di Angelo Ruggeri
Tardo-pansidacalismo e scelte “sbagliate” e “pericolose” da Gianni Rinaldini a Landini “i gemelli” dell’abbandono della storia e della cultura della lotta di classe e della strategia di socializzazione e democratizzazione dell’economia e dei poteri di impresa e di stato: da ciò deriva una lotta di classe unilaterale da parte solo dei poteri d’impresa che hanno imparato dalle lotte operaie del 900 e studiando Marx, Lenin e Gramsci, come non fanno i Gianni Rinaldini e i Landini.
Nell’escalation della strategia dei poteri d’impresa non più contrastata da una strategia di poteri sociali e di democratizzazione e socializzazione dello stato e della economia, abbiamo la contemporanea modifica in senso autoritario sia dei poteri e dei rapporti sociali e di lavoro sia dei poteri e dei poteri delle istituzioni.
Ci associamo alle considerazioni di Giorgio Cremaschi. A motivazione delle critiche ripetutamente e tempestivamente avanzate da noi e dal Centro Il Lavoratore, per la mancanza di strategia e di analisi e “spessore” culturale di classe nella gestione delle lotte da parte di Landini: che ha persino equiparato la condizione del lavoratore, che vive la specifica condizione dell’organizzazione capitalistica del lavoro, a quella di un qualsiasi cittadino nei rapporti civili, invocando “i diritti della persona” e “piangendo” e “lamentando” come cattivi i padroni che li violano.
Mancanza di analisi e cultura di classe che ha comportato la rinuncia all’autonomia culturale, della “sinistra” politica-sindacale, per non dire del florilegio di “posizioni” arretrate e sbagliate espresse dal Landini (che abbiamo persino indicato come un primo prototipo di sindacalista alla “americana” interfaccia dell'”americano” Marchionne) e dal suo entourage (rinaldiniano?) che ha abbandonato la strategia di riforme sociali e potere sociale dei lavoratori per attuare la democrazia sociale della Costituzione, in nome della quale, fino alla fine degli anni 70, permise di ottenere “diritti” (che oggi si perdono) senza mai parlare di “diritti” ma sempre e solo di POTERI, ed oppose valido impedimento alla strategia dei poteri industriali-finanziari di cui oggi vediamo la escalation di tale strategia che – non ci stancheremo di ripeterlo – fu messa a punto allora, in quel 900 che l’entourage per così dire “rinaldiniano” e del quale l’iniziativa dei Landini e Airaudo ci sembra un riflesso di certo ed ora tardo “pansindacalismo”, ha invitato a dimenticare e a “rompere” con “tutto il 900” e sottolineiamo ” tutto“, non meno dell’entourage toninegriano (dei Casarini e dei controlacrisi).
Donde che la strategia padronale di allora continua la sua escalation, mentre, viceversa la strategia sociale e politica che la contrastava validamente è stata abbandonata e non c’è più, e dalla sua ripulsa deriva la mancanza di autonomia culturale (che porta Landini ad applicare i “diritti” liberali “della persona” in fabbrica, parificando la persona dell’operaio alla persona del proprietario o dirigente d’impresa) che è la causa prima del potenziarsi di una lotta di classe “unilaterale” a favore di un potere d’impresa che straccia diritti sociali e poteri sociali dei lavoratori ma nei confronti del quale ci si è limitati a conclamare le drammatiche conseguenze del precariato e della c.d. flessibilità, nonché ad inginocchiarsi e a piangere, chiedendo che per “favore” si rispettino i “diritti” del lavoratore come semplice “persona” (sic).
Nell’escalation della strategia dei poteri d’impresa non più contrastata da una strategia di poteri sociali e di democratizzazione e socializzazione dello stato e della economia, abbiamo la contemporanea modifica in senso autoritario sia dei poteri e dei rapporti sociali e di lavoro sia dei poteri e dei poteri delle istituzioni: finanche con modifiche Costituzionali che come per l’art. 81 e di conseguenza anche l’art. 18 (di cui il Landini non ha saputo cogliere il nesso) spostano l’asse dei poteri dalla centralità del lavoro propria della democrazia sociale alla centralità del mercato e del bilancio-mutuato dall’aziendalismo d’impresa e dell’economicità privata, in negazione dell’economicità pubblica.
Di Airaudo, che senza conoscerlo non abbiamo sbagliato a giudicarlo criticamente quando condivise l’ultimo testo Fornero come una qualsiasi Camusso, e come lei ignorando vero significato dell’art. 18 é quindi incapace di cogliere che le “modifiche” mirano a rimuovere proprio i punti in cui si qualifica tale significato del 18 (segno che Monti e chi per lui sa quel che sappiamo anche noi, mentre non lo sanno Airaudo e la Camusso ).
MA FORSE, a questo punto, OCCORRE e CHIARAMENTE DIRE DI PIU’.
Molte di tali posizioni sono fecondate dall’entourage dei “controlacrisi” penetrati egemonicamente dal toninegrismo e figlie di sofisticate elaborazioni preparate con strumenti di tipo”privato” da soggetti del capitalismo finanziario; e poi veicolate anche tramite intellettuali di destra e di sinistra accomunati nel pensiero e nell’azione. Come Toni Negri (non per caso ben visto e valorizzato dagli apparati del business americano) impegnato assieme a intellettuali della destra e della sinistra (da De Benoist a Latouche, al promo-leghismo Aldo Bonomi e neofascista Marco Tarchi) a diffondere paradigmi volti a “sovvertire” e confondere quelli socio-politici della classi e del 900 ed è forse per questo si fanno abbacinare i Gianni Rinaldini e Landini, anche essi impegnati – insieme al segretario di Rifondazione – a sovvertire e a cancellare anche dalla sola memoria le caratteristiche sociali e politiche della classi e della lotta di classe unitamente al tentativo di cancellare dalla memoria la storia (“CANCELLARE TUTTO IL 900”- sic – ha detto il Gianni Rinaldini), dunque cancellare tutta la storia: da quella della Resistenza e della rivoluzione democratica a quella della Costituzione, dalle grandi lotte dal 1945 agli anni 70 e specialmente cancellare la storia del più alto tornante della lotta di classe della storia non d’Italia quale quello sviluppata negli anni ’68-’69-1975.
Donde che le scelte di Landini a Airaudo oltre che sbagliate ci appaiono ancor più “pericolose” e finanche “manovrate”, a noi che i fatti di questo “ventennio” non ci hanno mai dimostrato di avere sbagliato nelle valutazioni tempestivamente e criticamente anticipate.