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Christian Raimo, insegnante e attivista politico, da sempre impegnato a sostegno di cause giuste e meritorie, rischia addirittura il licenziamento per aver osato criticare il ministro Valditara. Non in classe, dove sarebbe opinabile, per quanto a parer mio più che legittimo, essendo ancora in vigore l’articolo 21 della Costituzione, ma durante un dibattito che ha avuto luogo alla festa romana di AVS, il partito con cui Raimo si è candidato alle recenti elezioni Europee, il che rende il tutto surreale. Perché sta accadendo, dunque? Qual è la ragione di questo accanimento? Quali rischi correremmo qualora dovesse andare in porto qualsivoglia sanzione ai danni di questo professore? Molto semplice: qui si vuol creare un precedente gravissimo. Si vuole, infatti, far passare il principio in base al quale un dipendente della pubblica amministrazione, qualunque sia il suo ruolo, non possa criticare il governo, pena ritorsioni che potrebbero creargli non pochi problemi: pecuniari e di carriera. Chiamatelo come vi pare, ma state attenti a non sottovalutare una vicenda così significativa. In questa stagione di censure e bavagli, difatti, è evidente che uno come Raimo, che non si uniforma al nuovo corso, che si batte al fianco degli ultimi e degli esclusi e che sogna una scuola che integri, accolga e includa anziché generare punizioni a getto continuo tramite il voto di condotta e altre forme di regressione che finiscono col danneggiare l’intero sistema scolastico, è evidente, dicevamo, che uno così dia fastidio. E colpire lui è un buon modo per educare gli altri, proprio come avvenne a suo tempo in RAI con i casi di Biagi, Santoro e Luttazzi. Cito quel precedente non a caso. Da quel momento, infatti, il servizio pubblico non si è mai ripreso. E lo stesso rischia di accadere alla scuola, luogo di confronto e pensiero critico per eccellenza, che la mutazione antropologica in atto potrebbe trasformare, invece, in una palestra di sudditanza nella quale viene insegnato a ragazze e ragazzi che sia sempre opportuno chinare la testa e dire “signorsì signore”. Certi che non sia questo l’intento del ministro contro cui Raimo si è scagliato con vigore, ci auguriamo che Valditara decida di incontrarlo e dimostrare che le istituzioni sono al servizio della cittadinanza, compresa quella più scomoda, meno incline ai compromessi e disposta a sacrificare finanche se stessa in nome del diritto di rivendicare, sempre e comunque, un’altra idea d’Italia. Qualora non dovesse accadere, saremmo costretti a pensar male. Perché “qui non si parla di politica, qui lavora” è uno slogan che abbiamo già sentito ma era il caposaldo di una stagione che vorremmo, per l’appunto, limitarci a studiare sui libri di scuola.