(foto)
Piero Orteca
L’oleodotto-gasdotto ‘Adria’, che dal porto croato di Omisalj, a sud dell’Istria, lo porta alla prima diramazione di Sisak, verso Serbia (Novi Sad e Pancevo), Slovenia (Lendava) e Ungheria (Szàzhalombatta). A questo punto, una “pipeline” aggiuntiva si dirige in Slovacchia, in direzione di Bucany e Bratislava.
Adriatico, gas liquido americano, rigassificatori croati. Concorrenza strategica all’ipotesi di una diramazione del gasdotto russo Druzhba, che, via Ungheria, arrivi fino a Belgrado.
(foto)
Adriatico nuova via dell’energia altrui
Le ‘pipelines’ dell’energia che, dall’Adriatico, portano all’Europa Centro-orientale e balcanica che già esistono, e solo da ristrutturare, curando la rete di distribuzione secondaria. L’oleodotto-gasdotto Adria, che dal porto croato di Omisalj, poco a sud dell’Istria, traccia un arco, che lo porta alla prima diramazione di Sisak, verso Serbia (Novi Sad e Pancevo), Slovenia (Lendava) e Ungheria (Szàzhalombatta). A questo punto, una “pipeline” aggiuntiva si dirige in Slovacchia, in direzione di Bucany e Bratislava. Insomma, la Croazia vuole diventare l’hub energetico privilegiato di questa fetta di Europa, affrancandola dalla sudditanza energetica della Russia.
Croazia ‘hub’ energetico
Zagabria si propone di portare, in tempi brevi, la capacità di trasporto dell’oleodotto ‘Adria’ a 2 milioni di tonnellate al mese di greggio. Secondo il Financial Times, “un’ancora di salvezza per gli altri Stati membri dell’UE (Ungheria, Slovacchia, e Slovenia), e per Serbia e Bosnia, che hanno terminali e raffinerie che si collegano agli impianti “Adria” e che stanno cercando di ridurre la loro dipendenza dalla Russia”. Per quanto riguarda il gas naturale liquefatto, invece, la Croazia dovrebbe più che raddoppiare la quota dell’import, passando da 2, 9 miliardi di metri cubi, a 6,1 miliardi di metri cubi all’anno.
Mare metà italiano e gas americano
Il porto di Omisalj è equipaggiato con degli efficienti impianti di rigassificazione del GNL che arriva, per la maggior parte dagli Stati Uniti. Quello in arrivo da Mosca, già rappresentava solo 1% del fabbisogno. E, secondo il Fondo monetario internazionale, ora è scomparso dall’import di Zagabria. Anche il petrolio russo dovrebbe rappresentare ormai una percentuale minoritaria del consumo nazionale. Perché la Croazia ha già cominciato a sostituirlo col greggio comprato in Azerbaijan e in Kazakistan. Anche se Bruxelles ha concesso a Zagabria una deroga alle sanzioni: può continuare a comprare petrolio russo, ma solo via nave, fino al termine del 2023. In teoria potrebbe importarne più del suo fabbisogno, per poi, magari, riesportarlo, aggirando il blocco. E lucrandoci sopra.
Croazia protagonista Ue e nei Balcani
‘Adria’ offre alle raffinerie di uno spicchio d’Europa diventato improvvisamente instabile, la sicurezza geopolitica di approvvigionamenti sicuri. E alla Croazia, oltre alla possibilità d’inserirsi redditiziamente nella soluzione della crisi energetica, restituisce un ruolo significativo nella politica dell’Unione. Certo, le idee hanno sempre bisogno di condizioni favorevoli per concretizzarsi. Bisognerà vedere, per esempio, che fine farà l’ipotesi di collaborazione tra Ungheria e Serbia per costruire una diramazione del gasdotto russo Druzhba, che arrivi fino a Belgrado. Tutto questo non solo per garantire rifornimenti sicuri, ma anche un prezzo ‘politico’ alle quantità importate.
Tra nafta e gas, lucrosi affari
Occorre anche dire, infatti, che la “Janaf”, la società croata che gestisce l’impianto Adria, ha alzato di molto le sue tariffe per il greggio. E lo stesso dovrebbe accadere per il GNL rigassificato. Quando, dunque, il primo ministro Andrei Pienkovic, poco tempo fa, ha profetizzato il fatto che la Croazia “diventerà un hub energetico europeo”, sapeva che non si trattava solo di solidarietà, ma soprattutto di ‘business’.
18 Ottobre 2022