Luciano Canfora – Il filologo e la storia che si ripete: “Renzi ha reso il Pd un sistema composito di capibastone, uccidendone ogni residua identità”
di Antonello Caporale
Paflagone, Nicia, Demostene e il Salsicciaio. Se la politica è anche teatro fa
presto a trasmigrare, grazie alla memoria di Luciano Canfora, grande
filologo classico, nella commedia greca. E i protagonisti sulla scena, Renzi,
Di Maio, Berlusconi e Salvini sembrano tratti da I Cavalieri di Aristofane,
424 avanti Cristo.
Professore, chi è Paflagone?
Un servo che è riuscito a impadronirsi delle chiavi di casa e piegare il suo
padrone, Demo, cioè il popolo, ai suoi bisogni. Paflagone, il servo divenuto
tiranno grazie al suo carattere arrogante, la sua linguaccia, la protervia con la
quale decide e consuma il potere è il nome d’arte che Aristofane attribuisce
a Cleone, dirigente politico contro cui si scaglia.
Provo a indovinare: Matteo Renzi.
Ecco. Senonché due altri servi di Demo, Nicia e Demostene, altri nomi di
piuma di due politici del tempo, un ricco notabile e un generale, decidono di
utilizzare un Salsicciaio per far fuori Paflagone.
Un salsicciaio?
Sì. Il Salsicciaio è ugualmente immorale e ha modi orribili. È
sufficientemente repellente, fa piuttosto schifo, ma grazie a un oracolo i due
servi sanno che lui avrà forza e talento per far fuori Paflagone. E infatti
grazie a un rito magico il Salsicciaio diviene un uomo civile e stimato di
nome Agoracrito e riesce, con l’aiuto del coro dei Cavalieri, ad avere la
meglio sull’usurpatore.
Il Salsicciaio è Luigi Di Maio?
Proprio lui.
La storia insegna ma ha cattivi scolari, diceva Gramsci.
Nicia il riccastro è Silvio Berlusconi, uguale uguale. E Demostene, il
generale grande amante delle armi, è certamente Salvini, che pure sembra
ammirare l’estetica della polvere da sparo.
Renzi dunque finisce come Paflagone.
Ha reso il Pd un sistema composito di capibastone, uccidendone ogni
residua identità. Il Partito democratico è destinato a morire, non ha oramai
nessuna possibilità di recupero e rigenerazione e questo esito è figlio della
scelta, ahimè disastrosa, di uccidere il Pci e i suoi eredi e con la fine di
quella tradizione è defunto via via ogni segno di sinistra nel Parlamento e
nella società. È probabile, forse del tutto plausibile col personaggio, che si
formi un gruppetto parlamentare a trazione renziana, il manipolo dei
fedelissimi che con lui realizza la trincea della sopravvivenza. Comunque è
una fine ingloriosa.
Non sembra però che lei ne sia addolorato.
Cosa vuole che mi addolori? Un partito nel quale il primo passante sceglie il
segretario: hanno distrutto l’enorme tradizione italiana per realizzare il
modello americano del comitato elettorale. La trasformazione è divenuta
degenerazione. Si è smarrita ogni idea e con essa si è persa l’etica. Adesso ci
saranno solo spoglie.
Ho fiducia in Sergio Mattarella, ritengo che giunti a questo punto si ha il
dovere civico di metterli alla prova e capire se sono degli impostori o hanno
qualità. Non c’è altra via. Il tempo rende gli uomini ragionevoli e i politici
ancor di più.
Ha così tanta fiducia in Mattarella?
Fosse stato al Colle Napolitano non avrei scommesso un euro. Napolitano
ha anzi la responsabilità di aver fatto gonfiare i consensi a Grillo come la
pancia di una rana. La nascita del governo Monti li ha messi in condizione
di lucrare, vivere una rendita parassitaria. Oggi, al punto in cui siamo,
null’altro si può fare che dire: tocca a voi adesso.
11 marzo 2018