di MOWA
«Il punto interrogativo.
C’era una volta un punto
interrogativo, un grande curiosone
con un solo ricciolone,
che faceva domande
a tutte le persone,
e se la risposta
non era quella giusta
sventolava il suo ricciolo
come una frusta.
Agli esami fu messo
in fondo a un problema
così complicato
che nessuno trovò il risultato.
Il poveretto, che
di cuore non era cattivo,
diventò per il rimorso
un punto esclamativo.»
(Gianni Rodari)
Si dibatte, sin troppo insistentemente, in diversi programmi televisivi, la questione della eutanasia (porre deliberatamente termine alla vita di un malato) facendo vedere filmati di chi è affetto da malattie degenerative e intervistando sia il malato (quando possibile) che i genitori ma nessuno si pone il problema del perché i parenti siano straziati nell’animo da un sistema capitalistico che non accudisce i malati a 360 gradi ma che“scarica” tutte le incombenze della mancata assistenza specialistica sulle famiglie facendo cadere, ulteriormente, le persone care in una depressione anche valutativa.
Infatti, quante sono le persone che trascurano il dato sia psicologico che sociale di tali scelte? E, ci si chiede “Se fosse diversa la valutazione nel merito, se esistesse una considerazione più vicina ai reali bisogni della persona, quali sarebbero le scelte?”
La richiesta dell’eutanasia nasce, probabilmente, anche dalla depressione di un concreto abbandono dell’individuo da parte della società capitalistica nel suo complesso (in prevalenza sanitario) ma, principalmente, anche perché chi è malato è (cinicamente) considerato improduttivo e quindi un peso, un costo… qualcuno che non necessita più di altre opportunità.
Purtroppo, è uno spietato calcolo economico massocapitalistico che influisce sulla più antica enunciazione antropologica di conservazione dell’essere umano da cui, poi, si sono agganciate, anche, molte religioni (o pseudo tali) che, spesso, ne hanno travisato la conclusione a proprio vantaggio.
Inutile dire che tra i maggiori sostenitori dell’eutanasia furono i nazisti con il progetto chiamato Aktion T4, acronimo di “Tiergartenstrasse 4”, nome dato dalla via e numero civico di Berlino al cui indirizzo era situato il quartier generale dell’ente pubblico per la salute e l’assistenza sociale – la Gemeinnützige Stiftung für Heil- und Anstaltspflege. Costoro, in una continuità ideologica con quanto propugnato sull’eugenetica, teorizzavano la necessità di proteggere la razza ariana e, negli anni intorno al 1933, praticarono la sterilizzazione di più di 400.000 tedeschi (in 12 anni) con la prevedibile e criminale decretazione, nell’agosto del 1939, da parte del governo tedesco dell’obbligo, per il personale sanitario, di registrare sia i neonati che i bambini al di sotto dei tre anni affetti da qualsiasi forma di disabilità, infatti, il Reich, istituì un censimento volto a sapere le capacità lavorative dei malati.
Sulla scelta, poi, di chi è a favore all’eutanasia si dovrebbe parlare in termini più filosofici, ovvero, chi può ergersi a giudice per porre deliberatamente termine alla vita di un malato “senza” speranza di guarigione? E, non si trovino strumentali scusanti sulla sofferenza del malato perché nulla giustifica l’uccisione di un nostro simile.
Sarebbe interessante fare un sondaggio per capire se chi, da una parte propone l’eutanasia (anche molti che si definiscono di “sinistra”), dall’altra, invece, è contrario alle guerre che portano caduti e feriti in combattimento. Non è assurdo avere una così stridente benevolentia – ovvero, avere buona disposizione d’animo verso una persona – e non verso altri?