di: Andrea Cinquegrani
Tempesta in Campidoglio per il progetto dello stadio della Roma a Tor di Valle.
Ai domiciliari il presidente del Consiglio comunale capitolino, Marcello De Vito, grillino della prima ora e adesso cacciato in tronco dal capo pentastellato e ministro del Lavoro Luigi Di Maio.
Pesantissimi i capi di imputazione: corruzione per aver favorito il gruppo dei mattonari romani Parnasi; con condimento di fatture false, consulenze fittizie, di tutto e di più per gonfiare le cifre, dar disco verde ai faraonici progetti per massacrare l’ambiente e ossigenare le casse in difficoltà di Eurnova & C., fottendosene dell’interesse pubblico e delle questioni – oggi tanto in voga – del territorio e dell’ambiente.
LA PRIMA INCHIESTA DELLA VOCE
La Voce ne ha scritto per prima, un lunghissimo reportage del 4 gennaio 2017, quando in pole position balzava proprio la figura – non certo da statista – del presidente del consiglio comunale De Vito, molto legato alla nemica storica del sindaco Virginia Raggi, ossia Roberta Lombardi.
Della story e delle congiure all’interno dell’arcipelago pentastellato avevo avuto modo di parlare, a Natale 2016, con un grande amico della Voce, la più autorevole firma, a nostro parere, del vero giornalismo di investigativo, di controinformazione, al quale, appunto, la Voce si è sempre ispirata: Oliviero Beha. Ci incontrammo il 27 dicembre 2016 a Roma, l’occasione per vedersi dopo un anno, ma tante telefonate nell’arco di quei mesi. Non stava bene, aveva una brutta influenza, arrivò al bar intabarrato nel suo loden, sciarpa al collo, pallido. L’ultima volta che ci siamo visti.
Parlammo di sport, di doping, del caso di Alex Schwazer, anche di calcio e dello stadio a Tor di Valle.
Dopo qualche giorno venni a sapere che proprio per il fine anno (2016) in Campidoglio si era svolto un summit tra i plenipotenziari del Comune (il sindaco Raggi, il vice De Vito, l’assessore all’urbanistica Paolo Berdini, un fedelissimo della prima cittadina, Daniele Frongia); in loro compagnia il direttore generale della Roma calcio Marco Baldissoni, il mattonaro Luca Parnasi e il rappresentante di un Fondo immobiliare, quelli che sono diventati di moda per condurre tutte le operazioni che si rispettino.
SUMMIT & FONDI
Sul nome del Fondo sono spuntati i primi interrogativi: certo aveva a che fare con il re del settore, Massimo Caputi, primo presidente di Sviluppo Italia (poi diventata Invitalia), pomiciniano della prima ora, quindi passato ai super Fondi, in sella a Fimit, poi Idea Fimit, quindi Prelios e Feidos. Un primatista assoluto nel ricco settore.
A quel summit in Campidoglio, per sottoscrivere un apposito “memorandum” d’intesa, si doveva anche tenere a battesimo un Fondo ah hoc per l’operazione Tor di Valle. I giochi, a questo punto, erano fatti, rien ve va plus. E siamo al 30 dicembre 2016.
La Voce scrive la sua cover story, un’inchiesta superletta, visto che nelle sole prime tre ore otteniamo oltre 5 mila visualizzazioni. La trovate in basso, cliccando su link relativo al 4 gennaio.
Qual era la sostanza base, il nodo intorno a cui ruotava tutto il reportage? La guerra senza quartiere che si era scatenata in Campidoglio e sulla quale si cercava di piazzare pezze a colori per non farne trapelare i possibili, dirompenti effetti.
Protagonisti della querelle la stessa Raggi e il suo grande nemico, Marcello De Vito, sconfitte alle precedenti primarie pentastellate per la corsa alla sindacatura. A sua a volta amico, De Vito, di un’altra nemica della Raggi, vale a dire Roberta Lombardi. Storie di lunghi coltelli.
Una Raggi dunque accerchiata – è lo scenario che emergeva – e la bollente materia del contendere era proprio lo stadio. Osteggiato dalla Raggi, tanto che aveva scelto come assessore all’Urbanistica il noto urbanista Paolo Berdini, storico nemico del progetto a Tor di Valle. Progetto invece caldeggiato dal presidente del consiglio capitolino De Vito: oggi si capisce il perché, ma lo si poteva capire anche quasi due anni e mezzo fa.
IL TANDEM VINCENTE
In quella inchiesta, soprattutto, puntavamo i riflettori su un “tandem vincente”: quello costituto dallo stesso De Vito e dal suo grande amico e portavoce, Stefano Zaghis.
Chi era Zaghis? L’uomo dei misteri, il verso asso nella manica per far passare la “pratica” Tor di Valle. Il cavallo di Troia molto utile per dar disco verde al progetto di altri amici comuni, i mattonari Parnasi, che avevano puntato tutte le loro chance di ripresa finanziaria su Tor di Valle. Un perfetto trait d’union, Zaghis, tra il potere politico (De Vito), quello economico (i Parnasi) e quello finanziario (Massimo Caputi).
