da Raffaele Simonetti
Questa la mail del CNJ da cui abbiamo appreso dell’articolo di cui proponiamo la traduzione.
I TAGLIATORI DI TESTE
Decapitare il nemico è di gran moda. L’antica tradizione è stata ripresa nella nostra epoca dai musulmani in Bosnia (1) e poi dall’UCK, cioè le truppe di terra della NATO in Kosovo (2), e da allora è stato un “boom”: dalla Libia alla Siria, gli alleati dell’Occidente tagliano sempre volentieri la testa ai miscredenti. In realtà, c’è un paese nostro alleato che non aveva mai smesso: si tratta della Arabia Saudita, dove all’ultima tornata sono cadute ben 4 teste contemporaneamente (3). Ovviamente, NON è una notizia da dare su RAINEWS.
(1) Mujahedeens with the decapitated heads of Bosnian Serb soldiers Blagoje Blagojevic, Brana Duric, and Nenad Petkovic in Crni Vrh near Teslic
http://www.balkanpeace.org/index.php?index=/content/library/misc1/temp13.incl(2) Decani: Sadik e Valon Quflaj con le teste di Bojan Cvetkovic e Aleksandar Njegovic
http://www.cnj.it/documentazione/ORRORI/orrore8.htm(3) Outrage as Saudi Arabia beheads four men in execution (RT, August 19, 2014)
http://rt.com/news/181476-saudi-arabia-hashish-execution/
Questa notizia è apparsa il 18 agosto sul sito di Amnesty International: Saudi Arabia: Four relatives executed for hashish possession amid ‘disturbing’ surge in executions [ Arabia Saudita: quattro parenti giustiziati per possesso di hashish in un’allarmante ondata di esecuzioni ].
Il CNJ sottolinea che RAINEWS ignora la notizia.
Noi vogliamo sottolineare che il Corriere, che ovviamente dà ampie notizie sulla decapitazione di James Foley, a tutt’oggi ha ignorato queste quattro decapitazioni.
E dire il sito del Corriere ha da diversi anni la rubrica Le persone e la dignità curata da Riccardo Noury (portavoce di Amnesty International Italia) e Monica Ricci Sargentini.
Né Riccardo Noury ha finora ritenuto di parlarne neanche nel suo blog ospitato da il Fatto Quotidiano.
Sdegno per la decapitazione di quattro persone in Arabia Saudita
Fonte: RT 19 agosto 2014 rt.com/news/181476-saudi-arabia-hashish-execution
L’Arabia Saudita ha giustiziato due gruppi di fratelli per contrabbando di hashish, portando il numero di quanti hanno subito la pena capitale a 17 in due settimane. La repressione ha provocato proteste delle organizzazioni per i diritti umani.
“Il recente aumento di esecuzioni in Arabia Saudita è un peggioramento profondamente allarmante. Le autorità devono agire immediatamente per fermare questa crudele pratica”, ha detto Said Boumedouha, vicedirettore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
“La pena di morte è sempre sbagliata, ed è contro il diritto internazionale applicarla in casi che riguardano crimini non letali e quando le prove usate per accusare le persone si basano su ‘confessioni’ ottenute a seguito di torture”.
I quattro uomini, due gruppi di fratelli – Hadi bin Saleh Abdullah al-Mutlaq e Awad bin Saleh Abdullah al-Mutlaq, e Mufrih bin Jaber Zayd al-Yami e Ali bin Jaber Zayd al-Yami – avevano subito una prima detenzione nel 2007.
I loro parenti si sono messi in contatto con gruppi per i diritti umani, affermando che gli accusati erano stati torturati, privati del sonno e minacciati dalla polizia allorché la polizia non era riuscita a presentare prove concrete contro di loro. Nell’ambito dell’ordinamento giuridico della sharia in Arabia Saudita, che si basa su testi religiosi e non ha un insieme di codici di leggi, la confessione ottenuta durante la carcerazione è stata considerata sufficiente per condannarli a morte.
Le denunce dei fratelli di torture – in precedenza sollevate da altri detenuti nelle prigioni saudite – sono state categoricamente respinte dalle autorità.
Amnesty afferma che le famiglie dei condannati hanno tentato di mettersi in contatto ancora una volta nei giorni precedenti l’esecuzione – avvenuta nella città sud-occidentale di Najran – ma di essere stati dissuasi dalle forze di sicurezza.
“Questa evidente intimidazione e sorveglianza di vittime di violazioni dei diritti umani e attivisti aggiunge un altro sinistro tassello all’uso della pena di morte in Arabia Saudita. È chiaramente dimostrato che le autorità sono intenzionate a fare ogni sforzo per evitare che rapporti su clamorose violazioni dei diritti umani nel paese raggiungano il mondo esterno”, ha detto Boumedouha.
“La famiglia in questo caso merita piena informazione sul perché non si è indagato sulle accuse di tortura fatte dai loro cari”.
L’Arabia Saudita ha giustiziato 79 persone lo scorso anno, più di ogni altro paese a parte Cina, Iran e l’Iraq devastato dai conflitti. Quest’anno 17 persone sono state giustiziate fino alla fine di luglio. Ma la fine del Ramadan – il rituale di un mese di stretta osservanza religiosa – ha portato un’imprevista ondata di esecuzioni.