APPELLO DI MONDO IN CAMMINO
Il recente incendio sviluppatosi alla fine di aprile nella zone di esclusione di Chernobyl in Ucraina, impone la necessità di lanciare un appello urgente per la sua messa in sicurezza.
L’incendio ha incominciato a svilupparsi il 26 aprile (giorno, per ironia della sorte, dell’anniversario dell’incidente nucleare) e non il 28 come annunciato ufficialmente dalle autorità ucraine; è stato estinto il 2 maggio in mattinata ed ha riguardato un’estensione di 113 km2 e non solo di 4 km2 (28 volte di meno) come dichiarato dal primo ministro ucraino.
L’incendio ha sollevato in aria radionuclidi che si sono diffusi nei paesi vicini, in particolare in Bielorussia (in cui il pennacchio radioattivo è penetrato, in maniera composita, per oltre 60 km nella provincia di Narovlja in direzione di Mozyr) e Russia (interessando dapprima, per ragioni di contiguità, la provincia di Novozybkov della regione di Bryansk).
E’ difficile stabilire e prevedere la diffusione globale, ma una ricerca del Norvegian Institut for Air Research ha dimostrato che incendi di tale portata (come quelli avvenuti nel 2001, 2008, 2010) hanno mobilizzato dal 2 all’8% del Cesio137 liberato dall’incidente del 1986 e che le nuvole generatesi si sono spinte, al Nord, fino alla Scandinavia e, al Sud, fino alla Turchia.
A proposito della inevitabile diffusione degli aerosol radioattivi dell’ incendio, l’IRSN (Istituto di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare) ha dichiarato che c’è da aspettarsi un aumento di 3 volte della radioattività in Francia, a partire dalle 2 settimane successive all’evento.
In ogni caso, tutti gli incendi, che si sviluppano nella zona di esclusione, sollevano radionuclidi, la cui successiva diffusione e deposito al terreno dipendono dalla vastità dell’incendio stesso, dalla porzione di area interessata (su 260.000 ettari, il 65-70% è rappresentato da foreste), dallo sviluppo in altezza e dagli eventi atmosferici (velocità del vento, precipitazioni).
Questo assunto rende scandaloso il fatto che non sia stata lanciata un’allerta alla popolazione presumibilmente coinvolta, tramite consigli riguardanti facili comportamenti quotidiani, raccomandazioni alimentari, elementari azioni per contrastare o antagonizzare i radionuclidi. Questa minimizzazione dei rischi ha risposto alla necessità, da parte delle autorità, di fermare sul nascere possibili azioni di richiesta di risarcimento/indennizzo o compensazioni (come era già successo all’epoca dell’incidente, quando Kiev non era stata, appositamente, inclusa nell’area di interdizione) e, soprattutto, considerando che l’Ucraina si trova in una situazione di “economia di guerra”; contribuisce a facilitare le politiche di sostegno all’energia nucleare da parte della lobby atomica sulla base della legge truffa WHA 12-40 stipulata il 28 maggio 1959 fra AIEA e OMS; mette il silenziatore (come nel caso della Bielorussia dove le autorità hanno taciuto alla popolazione il fallout generatosi nelle province del Sud) a parole come radiazione, radionuclidi, fondo radioattivo per procedere senza problemi alla costruzione di nuove centrali (come, appunto, quella di Ostrovets in Bielorussia).
Preoccupante, inoltre, la pretesa e l’indirizzo “scientifico” (che si sposa con quello”istituzionale”) di fare passare come assoluti e incontestabili gli indici “di norma” della radioattività presente nell’aria: essi si rifanno soprattutto alla presenza del Cesio137 e quindi ad un fondo gamma.
In primo luogo indici “secondo norma” non escludono la presenza di contaminazione radioattiva (semplicemente è “a norma”). In secondo luogo la valutazione come gamma fondo non tiene conto della presenza di radionuclidi molto nocivi, come il plutonio e lo stronzio, che si rifanno ad un fondo alfa e beta.
In terzo luogo le stime medie, con gli indici di radiocontaminazione nella normalità, si rifanno al concetto di quanto sia la dose che fa il veleno, mentre non tiene conto dell’ “effetto di prossimità” molto nocivo e tossico che hanno radionuclidi come il plutonio all’interno dell’organismo umano già solo per semplice inalazione, per quanto esso possa essere presente in minima parte nella composizione aerea (che, pertanto, non viene considerata). In quarto luogo le stime medie appiattiscono e celano nella norma picchi di radioattività molto pericolosi senza divulgarli (durante il periodo dell’incendio, il 30 aprile, l’”Institute of Mathematical Machines and Systems Problems of the Ukraine National Academy of Science (IMMSP NASU)” ha rilevato 150Bq/m3 nell’aria di Kiev con proiezioni di aumenti da 10 fino a 100 volte del fondo di radioattività per i successivi 3 giorni. In quinto luogo non si tiene conto dell’effetto “cumulo” causato dalla ricaduta di isotopi radioattivi su terreni già precedentemente contaminati dal fallout di Chernobyl o da altri fallout e che, per via alimentare, vengono incorporati e che in basse dosi – e per effetto cronico – causano patologie e situazioni di immunodeficienza rendendo l’irradiazione interna molto più pericolosa di quella esterna.