Sì, perché tutto il curriculum di Zaghis si svolge sotto l’ala protettiva dello stesso Caputi, in tutte le sigle che l’amico di ‘O Ministro’ Paolo Cirino Pomicino ha messo in campo. Basta scorrere in rapida carrellata le svariate società tenute a battesimo da Caputi e poi animate in compagnia del caro Zaghis: Mita Resort, Animus srl, Idea Fimit Sgr, R&G Alternative Investments Sgr spa. E poi un altro fondo, “Senior”, costituito esattamente dieci anni fa, nel 2009, operante in Sardegna e quindi gemellato con le operazioni in precedenza messe in campo tramite Fort Village, dove Caputi è il protagonista in compagnia dell’ex numero uno di Confindustria Emma Marcegaglia.
Tutto grasso che cola per Caputi e il fido Zaghis.
Il giallo Tor di Valle si è poi snodato nell’arco di quasi due anni e mezzo, fino all’arresto di oggi.
Attraverso gli atti di una autentica sceneggiata.
I progetti iniziali partoriti dalla giunta Marino, infatti, erano stati ferocemente contestati dalle associazioni ambientaliste e soprattutto dagli stessi grillini prima di salire in Campidoglio.
Poi man mano i vertici cambiano rotta. Fino a quando, appunto, la stessa Raggi firma il memorandum d’intesa.
LE “LIMATINE” AL CEMENTO SELVAGGIO
Ma nei mesi seguenti segue una vera e propria escalation. Perché viene attuata la “limatina” alle cubature.
Che vuol dire? La contestazione principale era quella di aver creato una vera e propria città nella città, una montagna di cubature che stravolgevano letteralmente il piano regolatore, fottendosene del territorio e dando vita a una serie di mostri come, per fare un solo esempio, il gigantesco quartier generale di Unicredit, la banca di riferimento di tutta l’operazione, essendo la super creditrice (oltre 900 milioni) della Eurnova del gruppo Parnasi, più che mai interessata al progetto.
Cosa fa la giunta Raggi? Dà, appunto, una “limatina” a quel cemento selvaggio, ma al tempo stesso riduce di una percentuale ancor maggiore le infrastrutture previste, essenziali per garantire i collegamenti e i trasporti con quell’area altrimenti irraggiungibile.
Nel frattempo, va rammentato, a metà 2017 l’unico baluardo alle maxi speculazioni, l’assessore Berdini, viene cacciato a calci in culo dal Campidoglio. Quindi disco verde per tutte le acrobazie possibili.
Si passa da una conferenza di servizi all’altra, in un incredibile palleggiamento tra Comune e Regione, mentre la Sovrintendenza ai beni ambientali resta praticamente zitta: quando l’area di Tor di Valle è sotto precisi vincoli e, soprattutto, geologicamente del tutto inadatta per poter ospitare un progetto di quella stratosferica cubatura.
Ma chissenefrega. Per i Parnasi questo e altro.
Come ha dimostrato l’inchiesta avviata dalla procura di Roma. Dalla quale sono poi scaturiti i pesanti provvedimenti giudiziari a carico di Luca Parnasi e di tutta la fauna di politici e faccendieri germogliata rigogliosa intorno all’affare.
Sorge spontanea la domanda: ma se i legami tra De Vito e il gruppo Parnasi erano stranoti fin da dicembre 2016, perché si è dovuto aspettare fino ad oggi per questi provvedimenti?
Come mai la magistratura arriva sempre con abissali ritardi?
Perché le nebbie sono sempre fitte intorno a quel famigerato porto, come dimostra la tragedia di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, massacrati 25 anni fa a Mogadiscio e senza lo straccio di una giustizia?
20 Marzo 2019
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1 Comment
Dal sito La Voce delle Voci del
21 Marzo 2019 di: Andrea Cinquegrani
Alle ore 9 e 44 del 21 marzo riceviamo e subito pubblichiamo una “richiesta immediata” di rettifica in merito all’articolo su Marcello De Vito & C, da noi pubblicato alle ore 19 e 15 del 20 marzo. Ecco il testo firmato da Stefano Zaghis.
Gentile Direttore, mi hanno segnalato un vostro Articoli che mi riguarda dove vengono riportate notizie FALSE sul mio conto, come già due anni fa quando il mio legale AVV. Marco Tavernese, vi contatto’ per chiederne la rimozione. Rimozione che avete provveduto a fare. Infatti il mio rapporto con Idea Fiimit SGR SPA è stato risolto nel luglio 2012 e il Fondo che gestivo (Fondo Senior) investiva in Case di Riposo per Anziani e Social Housing; inoltre io ho lasciato il M5S nell’ottobre 2013, e mi sono disiscritto dal loro Blog.
La invito a rimuovere tutta la parte che mi riguarda immediatamente entro le ore10:00 e di mandare conferma scritta a me e al mio avvocato, oltre all’articolo pubblicato in modo corretto. In caso contrario, ho già dato mandato allo stesso avvocatodi provvedere a querelarla e richiedere i danni alla sua Onlus.
Rimango in attesa di una sua immediata risposta.
LA RISPOSTA de La Voce delle Voci:
Precisiamo quanto segue. Non sono mai stato contattato due anni fa né via telefonica né via mail dall’avvocato Tavernese.
Gli articoli richiamati del 4 gennaio 2017, del 18 gennaio 2017 e del 27 agosto 2017, contenenti quelle notizie oggi contestate, non sono MAI stati rimossi dal sito, tanto che si possono tranquillamente leggere e li ho riportati in link.
Per il resto si tratta di aggiornamenti temporali – dei quali siamo grati – che in nulla mutano la sostanza dell’articolo.
Per massima completezza dell’informazione riproduciamo la richiesta di rettifica e la risposta della Voce anche in calce all’inchiesta contestata da Zaghis.