di Raffaele Simonetti
La professoressa Daniela Santus dell’Università di Torino si è rifiutata, poco tempo fa, di presiedere la seduta di laurea di due studentesse di Lingue dando luogo ad un “caso”. Ne ha parlato, naturalmente, La Stampa ed anche su Contropiano è stato commentato l’accaduto (Torino. Vietato parlare di Palestina?. Il Giornale ha, di Nadia Muratore, La tesi di laurea sulla Palestina è imprecisa, la relatrice lascia la commissione
Qui si vuole approfondire su come ne ha riferito La Stampa e dare ulteriori informazioni, trovate in rete, sulla professoressa Santus.
Questo l’articolo del 20 novembre di Paolo Coccorese intitolato: Tesi sulla Palestina, la prof se ne va.
L’Università è il luogo d’eccellenza per ospitare il confronto tra le parti. Per una volta a Torino, nella sala dove martedì si discutevano le tesi del Dipartimento di Lingue, non è stato così. «Oggi, per la prima volta in 25 anni di carriera, mi sono rifiutata di presiedere alla laurea di due studentesse che hanno presentato un lavoro sulle “città palestinesi”», è lo sfogo apparso (poi cancellato) su Facebook della professoressa Daniela Santus. «Ho espresso la mia riprovazione alla commissione che intendeva laurearle e, dopo che il Direttore ha proposto di sostituirmi, me ne sono andata».
Sostituzione
Il pomeriggio della docente di Geografia – ebrea, che nel 2005 fu duramente contestata dai centri sociali per le sue lezioni e per aver invitato nell’Ateneo il viceambasciatore israeliano, Elazar Cohen – si è concluso alle 17,30 quando ha lasciato libera la poltrona di presidente di commissione. Che aveva occupato per l’improvvisa assenza della professoressa di Storia, Ada Lonni, presidente del corso di Comunicazione per il Turismo e relatrice della tesi «Percorsi classici e letterari di città palestinesi».
«Ho deciso di sfogliarla perché avevo notato due lavori con lo stesso titolo», dice Santus. E’ così che la ricerca a quattro mani di Enrica Mazzei e Atif Kaoutar, è finito nelle mani della docente.
Le frasi sotto accusa;
«Ho letto velocemente, e ho scoperto che gli ebrei sono “sionisti”, che sono in Palestina per sfruttare la manodopera araba, che l’Olp non ha compiuto attentati e che la Striscia di Gaza non è mai stata privata degli insediamenti ebraici», dice Santus.
«Popolo oppresso»
La tesi propone una guida turistica costruita sulle opere di tre scrittori palestinesi. «Lavoro buono – si legge nel giudizio compilato dalla relatrice -. Con alcune considerazioni di cui sono responsabili le autrici».
«Il popolo palestinese è oppresso, gli sono negati i diritti umani – dice una delle studentesse, Enrica Mazzei -. Forse abbiamo usato definizioni troppo severe, ma non giustifichiamo il terrorismo e non avevamo paura della discussione». Le laureande sono rimaste per quasi 2 ore ad aspettare il loro turno davanti alla porta chiusa. «La proclamazione è un momento felice che non ho voluto rovinare – ribatte Santus -. Ho preferito essere sostituita, ma non potevo proclamarle dottoresse». Alla fine, i punti alla tesi sono stati 6 su 10.
Prima però di arrivare all’articolo di Coccorese, che è a pagina 45, si passa – sempre su La Stampa del 20 novembre – per quello di Elena Lisa a pagina 39 (L’università si divide: “C’è chi usa le aule per fare propaganda”) che, sorprendentemente, ha un incipit molto netto:
«No, guardi – è la reazione secca del professor Francesco Panero – non mi interessa sapere che cosa ha scritto su Facebook la collega Santus del Dipartimento di Lingue che dirigo. Mi basta conoscere cosa so io. E cioè che lei non ha letto la tesi e nemmeno ascoltato la sua discussione. Lo affermo con certezza perché ho sostituito io la professoressa in aula. Non capisco su quali basi giudichi il lavoro come “filo palestinese”».
Poi però c’è un immediato recupero nel paragrafo successivo, prima di passare ad un altro argomento che ha recentemente suscitato polemiche, sollevate dal vicepresidente della comunità ebraica Emanuel Segre Amar.
La politica, o meglio le accuse di far politica, entrano all’ Università di Torino. A muoverle, più o meno velatamente, Daniela Santus, la docente di Geografia che ha scelto di non assistere alla presentazione della tesi sugli «itinerari culturali in Palestina». Aggiunge Ugo Volli, professore di Semiotica: «Siamo mille e ottocento docenti – dice – e rappresentiamo una grande azienda. Eppure c’è chi usa le lezioni per fare propaganda. Ed è sbagliato, sleale verso gli studenti. Perché alcuni crescono convinti di poter aumentare proseliti con le loro tesi di laurea. Comunque, riguardo la vicenda specifica, penso che la professoressa Santus non abbia sbagliato: se in coscienza un docente sente di non essere neutrale è meglio che lasci giudicare il laureando da un sostituto».
Di seguito qualche informazione aggiuntiva per meglio valutare in particolare questo secondo articolo.
