di MOWA
«Ogni ghianda può pensare di diventare quercia. Ma nella realtà il 999 per mille delle ghiande servono di pasto ai maiali.» (Antonio Gramsci)
Pochi attimi di Governo Meloni (a prosecuzione del governo Draghi) e già si assapora quel certo non so che di centenario con un retrogusto stantio.
Un retrogusto culturale che qualche illuso ha sottovalutato pensando che fosse di qualità eccellente, vintage, o, per lo meno, un ritono al passato conveniente e, invece, come avviene per la conserva dei vini se le botti sono di legno scadente, invece dell’ottimo vino, si avrà un intruglio imbevibile e, quindi, da gettare via.
Sono bastati pochissimi giorni di Governo reazionario e già non si contano più le ciniche e disumane azioni messe in atto.
In queste ore, la disumanità di questo problematico neo-ministro dell’Interno (che non si attiene alle leggi del mare e al “Codice della navigazione” [1]) inaugura la novità dello “sbarco selettivo” di parte dei migranti, e considera, i restanti salvati in mare dalle imbarcazioni umanitarie da morte certa, come un “carico residuale” e, pertanto, un’“eccedenza” da respingere dai porti e da rimettere, quindi, in balia delle acque internazionali.
Come può dirsi cristiano o difensore dei valori della carità religiosa, come urlato al comizio dei fascisti di Vox, un governo disponibile ad aprire ufficialmente le porte dell’inferno? E questo aiutare il prossimo?
Quanta ipocrisia e che faccia di bronzo, questi “figli” di quella cultura della “specie superiore”…, tanto buoni che, se non ci fosse stata una sollevazione popolare, non avrebbero nemmeno, fatto scendere dalle navi di salvataggio i bambini, le donne e gli ammalati perchè possano essere salvati.
Sosteneva, a ragione, qualche tempo fa, in un saggio, la collaboratrice di des Services éducatifs du Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà, Bianca Maria Dematteis, che la banalizzazione del ventennio nell’Italia del dopoguerra avrebbe indotto a fenomeni di sottovalutazione della violenza fascista. E che questa sottovalutazione era stata portata avanti, particolarmente, da alcune riviste apripista dell’accettazione di quella cultura, «L’Uomo qualunque» diretto da Guglielmo Giannini, «Candido» di Giovannino Guareschi e «Il Borghese» di Leo Longanesi e molte altre dopo perché:
«La deideologizzazione e la sottovalutazione dell’incidenza della violenza fascista è una strategia narrativa alla quale L’Uomo qualunque fa ricorso con un eufemismo, ad esempio sottolineando la natura immaginaria più che realmente praticata della violenza, e facendo ricorso a un dato conforme alla realtà fattuale quale la giovane età degli squadristi, ma con l’obiettivo di attribuire il ricorso alla forza a una disposizione fisica e temperamentale, sminuendo perciò la componente politica di quella prassi. L’eufemismo è lo strumento a cui anche Il Borghese [rivista stampata dal 1950, ndr] ricorre quando riduce lo squadrismo di provincia a mero «dannunzianesimo», presentando perciò come atto estemporaneo e isolato una violenza che si caratterizzava per la sua capillarità, per la sua organizzazione, per i reticoli sociali ed economici che la sostenevano.» [2]
La banalizzazione della violenza fascista che, da decenni, quelle riviste hanno instillato nella popolazione diseducandola, su cosa sia stato, realmente, il regime fascista, quali le sue origini, ecc. e che, anzi, lo hanno fatto passare come vittima, ha generato il paradosso del portato ideologico. Infatti, Dematteis, continua dicendo:
«…la descrizione parodistica e aneddotica della pratica violenta, per mezzo della quale la violenza è ridotta a gesto goliardico; l’uso strumentale e vittimistico che di essa avrebbero fatto gli antifascisti per ottenerne in cambio il riconoscimento di perseguitati politici; la falsificazione di dati di realtà. L’esito cercato è quello di attenuare la specificità del fascismo rispetto ad altre ideologie. Al tempo stesso, l’ambizione di questo discorso è di “smitizzare” l’antifascismo di sinistra e di delegittimare la sua partecipazione alla vita politica nell’Italia repubblicana.» [2]
Ed ora i risultati di un decennale lavorio di deideologizzazione e di sottovalutazione della violenza fascista portati avanti sulle nuove generazioni (dis)educate a cosa e a come andò veramente al potere la dittatura, fanno commettere gli stessi identici errori che vennero fatti cent’anni fa quando sdoganarono ed elogiarono un Benito Mussolini.
Sembra, infatti, che il lavoro sull’istruzione, o meglio sulla di-struzione, della Storia perpetrato da simpatizzanti di cotanta beceraggine con l’involuzione scolastica abbia dato i suoi frutti malati.
Da questi frutti malati i democratici dovranno difendersi e, come dice la studiosa, avere «…una reazione dettata dal buon senso contro un rischio ritenuto incombente» se vogliono salvare e recuperare la Costituzione antifascista.
NOTE
[1] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:21998A0623(01)&from=IT
[2] https://www.politika.io/en/notice/banalizzazione-del-fascismo-nellitalia-del-dopoguerra