L.M.-
Il Monte si blinda, non ha alcuna intenzione di rivelare i nomi di chi non ha restituito i prestiti all’istituto senese.
Il nuovo ad della banca Moretti è perentorio “Non possiamo fare nomi, ne andrebbe della loro reputazione” mentre i vertici minacciano sanzioni e provvedimenti disciplinari nei confronti dei dipendenti se mai i grossi bidonisti venissero esposti al pubblico ludibrio.
Ma lo scudo non potrà avere efficacia a lungo, soprattutto perché Mps bussa alla porta dello Stato per il piano di salvataggio e questo significa mettere mano nelle tasche dei contribuenti, ancora una volta vera vittima delle scellerate politiche creditizie degli istituti di credito.
Per il Monte si tratta di 47 miliardi sofferenze e i nomi di molti dei beneficiari insolventi erano stati negli ultimi tempi segnalati all’autorità di vigilanza, società e imprese che non hanno restituito quanto erogato dalla banca, costretta in molti casi a ristrutturare e rinegoziare il credito nella speranza di non perdere tutto, addirittura concedendo nuove linee di credito. Quando non trasformando la sofferenza in capitale azionario, cioè entrando a far parte dell’azienda con l’obbligo di ripianare ogni anno le passività. Vedi il caso della Sogenia del gruppo De Benedetti.
Ma non si tratta solo di Sogenia o Marcegaglia, nella stessa situazione si trovano altri importanti gruppi pubblici e privati, cooperative rosse o bianche che hanno costretto negli anni Mps o la Fondazione Monte Paschi ad entrare nel capitale di queste società, creando un volano inarrestabile che ha portato al disastro attuale.
Esempi significativi sono Sansedoni Siena spa, 26 milioni di insolvenze trasformati in azioni, così come la Marinella spa che di milioni non ne ha restituiti 27.
Altre volte, se mai possibile, è andata anche peggio, come nel caso di una società senese, la New Colle srl, esposta per 20 milioni e fallita dopo anni di tentativi di ristrutturazione da parte di Mps.
E questo la parte relativa ai privati, poi c’era il settore pubblico. Partecipate regionali o municipalizzate veri crateri senza fondo che hanno succhiato senza soluzione di continuità risorse dal Monte, soldi mai restituiti.
La Fidi Toscana spa, cui solo il 31 agosto 2016 è stato concesso un ulteriore affidamento di quasi 100 milioni di euro, per tacere, anche se con importi minori, dell’insolvenza delle Terme di Chianciano e Interporto Toscano Amerigo Vespucci.
Non potevano mancare in questo panorama esaltante le municipalizzate del comune di Roma, quelle coinvolte nelle vicende di Mafia Capitale. Acea e soprattutto Atac, il trasporto locale di Roma, finanziamenti per 200 milioni di euro da un pool di banche tra cui Mps e l’impossibilità evidente da parte della municipalizzata di ripagare il prestito.
E tutto questo potrebbe essere solo la punta dell’iceberg che sta emergendo.