A distanza di dieci giorni dall’elezione della Assemblea Costituente in Venezuela svoltasi lo scorso 30 luglio, il paese si troverebbe, secondo i maggiori media occidentali con al seguito quelli italiani con i calzoncini corti (perché insistiamo ad essere un paese strutturalmente “al seguito”), nel… caos !
In realta l’afflusso al voto di oltre 8 milioni di elettori (pari ad oltre il 41% dell’intero corpo elettorale, ma se si tiene presente la media dell’astensione storica, pari a circa il 55% dell’elettorato attivo) ha dimostrato che il chavismo è ancora maggioritario nel paese. Inoltre si stima che tra 1 milione e 2 milioni di persone non abbia partecipato al voto a causa delle intimidazioni e delle minacce pervenute soprattutto verso la classe media chavista che vive nei quartieri bene delle diverse grandi città venezuelane a partire da Caracas. L’accusa di brogli pervenuta dalla multinazionale che gestisce il voto elettronico, in Venezuela come negli Usa, è caduta rapidamente nel dimenticatotio: i dati sono tutti disponibili e verificabili perfino nel sito web del Cne (Consiglio nazionale elettorale).
D’altra parte, le percentuali ricevute nel voto costituente sarebbero agognate da molti degli attuali leader di governo sia in Europa che oltreoceano, i quali sono al potere talvolta con poco più del 20-25% dei consensi effettivi.
Il segnale, di grande partecipazione al voto per la Costituente e anche per la fine della violenza che dura dall’aprile scorso con le manifestazioni che hanno causato la morte di oltre 120 persone, è stato colto immediatamente dalle maggiori forze politiche dell’opposizione: il tentativo di far saltare il governo Maduro attraverso l’ennesima rivoluzione colorata in stile piazza Maidan, è fallito. Ad ammetterlo buona parte dell’opposizione.
I tre maggiori partiti dell’opposizione, Accion Democratica, per bocca del suo leader Ramon Allup, Voluntad Popular, per bocca di Freddy Guevara e del “prigioniero politico” Leopoldo Lopez (il quale ultimo si è anche messo a disposizione della Comisione Verdad incaricata di far emergere le responsabilità della violenza) ed infine Primero Justicia del Governatore dello Stato Miranda, Capriles, hanno confermato che parteciperanno alle elezioni amministrative che si terranno il prossimo 10 dicembre. Si tratta di una svolta di 180 gradi rispetto a quanto sostenuto fino a ieri: «… non riconosciamo nessun potere istituzionale, il governo Maduro deve dimettersi».
Dunque l’opposizione aggregata intorno al Tavolo di Unità Democratica (MUD) si è, almeno per il momento, spaccata. Ramon Allup ha detto che «non è proprio il caso di lasciare ai chavisti il potere anche negli stati che compongono il Venezuela federale. Noi parteciperemo alle elezioni a prescindere da cosa ne pensino gli altri (della MUD, ndr)».
Tanto per dar conto della “terribile dittatura chavista” che riempie i titoli dei maggiori quotidiani e delle deprimenti rassegne stampa televisive, il CNE (Consiglio nazionale elettorale, uno dei 5 poteri autonomi che definiscono la struttura costituzionale del paese e che è indipendente dal Presidente Maduro) aveva già comunicato quali sarebbero state le forze politiche ammesse a partecipare al voto di dicembre. Si tratta di:
1. Acción Democrática (AD)
2. Avanzada Progresista (AP)
3. Independientes por el Progreso (IPP)
4. Mesa de la Unidad Democrática (MUD)
5. Movimiento Primero Justicia (PJ)
6. Nueva Visión Para Mi País (Nuvipa)
7. Partido Comunista de Venezuela (PCV)
8. Partido Socialista Unido de Venezuela (Psuv)
9. Partido Unión y Entendimiento (Puente)
10. Tendencias Unificadas Para Alcanzar el Movimiento de Acción Revolucionaria Organizado (Tupamaro)
11. Unidad Político Popular 89 (UPP89)
12. Un Nuevo Tiempo Contigo (UNTC)
13. Voluntad Popular Activistas (VPA, partido de Leopoldo López).
Si può quindi dire che l’insediamento della Costituente ha riaperto la possibilità di dialogo, auspicata dal gruppo dei mediatori (tanto da Zapatero ed altri ex presidenti che dal Papa) in quanto è risultato evidente che il chavismo non era affatto in una situazione di collasso. L’estemporanea “rivolta militare” di Valencia, immediatamente messa sotto controllo dall’esercito, è stata l’ennesima operazione mediatica, dopo l’assalto con l’elicottero al Tribunal supremo di Justicia di qualche settimana fa; l’ultima azione è stata messa in scena da un ex militare che risiedeva negli Usa e da un gruppo di mercenari assoldati che non avevano nulla a che fare con le forze armate. Sia la prima che la seconda azione mediatica è stata diretta, a quanto sembra, da Miami, nei circoli che fanno riferimento all’ex candidato presidenziale Marco Rubio, secondo alcuni, “Narco Rubio”.
