Andrea Colandrea
Pubblicato il rapporto del Comitato antimafia del Comune di Milano che parla di chiare infiltrazioni
MILANO – Sigillato verso l’esterno quasi fosse una misteriosa terra di nessuno, il cantiere dell’Expo 2015, che si estende su una superficie di poco più di 1,7 milioni di metri quadrati tra Rho e Pero, nella zona nordoccidentale di Milano, ieri è tornato alla ribalta delle cronache dopo la pubblicazione del rapporto di 36 pagine del Comitato antimafia del Comune meneghino istituito dal sindaco Giuliano Pisapia, e alla cui presidenza è stato nominato Nando Dalla Chiesa. Il documento presenta ancora una volta una realtà che, al di là dei proclami ufficiali, mette a nudo un sistema dai più volti, anche quello dell’illegalità.
Il documento, è quanto emerge, è già stato trasmesso alla Procura milanese per accertamenti e in realtà fotografa una realtà di cui si è già parlato in un recente passato, ma con una serie di indicazioni aggiuntive. Verrebbe voglia di dire indizi pesanti come macigni, circa presunti movimenti “sospetti” da parte di società e persone affiliate alla ‘ndrangheta. Già, la ‘ndrangheta: ovvero la criminalità organizzata calabrese. Una realtà, recita il dossier stesso, ” che sa imporsi con disinvoltura a dispetto di norme specifiche e di pubbliche promesse”.
“Esponenti calabresi che non avrebbero mai potuto giustificare la loro presenza”
Se la stampa italiana pubblica con enfasi il testo dell’Antimafia reso pubblico una manciata di ore fa, anche la Svizzera, e nel Canton Ticino in particolare, l’evolvere dei fatti non può che essere seguito con grande interesse, non foss’altro che proprio sul tema dell’Expo 2015, come noto, il popolo sarà chiamato a esprimersi il prossimo settembre, in particolare sulla proposta di partecipazione del Cantone alla kermesse fieristica, che presuppone l’erogazione di un credito di 3,5 milioni di franchi contro cui, la Lega ha lanciato il referendum. Ma torniamo al documento in questione. Pur non riferendosi direttamente a specifici impresari, imprenditori e padroncini, l’organismo di vigilanza rileva nero su bianco che “sono stati individuati sul terreno esponenti calabresi di imprese che, appalti e subappalti alla mano, mai avrebbero potuto giustificare la loro presenza in quel posto, a conferma di un copione dei lavori diverso da quello ufficiale, soprattutto quando si tratti di alcuni rami di attività, dal celebre movimento terra con le attività connesse fino ai trasporti”.
“Legami di lealtà che alimentano le ‘ndrine”
Poi, il rapporto, diventa anche più esplicito: “I controlli hanno portato a un certo punto a imbattersi anche (…) in personaggi calabresi i cui cognomi o le cui località di origine o residenza ricorrono influentemente nella fittissima rete di relazioni su cui si costruiscono i legami di lealtà che alimentano le ‘ndrine, e il cui affacciarsi può essere ricondotto al caso o alla coincidenza (o all’omonimia) solo dall’ignoranza del fenomeno”. Insomma, una serie di constatazioni allarmanti che sollevano una serie di interrogativi. A partire da quello, terra terra, che riguarda il dispositivo di sicurezza, quasi militare, che è stato allestito attorno all’Expo tra i diversi ingressi (blindati e pure videosorvegliati) del maxicantiere situati tra Mazzo di Rho, Bollate e Rho Fiera. Qual è la sua vera funzione?
Sorveglianza da zona militare, ma sono indicate “falle nel sistema dei controlli”
Il dispositivo di sorveglianza messo in piedi, giorno e notte, con investimenti non secondari da parte della Regione Lombardia, di Palazzo Marino e del Governo di Roma, ha davvero l’obiettivo prioritario di limitare i fenomeni criminali sulle aree sensibili dell’Expo dopo lo scandalo tangenti? Così, perlomeno, dovrebbe essere. Fatto sta, che, pur forte di un supercommissario (nominato con tanto di decreto governativo) qual è Raffaele Cantone, Nando Dalla Chiesa a otto mesi dal termine dei lavori dell’Expo 2015, ha rimarcato pubblicamente “manifeste falle nel sistema dei controlli dei cantieri”, così come predisposto da Ministero dell’Interno, Prefettura e dal vertice dell’Expo stessa. Ma lo scandalo delle tangenti, non avrebbe dovuto chiudere definitivamente il cerchio dell’illegalità attorno al cantiere del secolo?
6.08.2014