Prossimi due anni di presidenza Biden ancora più sofferti con i repubblicani che ora hanno la maggioranza al Congresso e Trump che corre per la nomination alle presidenziali 2024 che promettono guai e cercano vendette. Ad esempio, mettere subito sotto in chiesta il presidente Biden. Restituire il tentativo di Impeachement con in mezzo il figlio e non lontanissime questioni ucraine.
Mentre, notizia a latere, quel bel personaggio di Elon Musk, il nuovo patron di Twitter, ha lanciato un referendum per chiedere di votare sì o no al ritorno di Donald Trump sul social da cui era stato bandito all’indomani dell’assalto al Capitol del 6 gennaio 2021.
Sempre ‘First America’ mente il mondo rischia la catastrofe nucleare
Avevamo annunciato una resa dei conti. E resa dei conti sarà, anche se il fortino democratico, alle elezioni di Medio termine americane, ha resistito egregiamente fino all’ultimo. Sconfessando tutte le previsioni catastrofiche, il partito di Biden ha conservato il controllo del Senato, ma ha perso la Camera, per la miseria di un paio di seggi. Ma tanto basta, per cambiare molti degli equilibri politici che regolano la vita della superpotenza da cui dipendono i destini del pianeta. Ergo, nel Grand Old Party, che avrà in Denis McCarthy il nuovo “House speaker”, il ruolo che era di Nancy Pelosi, già si affilano i coltelli per partire al contrattacco degli storici avversari.
Rese dei conti politiche con vendette personali
I Repubblicani avranno molte opportunità di mettere sui carboni accesi l’Amministrazione Biden. Uno, in particolare, potrebbe avere un impatto mediatico rilevante, oltre che essere un approccio capace di incidere profondamente sui livelli di consenso popolare. Nel caso specifico, ci riferiamo al “potere d’indagine”, illustrato dal report di Jim Hines, su RealClearPolitics. L’autore intervista James Comer, destinato a diventare capo del Comitato di Supervisione del Congresso, cioè dell’organismo che vaglia e segue l’istruttoria di indagini particolarmente “sensibili”, perché riguardano politici e amministratori di alto livello.
Hunter Biden, il figlio del Presidente
Le prime parole dell’esponente repubblicano si riferiscono all’imminente inchiesta sugli affari internazionali di Hunter Biden, il figlio del Presidente, e non lasciano adito a dubbi. “Vogliamo sapere – ha detto – che cosa l’Amministrazione Biden sta cercando di nascondere al popolo americano. Voglio essere chiaro: questa è un’inchiesta su Joe Biden e su questo si concentrerà la Commissione nel prossimo Congresso”. Secondo RealClearPolitics, le ipotesi di reato individuate dai Repubblicani riguarderebbero “riciclaggio internazionale di denaro, un collegamento alla tratta di essere umani e spaccio di influenze”. Pesantissimi gli altri “avvisi” che Comer lancia alla Casa Bianca, tanto per far capire il clima che si respirerà in Congresso a partire dal prossimo gennaio. “Questa indagine sarà una priorità assoluta – ha detto – “gli interessi di sicurezza nazionale richiedono che il Comitato conduca tali indagini…“.
Peggio di Al Capone
I repubblicani del Comitato avrebbero scoperto prove di crimini federali commessi da e a vantaggio di membri della famiglia del Presidente, affermano. “Questi includono cospirazione o frode negli Stati Uniti, frode telematica, violazione del Foreign agents registration act, violazione del Foreign corrupt practices act, violazioni del Trafficking victims protection act, evasione fiscale, riciclaggio di denaro e cospirazione per commettere riciclaggio di denaro”. “Inoltre – continua Comer – nel 228º Congresso questo comitato valuterà lo stato dei rapporti di Joe Biden con i partner stranieri della sua famiglia e se è un Presidente compromesso”. Ma la stoccata più violenta, in cauda venenum, il prossimo Presidente del Comitato di Supervisione della Camera degli Stati Uniti, la riserva al computer di Hunter Biden, smarrito, ritrovato e consegnato alla polizia, che conterrebbe, secondo gli assatanati esponenti del GOP, informazioni molto compromettenti.