Ritornando all’incendio di fine aprile nella zona di esclusione, ciò che preoccupa di più è la possibilità nel futuro, anzi già nel breve termine, dell’insorgenza d incendi disastrosi che possono diffondere radioattività su tutta l’Europa, e non solo.
Eccone i presupposti e le cause:
1. Le ricerche condotte nella zona di esclusione dal professore Timothy Mousseau hanno dimostrato, da una parte, la decomposizione rallentata delle foreste per diminuzione – a causa della radioattività presente – della microflora deputata a questo compito e, quindi, la tendenza a facilitare una maggiore messa in disponibilità di tronchi di albero come combustibile; dall’altra parte, esse hanno dimostrato la proprietà di assorbimento, da parte delle radici degli alberi, del Cesio137 al posto del Potassio per via della similitudine dei due elementi e, di conseguenza, il successivo trasferimento al tronco e alle foglie per poi liberarlo in caso d’incendio (contraddicendo, in tale modo, coloro che sostengono che negli incendi il cesio non può essere mobilizzato perché migrato nei primi strati del terreno). Il risultato delle ricerche di Mousseau, condotte nella zona di esclusione, hanno messo in evidenza la presenza di combustibile aggiuntivo a causa della rallentata decomposizione degli alberi e, contemporaneamente, una buona disponibilità di cesio137 nelle piante e, quindi – in definitiva – le condizioni per un maggiore rischio di insorgenza di incendi
2. La zona di esclusione è ricca di torbiere che, come nel caso dell’ultimo incendio, possono rimanere fumanti per ulteriori 6 mesi diffondendo costantemente e lentamente fumi radioattivi
3. Negli ultimi 22 anni (dal 1973) si sono sviluppati, nella zona di esclusione, 1200 incendi (dati del Centro Monitoraggio Incendi della Regione dell’Europa Orientale – REEFMC)
4. Statisticamente, a causa della stagione secca e calda, il periodo di maggiore comparsa degli incendi va dal 25 luglio al 15 agosto
5. Nella zona di esclusione ucraina esistono solo 6 torri per l’avvistamento di incendi: queste riescono a monitorare solo il 40% del territorio interdetto
6. Solo il 20% del territorio della zona di esclusione è facilmente e subito aggredibile con l’acqua in caso di incendio; il 50% viene raggiunto nel giro di 3-4 ore e più; il 30% non è raggiungibile. (fonte REEFMC)
Oltre a questi dati, per quanto riguarda l’ultimo incendio, Sergey Zibtsev, direttore REEFMC, in una conferenza stampa tenutasi a Kiev il 5 maggio, ha fatto presente che, con i soldi e le risorse utilizzate per spegnere l’incendio, si sarebbero potute installare altre 14 torri, acquistare 15-20 mezzi ed assumere personale specializzato e con esperienza.
Le considerazioni espresse dovrebbero spingere la Comunità Internazionale a non tenere solo in considerazione la ricerca dei finanziamenti per il completamento della copertura del sarcofago della centrale nucleare di Chernobyl, ma – senza indugio e perdita di tempo – a cercare risorse certe per la messa in sicurezza della zona di esclusione tramite il potenziamento di un corpo forestale adeguatamente attrezzato e istruito per prevenire gli incendi nel minore tempo possibile.
Con la situazione attualmente presente, tutta l’Europa é a rischio di non indifferenti fallout provenienti dalla zona di esclusione di Chernobyl: in definitiva, stante la situazione, si può ipotizzare un futuro da fallout infinito.
E’, inoltre, importante rilanciare – a livello di opinione pubblica – la campagna a sostegno della petizione contro l’accordo truffa OMS/AIEA del 28 maggio 1959 che legittima il potere di censura e veto della lobby nucleare nei confronti della publicizzazione delle conseguenze sanitarie derivanti da incidenti nucleari e correlati.
Proprio con Chernobyl questo potere di veto dell’AIEA è venuto alla luce nella conferenza dell’OMS del novembre 1995 a Ginevra (“Le conseguenze di Chernobyl e di altri incidenti radiologici sulla salute”). Da allora, tutti i dati e le prove sulla pericolosità del fallout radioattivo, riportati da 700 esperti e scienziati russi, ucraini e bielorussi – assieme agli stessi atti della conferenza -, sono stati secretati dall’AIEA (proprio in virtù della legge truffa) e mai divulgati.
Massimo Bonfatti
Presidente di Mondo in cammino
www.mondoincammino.org
07/05/2015