Ugo Volli, presentato sbrigativamente come «professore di Semiotica», in realtà è anche – se non soprattutto – un veemente polemista ebreo schieratissimo con lo stato di Israele.
Dando un’occhiata alla concisa pagina che gli dedica la Wikipedia si può notare questo passaggio:
Dal 2006 al 2012 è stato presidente della sinagoga riformata Lev Chadash. Scrive di ebraismo e Medio Oriente su Pagine ebraiche, Moked, Informazione Corretta. Dalle pagine di quest’ultimo sito si evince la sua adesione alla teoria geopolitica detta Eurabia.
Ci si può legittimamente chiedere — oltre al fatto che chissà perché si va a chiedere ad un professore del Dipartimento di Filosofia un’opinione su un incidente avvenuto all’interno del Dipartimento di Linguistica — se alla giornalista de La Stampa siano sfuggiti questi dati su Volli o l’abbia sentito proprio per questo.
Questi due passaggi di un recente intervento di Volli (Un insulto che Rabin non si merita, del 12 novembre) scritto per l’inqualificabile sito ultrasionista informazionecorretta:
Rabin non era così. E’ chiarissimo oggi che firmando i trattati di Oslo ha fatto un errore, forse l’errore più grave di tutta la politica israeliana dal 1948 a oggi.
Come si deve a Sharon (e al suo governo e ai suoi consiglieri) lo stabilirsi di un bubbone purulento a Gaza, che non si riesce a ripulire.
Di Daniela Santus, la professoressa all’origine del “caso”, si trascrive di seguito la dichiarazione che apre l’articolo di Costantino Muscau sul Corriere del 7 maggio 2005 «Troppo amica di Israele» Docente contestata a Torino che ha come sommario Aveva invitato un diplomatico dello Stato ebraico. «Resterò al mio posto»:
Sono stati due episodi sgradevoli, quelli del 20 aprile e del 2 maggio all’ Università di Torino. Sono stata contestata io, in quanto docente ebrea, e anche il viceambasciatore israeliano, Elazar Cohen, che avevo invitato per una lezione di economia, da un gruppo di giovani dei centri sociali, non dai miei 150 studenti, con i quali faccio lezione splendidamente: con essi affronto i problemi israeliano palestinesi senza difficoltà. Ho invitato spesso diverse personalità, anche giordane alle mie lezioni… Un mio assistente è arabo… Di quelle contestazioni preferisco non parlare, perché voglio dialogo, non lo scontro».
Da cui si deduce che, caso per caso, la professoressa Santus cerca il dialogo o ne rifugge, resta al suo posto o se ne va.
Ancora: l’articolo del Corriere del 2005 precisava, accuratamente, un dato, omesso negli articoli recenti, relativo alla professoressa Santus, «convertitasi all’ Ebraismo dalla Chiesa Valdese col nome di Ruth».
In questa intervista del 2010 sul blog ‘SIOCHAIN’ parla della sua conversione:
2) Da cosa si distinguono gli ebrei riformati, di cui fai parte, dagli altri?
Sono un’ebrea “per scelta”, nel senso che mi sono convertita all’ebraismo riformato dopo tanti anni di studio. L’ebraismo riformato, maggioritario negli USA, ma non ancora riconosciuto dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ritiene che la halakha, la legge ebraica, debba stare al passo con i tempi. L’ebraismo riformato, ad esempio, permette anche alle donne di accedere al rabbinato e riconosce i matrimoni gay.
Ma anche delle sue idee politiche:
5) Cosa significa essere finiana per te?
Sono stata presidente del “Comitato per Fini Presidente del Consiglio” nel 2006, poi tra i primissimi promotori di Fare Futuro e, in quelle occasioni, ho avuto il privilegio di conoscere un leader consapevole e corretto, un uomo sensibile, uno studioso. Vi è una notevole differenza tra Fini e Berlusconi e, in quest’epoca di mediatizzazione della realtà, questo è ancora più evidente. Berlusconi rappresenta la figura di leader retorico per eccellenza: di fatto finirà col pagare (com’è già accaduto nel 2006) gli effetti causati dal saldo negativo tra promesse elettorali e risultati effettivamente conseguiti. Berlusconi rischia, a parer mio, di essere vittima del suo stesso populismo mediatico. Fini, invece, è sempre stato – mi riferisco ovviamente al suo passato di leader di AN – persona di poche promesse, ma di fatti concreti. Essere finiana per me significa credere nel fatto che, una volta alla guida dell’Italia (mi auguro in un futuro prossimo), avremmo finalmente un Presidente in grado di definire l’agenda politica del Paese, di fissare i termini del dibattito sulle questioni che questa comprende e di far aumentare il sostegno pubblico nei confronti delle sue proposte. Proposte che si tradurranno in fatti e che vedranno gli italiani e il loro benessere al centro dell’agenda. Un benessere realizzabile soltanto attraverso il ricorso alla legalità, alla solidarietà, alla giustizia, con il sostegno (e non la mortificazione) della cultura e con il pensiero rivolto alle giovani generazioni.6) Pensi che si riuscirà un giorno ad avere una destra in Italia che rinneghi il fascismo?
E’ già accaduto. La destra di Gianfranco Fini è una destra democratica e antifascista, europea e solidale.