Nelle prossime udienze sfileranno a Reggio appartenenti a potentissime logge e uomini degli apparati dello Stato. Mentre il Tribunale potrebbe spostarsi a Roma per sentire l’ex braccio destro di Berlusconi. E Vincenzo Speziali scopre di essere formalmente indagato
REGGIO CALABRIA A Vincenzo Speziali non è bastato dare nuovamente buca ai giudici di Reggio Calabria che lo attendevano come testimone al processo Scajola. I guai (e le brutte notizie) lo hanno raggiunto comunque. Stanco dei continui rinvii, per lui il Tribunale ha disposto l’accompagnamento coatto.
SPEZIALI INDAGATO IN PROCEDIMENTO CONNESSO Ma il consulente di origine calabrese oggi di stanza a Beirut, che nei mesi scorsi ha patteggiato un anno di pena per l’accusa di aver favorito la latitanza dell’ex deputato di Forza Italia, Amedeo Matacena, in aula dovrà anche presentarsi con un legale. Nel corso dei mesi la situazione è cambiata e Speziali non è più un teste puro, ma formalmente indagato in un procedimento nato da una costola d’indagine del processo Breakfast, già anticipata il 9 luglio scorso dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo (ve lo abbiamo raccontato qui).
LO STATO PARALLELO Coordinate dal magistrato, le indagini della Dia sono andate avanti, iniziando a squarciare il velo su una serie di rapporti, connessioni e affari su cui si fonderebbe un vero e proprio Stato parallelo che fa da necessario sfondo – ha svelato un’informativa depositata agli atti del procedimento (ve lo abbiamo raccontato qui) – alle latitanze di Matacena e Dell’Utri. E di quel mondo – spiega in aula Lombardo – «Speziali è un soggetto chiave» insieme al parente acquisito Amin Gemayel, storico capo delle Falangi libanesi ed ex presidente della Repubblica di cedri.
NUOVI TESTIMONI Per questo deve essere sentito, insieme ad altri personaggi che in quello “Stato parallelo” e nelle vicende che in quel contesto sono maturate hanno avuto un ruolo. A partire sottolinea Lombardo «dall’identico progetto di gestione della latitanza che ha riguardato tanto Marcello Dell’Utri, come Amedeo Matacena e questo non può essere considerato frutto del caso». Un progetto di cui sanno – e molto – i nuovi testimoni che il 9 luglio scorso Lombardo ha chiesto di sentire o risentire, a integrazione di quanto già dichiarato. Si tratta di Massimo Pizza, a suo dire uomo dei servizi ma soprattutto fratello di Giuseppe Pizza, legale proprietario del simbolo della vecchia Dci e “signore” di uno dei più influenti salotti romani; l’ambasciatore italiano negli Emirati Arabi, Giorgio Starace; Paolo Costantini, che a Dubai era capo dell’Aise prima di essere accompagnato alla porta; il pentito Cosimo Virgiglio; l’ex agente dei servizi, onnipresente nelle trame italiane, Francesco Pazienza; l’imprenditore Carmine Cedro e il cugino Francesco Riotto.
CHIAREZZA SUI SALOTTI ROMANI Si tratta di soggetti a cui, nel corso dell’attività istruttoria – sottolinea il procuratore – i riferimenti sono stati costanti. In più, «si individua un parallelismo evidente fra la destinazione in Libano di Marcello Dell’Utri e la programmata destinazione di Matacena nel medesimo Paese». E di entrambe – ne è certa la pubblica accusa – si è discusso nel salotto romani di Giuseppe Pizza, come svelato dal fratello Massimo «che ha rilasciato dichiarazioni estremamente chiare sul punto e in parte confermato da Francesco Pazienza, in grado – dice Lombardo – di spiegare «molto la capacità criminale di un particolare circuito».
PRESSIONI DIPLOMATICHE Se e in che misura quegli ambienti siano stati in grado di esercitare delle pressioni e di che tipo sulla rappresentanza italiana a Dubai dovranno spiegarlo l’ambasciatore Starace e l’ex colonnello dei servizi Costantini. Quando Matacena è stato arrestato erano entrambi in servizio a Dubai, ma le loro versioni su quanto accaduto all’epoca non hanno mai coinciso. Costantini in passato ha puntato il dito contro il suo ambasciatore, che – a suo dire – si sarebbe preoccupato di riservare un trattamento di favore al latitante arrestato. Accuse sempre respinte al mittente dal diretto interessato, che adesso dovrebbe spiegare anche in aula la propria versione dei fatti.
PAROLA DI MASSONE Ma Lombardo ha chiesto che venga sentito anche il pentito Cosimo Virgiglio, massone di alto rango e per lungo tempo braccio economico del clan Molè, che in passato non ha esitato a collocare l’ex ministro, oggi sindaco di Imperia, Claudio Scajola tra gli assidui frequentatori di una loggia, riferibile a diverse obbedienze, potentissima e riservata. «È un dovere di completezza – afferma Lombardo – perché qui siamo in presenza di contestazioni che vanno oltre il singolo episodio, principalmente connesse alla contestazione dell’aggravante mafiosa». Traduzione: quello che Virgiglio dovrà aiutare a chiarire con le proprie dichiarazioni è se e in che misura l’intervento di Scajola per “salvare” Matacena sia stato dettato dall’appartenenza al medesimo contesto massonico-mafioso. Medesimo argomento su cui il procuratore vuole che sia sentito l’imprenditore Carmelo Cedro. «Anche lui – dice il procuratore – fa riferimento a Claudio Scajola, fa riferimento ad ambienti che in passato sono stati accostati a circuiti di ‘ndrangheta e fa riferimento a Scajola come a un soggetto, come costantemente emerso nel corso della lunga istruttoria dibattimentale che ha avuto rapporti con la Calabria che vanno oltre quello che fin ora è emerso». E sugli stessi temi dovrà essere sentito il cugino di Cedro, Francesco Riotto.
CIRCUITO CRIMINALE Tutte richieste rese necessarie dall’attività d’indagine che la Dia ha condensato nell’informativa “Stato parallelo” e per il procuratore aggiunto «dimostra l’esistenza di un vasto circuito che ha svolto un ruolo rilevante nell’organizzazione di alcune latitanze all’estero, fra cui quelle di Dell’Utri e Matacena. E i testimoni indicati confermano l’operatività di tale circuito associativo». Adesso la palla passa agli avvocati, che avranno la prossima udienza per dire la loro, poi la decisione spetterà ai giudici.
TRASFERTA ROMANA Uno snodo importante per il procedimento, al pari della più volte rinviata testimonianza di Marcello Dell’Utri. Da tempo malato, l’ex senatore – condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa – qualche mese fa è stato scarcerato per motivi di salute ed oggi le sue condizioni sarebbero tanto gravi da impedirne il trasferimento a Reggio Calabria per l’udienza. Ma la sua testimonianza è importante, per questo il tribunale potrebbe spostarsi a Roma il prossimo 29 ottobre.
Alessia Candito
17 settembre 2018