Oggi al processo sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980 – in corso davanti alla Corte di Assise del capoluogo emiliano che vede imputati Paolo Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia (amministratore degli immobili di via Gradoli) – è stato sentito come testimone assistito Paolo Moscucci, amico del terrorista dei Nar Giorgio Vale. Nello specifico si è parlato del covo in via Gradoli 96 a Roma che per il pg sarebbe riconducibile a società immobiliari collegate a determinati soggetti che a loro volta sarebbero legati ai servizi segreti deviati, in particolare al SISDE.
L’appartamento in questione era già stato utilizzato nel 1978 dalle Brigate Rosse per il sequestro di Aldo Moro e successivamente nel 1981 dagli uomini di estrema destra, in particolare da Francesca Mambro e da Giorgio Vale.
Quest’ultimo infatti nell’autunno del 1981 lo aveva affittato da Domenico Catracchia, attualmente imputato per false informazioni ai pubblici ministeri.
La deposizione del teste è stata caratterizzata da una lunga serie di “non ricordo” e “posso solo confermare le mie dichiarazioni”, ossia quelle rilasciate nel 1982.
Inoltre nel corso dell’udienza è emerso che Moscucci è stato indagato nel 2019 per false informazioni ai pubblici ministeri nel corso dell’inchiesta sui mandanti esterni della strage di Bologna – da cui poi è scaturito l’attuale processo in corso – affermando addirittura di non ricordarsi di aver reso le dichiarazioni riportate nei vecchi verbali, relative alla locazione dell’appartamento di via Gradoli. In un secondo momento, però, Moscucci ha ritrattato quei “non ricordo”, confermando le vecchie dichiarazioni e offrendo piena confessione dicendo di aver affittato a suo nome “tramite tale Catracchia un appartamento in via Gradoli per tre mesi nel 1981, pagandolo 140mila lire al mese”. La sua posizione è stata quindi archiviata e nell’udienza di oggi, pur sostenendo di aver “cancellato ogni ricordo di quel periodo”, ha confermato quanto detto in passato.
Oltretutto nell’odierna udienza ha parlato anche il collaboratore di giustizia, ed ex appartenente ai Nar, Walter Sordi, in particolare sui rapporti tra alcuni gruppi dell’estrema destra (gli sessi Nar e Terza Posizione) con la banda della Magliana.
In sostanza Sordi ha rimarcato quello era stato detto già in altri procedimenti, ossia che per un certo periodo i Nar affidarono ai boss della banda della Magliana – Franco Giuseppucci e Danilo Abbruciati – i proventi di alcune rapine al fine di farglieli riciclare in attività illecite. “Giuseppucci e Abbruciati li ho conosciuti principalmente grazie a Massimo Carminati, siamo andati anche a cena fuori, e tramite i fratelli Claudio e Stefano Bracci. Frequentavamo tutti il Bar Barone. I soldi che facevamo con le rapine venivano dati a Claudio Bracci (ex Nar) che poi li dava alla Banda della Magliana per riciclarli in attività illecite come l’usura”. Gli utili che venivano poi restituiti dalla Banda “a parte la percentuale che tenevano, venivano usati per la latitanza e per comprare le armi”, ha sottolineato ancora Sordi, che a proposito di Fioravanti ha confermato quanto già disse nel 1982: “Erano noti i rapporti tra Fioravanti e Gelli, me ne parlarono anche Nistri e Cavallini”, mentre non gli avrebbe mai parlato di Paolo Bellini.
Nell’udienza di mercoledì prossimo si continuerà a parlare del covo di via Gradoli e sull’argomento è prevista la testimonianza dell’ex Br Adriana Faranda.
18 Giugno 2021