatico più puerile capirà che la violenza non è solo un atto di volontà, ma esige condizioni reali per attuarsi, specie arnesi, di cui il più perfetto batte il meno perfetto; e che devono esser prodotti. Ciò ci dice sia che il produttore di più perfetti strumenti di violenza (cioè armi) batte il produttore di strumenti meno perfetti, sia che, in una parola, la vittoria della violenza poggia sulla produzione di armi, e questa poggia a sua volta sulla produzione in generale, quindi sulla «potenza economica», sull’«ordine economico», sul poter disporre dei mezzi materiali.»
(Antidühring – Il ruolo della violenza nella storia, Friedrich Engels, 1896 )
Le cronache quotidiane ci consegnano episodi, che avvengono nel nostro Paese, che vanno ben al di là della normale convivenza pacifica e sono la fotografia di storie di una brutale violenza che, se non affrontata con il dovuto equilibrio, rischia di far cadere in un vortice negativo senza ritorno.
Infatti, troppo spesso si assistite a violenze verbali di taluni nei confronti di altri che, poi, si traducono, addirittura, in azioni materiali contro quel “dipinto nemico che ostacola il progresso“ tanto da arrivare a uccidere, nel nome di cosa poi? E con che protervia?
Forse sarebbe opportuno che tutto l’apparato istituzionale si interrogasse adeguatamente su quanto abbia fatto nel campo della sicurezza, e, sempre forse, scoprirebbe la mancata capacità (o volontà?) di trovare quella soluzione condivisa anche investendo fondi per l’assunzione e la formazione di personale invece, di lasciare che le cose degenerassero lasciando i cittadini in quel limbo (tra sicurezza e insicurezza) da tifoseria da stadio che non trova sbocchi ideali ma solo aggregati da consenso elettorale; perché la sicurezza, concetto interdisciplinare molto ampio che sarebbe da definire con l’aggettivo sociale, andrebbe a garanzia del trovare soluzioni per le persone con problemi della casa, della salute, del lavoro… sino a quello della tutela del poter girare per le strade della città sapendo di avere, in caso estremo, forze dell’ordine capaci di intervenire – professionalmente – a supporto del vivere civile.
La politica, o meglio gli odierni politici, che sono “ostaggio” di una visione poco comunitaria della vita, lanciano, strumentalmente, strali contro determinate categorie di persone solo perché non vogliono mettere in gioco la pochezza della loro offerta ideale indirizzando i loro referenti elettorali verso una visione nichilistica per la soluzione dei problemi e, forse, questo è diventato motivo di alcuni aderenti politici reazionari per procurarsi armi.
Un sistema sociale non può definirsi civile se spinge alcune persone a “dover” scegliere di comprarsi un’arma e sentirsi, così, legittimato a sopperire alle lacune delle istituzioni. Peggio, ancora, è se chi lo fa è un assessore alla sicurezza che dovrebbe, invece, esigere e prescrivere ordinanze comunali verso un impiego maggiore delle Forze dell’Ordine e non dotarsi di pistola… con l’esito tragico andato sulle cronache dei quotidiani in questi giorni.
Sarebbe una curiosità capire se il rilascio del porto d’armi, fatto a molti, rientri nel dettagliato campionario del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS), ovvero, se ci sia l’effettivo bisogno di portare l’arma corta per difesa personale (in quanto portavalori, lavorante di oggetti preziosi…) e se costoro abbiano rinnovato annualmente la licenza con relativa visita medica per l’idoneità psico-fisica.
Sarebbe, altrettanto, curioso sapere quanti, avendo, nel caso, quel tipo di licenza d’arma corta per difesa personale, abbiano prodotto al Prefetto l’abilitazione al maneggio delle armi rilasciato da una sezione dell’Unione di Tiro a Segno Nazionale e se sono regolarmente iscritti e frequentano le esercitazioni di tiro.
Se le dichiarazioni presentate ai Prefetti non sono mendaci, stando sull’ultimo episodio di Voghera, viene un altro dubbio:
- o gli addetti ai Tiro a Segno Nazionali non sono all’altezza dell’insegnamento, cosa assai (per non dire) improbabile;
- oppure si è voluta raccontare una panzana – partenza accidentale del proiettile – alle Autorità.
Chi conosce le armi corte sa benissimo (salvo che non siano di vecchissima generazione) che sono munite di un sistema di sicurezza di bloccaggio onde evitare, proprio, l’accidentalità di far partire un colpo per una, ad esempio, caduta a terra, o il dito premuto senza volere sul grilletto, mentre per quelle in dotazione alle Forze dell’Ordine (semiautomatiche) esiste, anche, la manovra di scarrellamento per inserire il colpo in canna. Quindi, quale giustificazione a propria discolpa potrà mai addurre colui che ha ucciso una persona come avvenuto recentemente in provincia di Pavia?
Altri elementi, non messi in discussione, dell’episodio vogherese, sono quelli della capacità penetrativa del calibro 22 usato e, altro ancor più preoccupante e devastante, è: se il colpo fosse andato, seguendo la traiettoria, anche, contro altri passanti?
Come non è tollerabile l’uso dell’arma in pieno centro cittadino frequentato da diverse persone da parte degli agenti di polizia, lo stesso, se non in forma maggiore, se fatto da un comune cittadino come in quest’ultimo episodio a Voghera in quanto l’eccesso è sproporzionato alla situazione. La differenza, oltretutto, è che uno è al servizio dello Stato con funzione dedicata e l’altro no!
Foto di iStrfry , Marcus