Mi sono perso settimane fa la sfilata dei no vax di Novara, rivestiti rigorosamente in camiciotti che nelle forme e nei colori citavano le divise dei deportati nei campi di sterminio nazisti. Marciavano liberi, ben nutriti, ciarlieri, ma si sentivano ormai destinati ai vagoni bestiame in corsa verso Auschwitz. Formidabili sconnessioni da una realtà, che pure quelle signore e quei signori avrebbero dovuto, se pure in modo sommario, conoscere. In fondo se ne parla da tempo…
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Mi sono perso altri cortei, guidati da capi e capetti di Forza nuova o di Casa Pound, orgogliosi delle loro lugubri bandiere e dei loro slogan minacciosi quanto idioti. Quando ad esempio, a Roma, diedero l’assalto alla sede della Cgil, il sindacato che rappresenta milioni di lavoratori.
Il comizio del professor Mattei
Mi sono perso anche il comizio dell’altro giorno in una piazza di Torino del professor Mattei, uno che insegna diritto civile all’università, che ha scritto una infinità di libri, che collabora (o collaborava) al “Fatto quotidiano”. Me ne dispiaccio perché avrei voluto registrare con precisione le sue parole, le sue espressioni, i suoi gesti. E’ vero che il professor Mattei trascorre i suoi giorni e le sue notti in televisione a divulgare il suo credo no vax e no pass. Non si capisce peraltro a che titolo… Ma un comizio all’aria aperta è una occasione d’oro, tra informazione e spettacolo: il professore alla tribuna che sprona per un’ora la folla a difendere il diritto a far quello che le pare.
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Chissà se il professore crede davvero a quello che dice o se lo dice solo in ragione della notorietà che certe sciocchezze (si potrebbe definirle infamie, ma siamo sempre cauti e gentili) gli procurano nella schiera dei suoi fans, schiera non sappiamo quanto esigua. In piazza si può contare: mancava Cacciari, mancava Freccero, nessun bagno di folla, solo qualche centinaia di persone, alcune delle quali avrebbero persino manifestato qualche segno di dissenso quando sono volate dal microfono espressioni critiche (sudditanza nei confronti del governo) alla destra meloniana.
Così mi devo rifare a quanto ascoltato o letto. Ad esempio ho sentito (la fonte è Radio Popolare) che il professore si sarebbe paragonato a Giovanni Pesce, combattente in Spagna, perseguitato dal fascismo, condannato al confino a Ventotene, gappista a Torino e a Milano, medaglia d’oro al valor militare… Autore di una straordinaria testimonianza, che si può leggere nel celebre “Senza tregua”. Giustamente la figlia di Giovanni Pesce si è indignata: “Ma il professore si studi la storia”. La storia, che come raccontava Marx, si ripeterebbe sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa… Le guerre, il confino, la persecuzione, la lotta di liberazione e, da questa parte, il professor Mattei… In questo caso Marx sarebbe costretto a riconoscere che siamo molto al di sotto della farsa.
Il “regime draghista”
Ho letto Marco Imarisio sul Corriere. Citazioni. Un florilegio: “Il regime fascista era molto simile al regime draghista”, “Dedico questa piazza ai dodici professori universitari, nove dei quali piemontesi, che nel 1931 rifiutarono l’affiliazione al partito fascista. Anche io a breve non sarò più accettato in Ateneo, perché non ho intenzione di cedere al ricatto vaccinale. E come dissero quei docenti che dissero no al regime di Mussolini, non ho intenzione di mentire ai miei allievi”, “Rivendichiamo il paragone fra governo draghista e regime fascista. Serve un gruppo di persone, un cervello politico, un comitato costituente che si metta subito al lavoro e che sia pronto a creare una alternativa. E’ vero, oggi non c’è la guerra, ma la maggior parte della gente dorme e noi siamo la Resistenza”. Lui, un uomo che non teme i confronti, lontano da qualsiasi percezione del ridicolo, naturalmente sarà la guida del novello comitato di liberazione nazionale: a proposito di sottofarsa, sottofarsa dell’eversione.
(foto) Proteste anti green pass a Milano, ottobre 2021
Non basta. Secondo il resoconto di Marco Imarisio, il professor Mattei, non accontentandosi di una sola medaglia d’oro, inesausto, non avrebbe esitato a rivendicare il suo gemellaggio con Duccio Galimberti, avvocato di Cuneo, assassinato dai fascisti, medaglia d’oro al valore militare, medaglia d’oro della Resistenza.
Naturalmente grazie al regime draghista il professor Mattei si è potuto esprimere a Torino, città medaglia d’oro della Resistenza, senza che nessuno si sognasse di tappargli la bocca e di spedirlo a Porto Azzurro, come sarebbe successo durante il regime fascista. Solo una signora passando avrebbe gridato: “Ma che cazzo stai dicendo…”. Il Corriere censura e ci concede solo una “c.”. Però qualche volta la parola serve per intero. In compenso, con gran senso della democrazia e della libertà, il professor Mattei se l’è presa con i giornalisti e, nella fattispecie, con i giornalisti della Stampa. Conosciuta modalità di confronto, questa sì fascistissima, come si è potuto apprezzare fin dai primi cortei no vax: intimidazioni, minacce, violenze, insulti, contro qualsiasi collega si trovasse nei paraggi.
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Francamente non me la sento di giudicare il professor Mattei e i suoi accoliti, per la semplice ragione che non li capisco. Non li capivo prima, figuriamoci se li capisco oggi, figuriamoci se posso capire adesso, al terzo anno di covid, i loro argomenti, la loro ostilità al vaccino (come milioni di connazionali, sono alla terza dose e avevo cominciato a sei o sette anni con il Sabin, la miracolosa “antipolio”), la loro negazione della scienza, i loro sospetti, il loro complottismo, la loro irresponsabilità nei confronti di una comunità di cui fanno parte e che non li abbandona, le loro rivendicazioni di presunti diritti, quando tirano in ballo la Costituzione, che non riconosce però ad alcuno la facoltà di andare dove vuole, neppure in tema di salute: c’è sempre di mezzo l’interesse della collettività e il professore dovrebbe saperlo. Non capisco il loro pervicace intento di contribuire al degrado di una società già ferita, di avversare ogni scelta possibile davanti a una pandemia che si è rivelata inattesa e ha sorpreso tutti. E’ dalla “spagnola” di inizio secolo che non capitava di assistere ad un evento del genere.
Il Corriere, nella stessa pagina, pubblicava un’intervista ad una attrice, granitica no vax. Dice l’attrice, Monica Trettel: “Non mi vaccinerò mai, piuttosto mangio l’erba del prato e le bacche del bosco”. Come convincerla a cambiare idea? Che dire? Lasciamola fare. Si dovrebbe forse allestire un pool di antropologi, psicologi, sociologi per cercare di definire tanta caparbietà.
Rinuncio proprio a capirli e non voglio ridurmi agli insulti. Però non rinuncio a difendere Giovanni Pesce, Duccio Galimberti, i professori che dissero “no”, il Comitato di Liberazione Nazionale, la Costituzione, le vittime di Auschwitz, da questi farneticanti, miserabili tentativi di approfittarsene.