di Rinaldo Battaglia *
Il 17 Febbraio 1921 come era prassi fare anche nel rovigotto, zona in cui l’antifascismo stava prendendo sempre più piede grazie anche a figure di spicco quali Giacomo Matteotti, gli squadristi locali svegliarono nel cuore della notte Fioravante Rizzieri, un giovane socialista che stava dando fastidio agli uomini di Mussolini per le sue idee. Dormiva a casa sua con i figli e la moglie.
A Salara, nella notte arrivò un camion di camicie nere. Entrarono, incendiarono la stalla in modo tale che Fioravante uscisse in fretta e allo scoperto. E appena uscito lo colpirono a rivoltellate. Classico modo da fare dei vigliacchi. Ma del resto cos’erano?
Niente di nuovo era già successo anche nei giorni prima.
Il giorno 11 a Monfalcone i fascisti di Francesco Giunta armati di bombe e fucili aggredirono i portuali in sciopero, uccidendo un operaio e ferendone gravemente altri 5. Non contenti proseguirono distruggendo la Camera del Lavoro sempre di Monfalcone e poi via diretti per lo stesso scopo a Parenzo . A Matera tra il 13 ed il 14 febbraio l’amministrazione comunale socialista fu costretta alle dimissioni dopo giornate di incendi, lotte, violenze . A Ferrara il giorno 15 l’assessore socialista Luigi Ravà venne bastonato a sangue e lasciato in fin di vita.
Il giorno dopo il 16 febbraio 1921 i fascisti di Vigevano bruciarono la Camera del Lavoro di Cilavegna, sempre nel pavese mentre a Livorno un altro sciopero venne stroncato con la massima violenza, senza che nessuna autorità intervenisse.
Il giorno dopo l’assassinio di Salara, a Roma il deputato socialista Alceste Della Seta venne bastonato in pubblico dai fascisti di Ines Donati nei pressi di Montecitorio. Tutto normale.
C’è un film capolavoro del 1976 in cui l’italianissimo Bernardo Bertolucci, con la sua incomparabile poesia e capacità di osservazione, mette in bocca ad un suo attore una frase che già allora da ragazzo mi ha colpito, sebbene subito non ho compreso appieno. Strada facendo, maturando, ci sono arrivato e ho capito il senso critico di quell’analisi. E con esso il suo immenso valore sociale, condividendolo in buona parte.
E’ il momento in cui il protagonista Olmo Dalcò in ‘Novecento’ si sfoga dicendo che: “i fascisti non sono mica come i funghi, che nascono così, in una notte. No. I fascisti sono stati i padroni a seminarli: li hanno voluti, li hanno pagati. E coi fascisti i padroni hanno guadagnato sempre di più, al punto che non sapevano più dove metterli, i soldi. Così hanno inventato la guerra , ci hanno mandato in Africa, in Russia, in Grecia, in Albania, in Spagna…ma chi paga siamo sempre noi”.
Sembrava un battuta ‘politica’, era invece un tocco di pennello su un’opera d’arte che – a malincuore – fotografava ‘l’italiano medio’ in quella prima metà del secolo scorso. Un’analisi fredda, di certo sinistroide com’era Bertolucci, ma soprattutto un’accusa a chi aveva permesso ai fascisti di crescere e svilupparsi in tutto quel tempo. Molti vi hanno goduto e il termine ‘padroni’ comprendeva troppi italiani interessati.
Si può condividere o meno, ma difficile dire che fosse una ‘lettura’ falsa del fascismo, se lasciamo stare per un attimo le bandiere di partito o le ideologie, solitamente usate ed abusate per nascondere i propri spiccioli interessi di portafoglio.
E’ la morale resta sempre la medesima: il fascismo fu un crimine sin dall’inizio e da criminali fu lasciarlo crescere. Anche se a Roma qualcuno di importante da anni ne cerca la matrice.
17 febbraio 2025 – 104 anni dopo – liberamente tratto dal mio ‘L’inferno è vuoto’ – Ed. AliRibelli – 2023
* Coordinatore Commissione Storia e Memoria dell’Osservatorio
17 febbraio 2025