Mercoledì 17 novembre. Un paese della Valle di Susa. Interno tabaccheria. Cliente: «Buongiorno una marca da bollo da 3,92 euro». Tabaccaia: «Incredibile, in questi giorni tutti vogliono sta marca». Sorriso. Discorso sospeso, complicità. La marca deve essere apposta su una querela.
Le istruzioni sono precise. Compilare il modulo predisposto motivando la propria appartenenza al movimento No Tav. Chi, a suo tempo, ha acquistato il metro quadrato di terra a Chiomonte per opporsi agli espropri nella zona del cantiere del Tav segni quello. Perché la querela possa andare avanti bisogna dimostrare di “appartenere” al movimento veramente e non solo a parole.
Per depositare la querela l’appuntamento è venerdì 19 novembre a Torino davanti al tribunale. Chi non può si presenti a Susa, caserma dei carabinieri. Tutti e tutte puntuali, alle 9.00. Bisognerà mettersi in coda. Con mascherina e distanziamento. Portiamo bandiere e fazzoletti al collo ma non facciamo caciara. Non è una manifestazione, è l’esercizio del diritto di cittadini di querelare chi li ha diffamati. «Bisogna armarsi di santa pazienza per l’ingresso in tribunale e la coda dell’ufficio. Ci sarà da aspettare. Ma questa attesa sarà ordinata, pacifica educata, non accettiamo provocazioni». Nei giorni precedenti arrivano e-mail, scambi di telefonate, WhatsApp. Gli impegni quotidiani vengono organizzati in funzione dell’appuntamento, chi chiede permessi dal lavoro, chi trova il modo di sistemare i nipoti all’uscita di scuola. C’è fermento.
La giornata si chiamerà «Io querelo in prima fila» per ricordare una delle tante occasioni in cui il movimento No Tav ha saputo inventarsi un nuovo strumento per inserire il famoso granello di sabbia nell’ingranaggio, acquistando un metro quadro di terreno là dove avrebbero dovuto in seguito espropriare. Sono state centinaia e poi un migliaio le persone che si sono presentate nel 2008. L’acquisto è stato esteso ai terreni di Venaus, alla Maddalena di Chiomonte, poi a Susa e in altre zone strategiche del progetto. Respingendo una richiesta di TELT (Tunnel Euralpin Lyon Turin), il Consiglio di Stato (massimo organo giudiziario amministrativo) aveva stabilito che per espropriare un bene deve esserci il contraddittorio con tutti i proprietari. Questo ha provocato alla società non pochi problemi. Il movimento No Tav è stato sempre pronto a rispondere alle chiamate. Tutto può succedere perché la storia è lunga di trent’anni e non è stata affidata a un solo leader, non si è affidata a una sola persona che nel tempo coltiva il culto della personalità. Il movimento esiste perché esiste una comunità consapevole, cresciuta insieme, con tutte le differenze ma radicata e presente.
È per difendere questo patrimonio umano fatto di tante storie che si è deciso di non soprassedere e di querelare Maurizio Molinari, direttore de la Repubblica, il quale, il 10 ottobre, nella trasmissione televisiva “Mezz’ora in più” diretta da Lucia Annunziata ha sostenuto, di fronte a un Maurizio Landini chiuso in un pesante silenzio, che: «i No Tav sono un’organizzazione violenta, quanto resta del terrorismo italiano degli anni ’70. Aggrediscono sistematicamente le istituzioni, la polizia, anche i giornali, minacciano i giornalisti a Torino e la cosa forse più grave è che sono in gran parte italiani che si nutrono anche di volontari che arrivano da Grecia, Germania e a volte dalla Francia. Per un torinese No Tav significa sicuramente terrorista metropolitano; chiunque vive a Torino ha questa accezione». Concludendo, poi, con l’affermazione che «la cosa più grave nei confronti dei No Tav è che siccome si avvalgono di una motivazione ambientalista, quando questa motivazione viene legittimata, loro reclutano, con una dinamica che ci riporta davvero agli anni ’70» (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/10/15/e-allora-le-foibe-e-allora-i-no-tav/).
La segnalazione della tabaccaia che continua a vendere bolli di 3,92 euro fa intendere più di ogni altra cosa quanto i No Tav siano un movimento popolare difficile da archiviare.
18-11-2021