Politica Far West in attesa dell’OK Corral
Comer chiude il suo intervento con una dichiarazione che sembra, non solo una minaccia, ma una vera e propria dichiarazione di guerra alla Casa Bianca: “I Repubblicani del Comitato hanno parlato con più informatori, documentandosi su numerosi schemi che coinvolgono la famiglia Biden e sul laptop di Hunter Biden. Ottenendo documenti di transazioni precedentemente sconosciute”. Che dire?
Più che politica, una crisi di nervi
Certo, i Repubblicani sono sull’orlo di una crisi di nervi: pensavano di sotterrare Biden e i Democratici e invece si sono dovuti “accontentare” di un quasi-pareggio che suona come un’amara sconfitta. Quasi. Perché, lottando con le unghie e con i denti in alcuni distretti che non t’aspetti (New York e California) hanno messo le mani su mezzo Congresso. Con la Camera sotto il suo martello, infatti, il Grand Old Party ora allargherà a dismisura il suo potere di interdizione nei confronti della Casa Bianca e inoltre potrà tenere l’Amministrazione Biden sotto una continua pressione mediatica e, come abbiamo visto, addirittura inquisitoria. Il Presidente e il suo partito sono stati durissimi in campagna elettorale, dipingendo i Repubblicani come “estremisti, un pericolo per la democrazia”. Trump, il suo devastante approccio politico e i candidati a lui vicini sono stati i principali bersagli di una propaganda spietata. Biden e il suo staff non hanno fatto prigionieri, gettandola, pesantemente, sul personale. E hanno vinto. Nel senso che non hanno perso. Ora, però, il vento è girato e i Repubblicani gli renderanno pan per focaccia. Vogliono il sangue (politico, è chiaro) e faranno di tutto per vendicarsi.
L’America è spaccata? Peggio.
Se non cambiano miracolosamente le cose, va verso una sorta di guerra civile culturale: ormai si litiga sull’organizzazione di tutti i servizi sociali e sui grandi fondamentali dell’economis. Ecco perché è molto difficile che i due blocchi dialoghino. Gli ostacoli non sono solo rappresentati dai “duri e puri” come Donald Trump, Newt Gingrich, Nancy Pelosi (che andrà in pensione) o Bernie Sanders. Alle loro spalle ci sono plotoni di congressisti per i quali, al di là dei proclami, nei fatti l’interesse del partito precede quello della nazione. Le prossime battaglie riguarderanno, innanzitutto, l’innalzamento del tetto del debito federale e la “riquadratura” di una politica estera fin troppo aggressiva. E quindi costosa.
Politica estera e presidenziali 2024, si cambia
19 Novembre 2022
BOTTA E RISPOSTA
Nominato un procuratore speciale per le inchieste su Trump
L’attorney general Merrick Garland ha deciso di nominare un procuratore speciale che sovrintenda alle due indagini federali in corso su Donald Trump: quella sui documenti classificati trattenuti nella sua residenza di Mar-a-Lago dopo la presidenza e quella sui suoi tentativi di interferire nel trasferimento pacifico del potere dopo le elezioni del 2020, culminati nell’assalto al Capitol dei suoi fan il 6 gennaio 2021. Pronta la reazione del tycoon, che in una intervista a Fox ha definito l’iniziativa “politica e ingiusta”.
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La scelta è caduta su Jack Smith, nominato nel 2018 procuratore capo della corte penale internazionale dell’Aja, dove ha indagato sui crimini di guerra in Kosovo. Laureato ad Harvard, politicamente indipendente, è un veterano del dipartimento di Giustizia, dove ha guidato la sezione ‘integrità pubblica’ e lavorato come procuratore statale e federale a New York e in Tennessee. In passato ha seguito casi di alto profilo, mettendo sotto accusa, tra gli altri, l’allora governatore della Virginia Bob McDonnell e il deputato Rick Renzi, entrambi repubblicani. Lo ‘special counsel’ inizierà a lavorare “immediatamente”, godendo di una sua autonomia, anche se alla fine resterà soggetto al controllo dell’attorney general, cui spetta prendere la decisione finale.