di MOWA
«Non occorre che tu faccia lo scemo per convincerli che sei scemo… comportati al naturale.» (Groucho Marx)
La comicità, se fatta con intelligenza, può essere (piacevole ed aiutare ad affrontare meglio la vita, inoltre può suggerire riflessione ed autoanalisi, oltre ad agire come….) medicina perché ridere, dicono i medici, agisce sulla condizione di salute di ognuno. E, infatti, ridere aumenterebbe la produzione di ormoni come l’adrenalina e la dopamina, che hanno il compito di liberare endorfine ed encefaline, che sono sostanze positive per il nostro corpo, le endorfine, inoltre, permetterebbero una diminuzione del dolore e il raggiungimento di uno stato di rilassamento e serenità fisica. La risata, quindi, come sosteneva il famoso medico statunitense, padre della clownterapia, Patch Adams, in ”La salute si basa sulla felicità” e confermato dallo studio dell’Università di Loma Linda (California) avrebbe effetti benefici anche sul sistema immunitario.
Il comico, quindi, è un portatore di buon umore e dovrebbe con le sue battute scherzose, come nell’antica Roma dove erano in voga i fescennini (cioè insulti) scambiati in occasione delle festività, contribuire ad allietare le ore della giornata. Il comico con l’umorismo prospetta un fatto compiuto (o da compiere) come un paradosso, un eccesso arbitrario e così via della vita quotidiana. A modo suo, inoltre, può dire le cose più serie di questa terra ma sempre attore comico rimane. E, poi, bisogna distinguere tra comico e comico, come in ogni categoria, ci sono quelli sottilmente cerebrali e quelli con una propensione ad usare un repertorio rozzissimo che sfiora il primitivismo lessico-gestuale che induce a ridere ma non contribuisce a migliorare la vita, anzi, in alcuni casi alimenta una certa misoginia che, poi, ricadrà negativamente sulla società.
E qui, purtroppo, ci si deve soffermare sulla cronaca di questi ultimi giorni, su quanto sta accadendo nel conflitto russo-ucraino e sui protagonisti-responsabili del conflitto perché esistono dei limiti a tutto, specie quando si parla di figure istituzionali pubbliche che hanno il dovere (visto il ruolo che ricoprono) di trovare soluzioni per la propria comunità. Chi assume ruoli rilevanti in ambito politico dovrebbe avere un backgraund tale di serietà onde evitare di passare (o far passare i propri concittadini) per ciarlatano. La questione, sembrerebbe entrarci come il cavolo a merenda, invece, in realtà, è molto seria e nasce da una questione non meramente rigoristica ma di semplice prospettazione e che dovrebbe essere il biglietto da visita che caratterizza un Paese dove il suo presidente non può essere nè un ladro, nè un attore pornografico o uno che suona il pianoforte con il pene come avvenuto, nel 2016, per l’attuale incitatore della “no fly zone” ucraino, che istiga ad aprire le porte alla Terza (ed ultima, visti gli arsenali atomici in ballo stivati nelle varie basi – si guardino, ad esempio, solo, quelle italiane) Guerra Mondiale e che parla – via internet – rivolgendosi a tutte le piazze del Mondo. Forse, quest’attore non ha compreso che non è più una recita a soggetto dove si prospetta l’Oscar per l’interpretazione quella che sta vivendo ma di vita – molto reale – dove occorrerebbe la saggezza e non il narcisismo per formulare piani politici presenti e futuri se si vuole veramente bene al proprio popolo e non incitarlo ad un harakiri riversando le colpe, poi, solo sugli occupanti.
Ha ragione da vendere Tomaso Montanari quando sostiene che continuare sarebbe una carneficina senza senso e – rivolgendosi al mainstream mondiale – continua affermando che il “confronto con la Resistenza italiana contro i nazifascisti tra il 1943 e il 1945 non c’entra nulla in quanto allora c’era una concreta prospettiva di vittoria, non un vano massacro. I partigiani combattevano contro un nemico che si stava ritirando (non avanzando, come oggi in Ucraina) ed erano incalzati dagli Alleati, nel cuore di un conflitto mondiale. Oggi gli Alleati non arriveranno: perché Putin – a differenza di Hitler – l’atomica ce l’ha…”
Si rinnova il concetto che un comico, a modo suo, può dire le cose più serie di questa terra ma sempre attore comico rimane e, poi, esce di scena e non deve insistere nel calcare il palcoscenico anche se, i suoi manager (CIA-NATO), per convenienza economica, gli suggeriscono di rimanere a recitare.