Karim El Sadi
“Quando me l’hanno segnalata ho avuto nausea, Dell’Utri dovrebbe essere processato per le stragi del ’93”
E’ nauseato e disgustato Salvatore Borsellino, fratello del giudice morto ammazzato con i suoi agenti di scorta il 19 luglio ’92, e fondatore del Movimento Agende Rosse. ll motivo? La lettera di auguri firmata da ex dipendenti di Publitalia e amici di vecchia data di Marcello Dell’Utri per gli 80 anni dell’ex senatore ed ex direttore dell’azienda, che hanno pagato per pubblicarla sul Corriere Della Sera qualche giorno fa. “Auguri caro Marcello”, si legge in caratteri cubitali sul quotidiano più diffuso nel Paese. Una lettera, confessa Borsellino, “che grazie a Dio mi è sfuggita ma mi è stata segnalata”. Leggendo le 200 firme e quella dedica “ho avuto nausea”, ammette. Sintomo che “per altro si ricollega a quando Giulio Andreotti, senatore a vita, veniva omaggiato nel Parlamento da tutti i parlamentari che facevano la fila per andare a omaggiarlo”. “Mi ha provocato lo stesso disgusto”, dice. “Anche Andreotti era stato condannato, ma poi prescritto, per i suoi contatti con la mafia, anche se solo al 1980”, ricorda il fratello di Paolo Borsellino che poi chiosa: “Chi ha firmato questa lettera ha fatto outing, cioè ha dichiarato la sua vicinanza a Cosa nostra, alla criminalità organizzata”. Questo perché “la persona a cui hanno fatto gli auguri è un criminale che è stato in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa ed è l’uomo che ha fondato il partito Forza Italia, di cui si ipotizza il suo presidente Silvio Berlusconi possa diventare addirittura il capo dello Stato di questo Paese”. “Siamo veramente allo sbando”, aggiunge per poi promettere di ricordarsi i nomi dei firmatari “per vedere se riconosco qualcuno e tenermelo lontano nel momento in cui dovessi avere qualche contatto con loro”. Questa sorta di simpatia – per non dire quasi servilismo – di certa stampa nei confronti del potere “è una cosa che si ripete”, continua sul punto Borsellino. “E non riguarda solo il Corriere della Sera ma tutta l’informazione nazionale, tranne qualche rarissima eccezione come ANIMAFIADuemila o Il Fatto Quotidiano”. “L’informazione è asservita al potere e diciamo occulta certi tipi di notizie, come per esempio il processo sul trattativa Stato-mafia che per anni è stata definita presunta”. “Purtroppo – confessa – mi sono abituato a non leggere i giornali per informarmi ma solo per leggere le porcate che scrivono”. In sostanza questo “appiattimento dell’informazione”, a detta del fondatore delle Agende Rosse, è legato al “processo di revisionismo storico in corso in Italia” di cui è figlia la riforma Cartabia, più vote criticata da Borsellino, e da lui definita come “resa dello Stato nei confronti della criminalità organizzata”. Borsellino, come un fume in piena, ne ha per tutti. Tutto questo – dice – avviene “anche a fronte di quello che accadrà con i capitali che arriveranno dall’Europa, dato che si stanno semplificando le procedure con la scusa degli appalti e il processo di semplificazione”. A suo dire in questo modo “è stata aperta la strada affinché la criminalità organizzata possa mettere le mani su questi immensi capitali grazie a persone che per fare ciò che faranno non potranno nemmeno essere processati”. L’intervista poi torna su Marcello Dell’Utri, quello che i giudici hanno descritto come “mediatore” o uomo cerniera tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi. Di Dell’Utri aveva parlato Paolo Borsellino pochi giorni prima della strage di Capaci, quando venne intervistato da giornalisti francesi in merito ai rapporti che Dell’Utri avrebbe avuto con Vittorio Mangano e il mondo di Cosa nostra. In quell’intervista il giudice non potè esporsi ma fece “degli accenni inusuali” e quell’intervista potrebbe essere stata “una delle concause” dell’accelerazione della strage di via d’Amelio, secondo Borsellino, “insieme alla richiesta di Paolo di andare a deporre a Caltanissetta” su ciò che avrebbe scoperto sulla strage che aveva ucciso l’amico e collega Giovanni Falcone, e sulla “scellerata trattativa tra mafia e Stato di cui mio fratello di sicuro è venuto al corrente”. Ad ogni modo oggi, a tre decenni di distanza, si sa molto di quel periodo tragico e delle responsabilità di chi al tempo si trovava nelle sfere di comando. Una sentenza di primo grado accerta che trattativa ci fu, e attualmente Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri risultano indagati a Firenze per essere i mandanti delle stragi del 1993. Sul punto, sostiene Borsellino, emergono evidenti responsabilità e – come ha affermato l’avvocato dei familiari delle vittime della strage di Georgofili – anche Salvatore Borsellino ritiene esistano gli elementi sufficienti a “processare Dell’Utri”. Tuttavia, continua sul punto sospirando, anche se Dell’Utri venisse processato e “condannato purtroppo le responsabilità di Berlusconi temo non verrano alla luce anche se ci sono perché non poteva non sapere”. “La mia speranza – conclude – ritengo sia vana. Nel poco di vita che mi resta non credo che riuscirò mai a conoscere la verità, però fino all’ultimo cercherò di spingere perché questa verità possa arrivare”. “Sicuramente – ribadisce – Marcello Dell’Utri deve andare sul banco degli imputati”.