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Il Parlamento polacco discute il divieto totale all’aborto, punito anche con l’ergastolo, fino ai 25 anni per i medici che le aiutano.
Un nuovo Istituto “Famiglia e demografia”, emanazione del governo di ultradestra, potrà partecipare come pubblica accusa in tutti i procedimenti giudiziari e amministrativi, per esempio una causa di divorzio, chiedendo che non venga concesso.
Negli Usa assalto finale all’aborto: la Corte Suprema pronta a vietarlo. La maggioranza conservatrice dei giudici orientata a rovesciare la sentenza del ’73 che apriva alla legalizzazione
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Fede feroce cancella speranza. Carità non pervenuta
Ergastolo per le donne che abortiscono, 25 anni per i medici che le aiutano e, un nuovo Istituto “Famiglia e demografia”, che avrà titolo sulle richieste di aborto o in una causa di divorzio, pubblica accusa.
Legge dei teocon respinta, ma il resto no
«Non volere, Polonia, il mio sangue» è questo lo slogan scelto dalle manifestanti per dire no al divieto totale di aborto, con un provvedimento discusso ieri al Sejm, la camera bassa del parlamento polacco. Persino il partito della destra populista, Diritto e giustizia (Pis), che esprime il governo, alla fine ha detto no. Per preparare altro.
‘Famiglia e demografia’
Il Pis ha inventato un «Istituto della famiglia e della demografia» che avrà lo scopo di scoraggiare divorzi, impedire aborti e cancellare le famiglie arcobaleno. Prevista una sorta di Superprocuratore con accesso a tutti i dati personali dei cittadini, che potrà intervenire ad esempio come parte lesa nella causa di divorzio per impedirlo.
Il superprocuratore anti aborto
Il nuovo “Superprocuratore” sarà il cattolico fondamentalista Bartlomiej Wroblewski, autore della mozione anti-abortista alla Corte costituzionale che ha prodotto il divieto di fatto. «Avrà accesso a tutti i dati personali raccolti dallo stato: dati medici, anagrafici, civili e penali, scolastici, tutto».
I ‘teocon’ oltre Radio Maryja
La proposta di legge di iniziativa popolare per l’ergastolo in caso di aborto volontario, è arrivata al parlamento grazie alle firme raccolte dai ‘teocon’ della fondazione Pro-Prawo do Zycia, a destra della stessa influente linea cattolica conservatrice di Radio Maryja.
La protesta delle donne in tutta la Polonia
A rappresentare in modo simbolico il sangue delle donne, la vernice rossa sparsa il giorno prima nella capitale da alcune attiviste proprio davanti al Sejm, alla sede del ministero del Salute e a quella del Pis. Oltre alla vernice, dei manichini coperti di rosso e adagiati a terra come vittime di una legislazione sempre più restrittiva in materia di interruzione volontaria di gravidanza.
Polonia, ‘Grande fratello medievale’
Dopo la messa al bando di fatto dell’aborto terapeutico, da una sentenza del Tribunale costituzionale (quello che sta litigando con l’Unione europea sul rispetto dello Stati di diritto), in Polonia resta possibile mettere fine a una gravidanza soltanto quando è a rischio la vita della madre oppure quando esiste il sospetto fondato che la gravidanza sia il risultato di violenza sessuale.
USA, CORTE SUPREMA DI TRUMP
A quasi cinquant’anni dal suo riconoscimento, il diritto all’aborto negli Stati Uniti rischia di perdere quella tutela costituzionale – la sentenza “Roe v. Wade”, che dal ’73 fa rientrare l’aborto tra i diritti tutelati dalla Costituzione- ma la Corde Suprema nella composizione attuale (giudici di nomina presidenziale a vita), sembra orientata ad accogliere almeno in parte un ricorso presentato dal Mississippi che ne minerebbe comunque le basi. Sarebbe un cambiamento epocale, perché il diritto all’aborto perderebbe quel cappello federale che finora ha frenato le spinte antiabortiste di molti Stati repubblicani.
Corte di Suprema appartenenza?
La Corte Suprema – composta da nove giudici di cui sei nominati da presidenti repubblicani (tre soltanto da Donald Trump) – è chiamata a decidere sulla costituzionalità di una legge promulgata dal Mississippi nel 2018 che vieta alle donne di abortire dopo 15 settimane di gravidanza. Un termine inferiore rispetto a quello attualmente riconosciuto dalla sentenza che la stessa Corte promulgò nel 1973, nota come “Roe v. Wade”, proibendo agli Stati di vietarlo prima della cosiddetta “vitalità fetale” (il periodo in cui il feto può sopravvivere fuori dall’utero) che equivale a circa 23 settimane.
Atti di fede e strumentalità politiche
Secondo un sondaggio del Pew Research Center, il 59% degli americani ne sostiene la legalità e solo il 39 vorrebbe vietarlo. La decisione arriverà entro la metà del 2022: e se i giudici sceglieranno di rompere col precedente stabilito 50 anni fa, consentendo a ogni Stato di regolamentare quel diritto, «aprirà la strada a limitazioni in tutta l’America».
L’aborto e la politica
La delibera peserà certamente sulle elezioni di MidTerm del prossimo novembre. La maggioranza conservatrice è decisa a colpire l’aborto: il veterano della corte Clarence Thomas e Amy Coney Barrett (scelta da Trump per rimpiazzare la paladina femminista Ruth Bader Ginsburg), in testa. «Una scelta forzata dalla politica e non dalle esigenze reali del paese farà perdere legittimità alla Corte» ha allertato la giudice progressista Sonia Sotomayor, nominata da Barack Obama.
«La percezione pubblica sarà che l’interpretazione della Costituzione è ormai ridotta a un mero atto politico. Come sopravvivrà questa istituzione al fetore di un tale stigma?».
2 dicembre 2021