DANILO TOSARELLI – MILANO
Qualcuno ne avrà sentito parlare.
I più non ne sapranno nulla.
Vale la pena di far conoscere.
Stiamo parlando del codice di Comportamento del Comune di Milano.
Quello riguardante le lavoratrici ed i lavoratori del Comune di Milano.
Il 26 febbraio 2021 la Giunta Comunale lo ha deliberato.
Il primo marzo è stato pubblicato sull’Albo Pretorio.
Dal 6 al 20 aprile è stato possibile fornire pareri affidati a lavoratori, associazioni, cittadini.
Entro il 20 maggio l’Amministrazione fornirà le sue valutazioni sui contributi ricevuti.
Un’esaltazione di democrazia solo apparente.
Nessuna Organizzazione Sindacale è stata interpellata nel merito.
Insieme alle RSU, hanno chiesto un incontro urgente minacciando sfracelli.
Nel frattempo è partita anche una petizione con raccolta firme, promossa da lavoratori.
L’articolo 16 di questo Codice di Comportamento è per me il più clamoroso.
Riguarda i rapporti con i mezzi di informazione e utilizzo dei social network.
Mi piace sintetizzare questa elaborazione così.
Sei un dipendente del Comune di Milano?
Dissenti? E allora stai zitto.
“Il dipendente deve astenersi dal diffondere con qualunque mezzo, compreso il web o i social network, i blog o i forum, commenti o informazioni compresi foto, video, audio che possano ledere l’immagine del Comune e dei suoi rappresentanti o suscitare riprovazione, polemiche, strumentalizzazioni.”
“Il dipendente osserva quanto previsto dai commi precedenti anche al di fuori dell’orario di lavoro, laddove risulti manifesta e conoscibile da terzi, la sua qualità di dipendente del Comune di Milano e/o le informazioni diffuse siano state acquisite dal dipendente nello svolgimento dei compiti d’ufficio.”
Voglio precisare, che sono un sostenitore dell’importanza delle regole.
Buone regole sono necessarie, per far funzionare qualunque organizzazione umana.
Se così è, le regole vanno rispettate.
Ma non mi puoi togliere il diritto di esprimere critiche.
Non mi puoi togliere il diritto di dissentire.
Non mi puoi chiedere di rinunciare alla libertà di espressione.
Me lo garantisce l’articolo 21 della Costituzione Italiana.
Non può essere, che nel momento in cui divento dipendente comunale, perdo un diritto.
Quello di poter esprimere la mia opinione come qualunque altro cittadino di questo Paese.
Essere assunti dal Comune di Milano non può corrispondere all’entrare in clausura.
Le scelte dell’Amministrazione non possono essere un dogma.
Non ci può essere chiesto un atto di fede, a prescindere.
Non è pensabile che non possa criticare scelte per me non condivisibili.
Molti sono gli argomenti su cui si potrebbe disquisire.
Ne scelgo due.
Mi vengono in mente alcune piste ciclabili assai discutibili nella loro realizzazione.
Bocciate, da parere contrario del Ministero dei Trasporti, ma già realizzate.
Quella di corso Buenos Aires ne è un esempio.
Ma potremmo parlare anche, di scelte riguardanti il ruolo e la gestione della Polizia Locale.
Oltre ad esserne un componente, rimango un cittadino di Milano che gode di quei servizi e quindi…
Ritengo di avere titolo per esprimere ciò che penso, nel bene, ma anche nel male.
Mi chiedo, perchè si sia sentita la necessità di appesantire un Regolamento già esistente.
Un Regolamento che ha sempre funzionato e che ha consentito di punire chi ha sbagliato.
Ognuno di noi è consapevole dei propri doveri legati al ruolo ricoperto.
E chi non li ha rispettati, nel corso degli anni, ha dovuto subire anche il licenziamento.
Che bisogno c’era, di appesantire ulteriormente il Regolamento di Comportamento?
Così, come lo vorrebbe oggi il Sindaco Sala, appare come una vera e propria censura.
Ho già avuto modo di esprimere la mia contrarietà e ritengo che potrebbe rivelarsi un boomerang.
Le elezioni sono vicinissime e gli elettori sono particolarmente attenti.
Alcuni illustri giuristi, interpellati in merito, sono già al lavoro.
Un giudizio di incostituzionalità di queste modifiche al Regolamento, potrebbe far male.
Lederebbe la credibilità di questa Giunta, minando la possibile rielezione di Sala.
Ho apprezzato molto le dichiarazioni del consigliere comunale Basilio Rizzo.
E’ stato il primo a prendere posizione, in difesa dei lavoratori.
Rizzo ha sottolineato, che il testo non è stato sottoposto né in commissione, né in consiglio.
Una evidente forzatura che pone in cattiva luce questa Amministrazione Comunale.
Proprio per questo motivo, Rizzo chiede di ritirare questo provvedimento.
L’assessora alle politiche del lavoro Cristina Tajani, ha fatto importanti dichiarazioni a il Fatto Quotidiano.
“La declinazione del provvedimento si basa sull’obbligo di lealtà all’Ente del dipendente.
Non è stato ancora adottato, perchè si è scelta la procedura partecipativa.
Ci sono margini di riscrittura del testo.
Riscrittura che potrà avvenire in base alle osservazioni di cittadini, associazioni, organizzazioni sindacali.”
Posso dire che questo finto populismo genera in me repulsione?
E se fosse un modo per sondare le opinioni dei milanesi, utilizzando come cavie i dipendenti comunali?
Deduzioni folli da fantapolitica?
Apprezzo le dichiarazioni che lasciano aperta la possibilità di cambiare provvedimenti sbagliati.
Dopodichè, disapprovo le cattive intenzioni.
Questa Giunta vorrebbe approvare questo testo e non altro, altrimenti non l’avrebbe approvato all’unanimità.
E questo testo, annulla delle libertà essenziali delle lavoratrici e lavoratori del Comune di Milano.
Rimane un fatto grave.
E non saranno le proteste o i possibili giudizi di incostituzionalità, a modificare il mio giudizio finale.
La Giunta Sala vorrebbe censurare le opinioni dei suoi dipendenti.
Tutto ciò non può trovare giustificazioni.
Per una giunta che si considera di sinistra, un fatto esecrabile.
Foto di Fiona Murray