Mentre per il governo Maduro si è trattato di un’azione tecnicamente terrorista, è davvero sorprendente che da parte di forze politiche e dei media occidentali si sia inneggiato al golpe mancato.
Parallelamente si è avuta due giorni fa la dichiarazione di Lima, incentivata dall’ingerenza USA che, attraverso la CIA al comando di Pompeo ha reiterato nell’ultimo mese l’intenzione di un intervento congiunto nord e sud americano contro il Venezuela; in essa i governi di Colombia, Perù, Cile, Brasile, Argentina, Messico, (il “meglio” del neoliberismo latino americano), si sono intromessi sostenendo che “non riconoscono la Costituente”… analogamente a quanto hanno fatto diversi paesi europei, ivi inclusa Spagna e Italia (mentre la Francia di Macron tende a distanziarsi da posizioni unilaterali e a giocare un ruolo di mediazione tra le parti).
La domanda è: ma chi vi ha chiesto di riconoscerla ? Ovvero di intromettervi nelle questioni interne di uno Stato sovrano?
La maggioranza dei 5 paesi del Mercosud (Argentina, Paraguay, Brasile) si è espressa per l’esclusione del Venezuela dall’accordo commerciale del Cono sud dell’America Latina, con la distinzione dell’Uruguay che ha optato, per il momento, per la sua provvisoria sospensione. Dall’altro lato l’ALBA (Ecuador, Bolivia, Cuba, Nicaragua ed altri paesi caraibici) ha riconfermato pieno sostegno al governo costituzionale di Maduro.
Ma la dichiarazione di maggior rilievo che viene accortamente censurata e tenuta nascosta è quella risalente al 21 giugno scorso (da due mesi non se ne da alcuna nota in Italia), sottoscritta a Ginevra da 57 paesi, a margine della riunione del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, di chiaro appoggio al Venezuela e di rifiuto di ogni ingerenza esterna; tra i paesi firmatari, figurano: Cina, Russia, India, Iran, Sud Africa, Algeria, Pakistan, Congo, Vietnam, Cuba, Egitto, Ecuador, Bolivia, ecc. Insomma una serie di paesi che messi insieme rappresentano circa 4 miliardi di abitanti del pianeta.
«L’isolamento del Venezuela da parte della cosiddetta “comunità internazionale” è l’autorappresentazione che ci perviene dai media occidentali che si ritengono media globali, esaustivi e insindacabili, ma non corrisponde affatto alla realtà».
Tutto ciò non mette in discussione che il paese sia spaccato più o meno in due e che in Venezuela sia in corso, al netto di una serie di ritardi e di errori del chavismo, una lotta di classe o, se si vuole, una accesa tenzone di prospettiva politica tra chi vuole far tornare il paese sotto le ali protettive nord americane di cui l’oligarchia locale dovrebbe tornare ad essere garante e chi invece intende proseguire, perfezionandolo, un percorso di emancipazione e di integrazione sociale interna e interregionale.
Quale è la posizione che dovrebbe assumere l’italia in questo scenario? E qual è la posizione che dovrebbe essere sostenuta a sinistra?
Mentre Macron come accennato, fa il suo gioco, e mentre Melanchon, Podemos e Die Linke si sono espressi per il sostegno a Maduro il primo e per il rispetto della sovranità del paese e per il dialogo i secondi, a casa nostra a livello di governo ha preso forma l’asse italo-spagnolo secondo il quale ci si trova di fronte ad una dittatura.
L’incapacità di approfondire qualche elemento minimo di conoscenza storica, sociale e di approfondimento dei fatti concreti avvenuti in questo paese negli ultimi due decenni, insieme al massaggio mediatico permanente e unilaterale, amplifica il terrore dei diritto-umanisti a senso unico di essere additati come sostenitori del tiranno, analogamente a quanto già accaduto con Milosevicz, Gheddafi, e via discorrendo. Mentre i diritti dei popoli dei paesi in via di sviluppo svaniscono in una nube autoassolutoria che si registra in buona parte delle forze politiche di “sinistra”, salvo sostenere, quando gli eventi risultano irrecuperabili, l’accoglienza a spada tratta, di profughi, rifugiati e asilanti.
Non sarebbe meglio, almeno dove ancora è possibile, solidarizzare e sostenere quelle esperienze che tentano pur con grandi difficoltà e contraddizioni di raggiungere un’emancipazione dentro i loro territori, evitando il CAOS intestino ed esterno che, per il momento, l’insediamento della Costituente ha consentito in Venezuela ?
E’ questa una domanda che andrebbe posta agli attori e alle comparse che si avvicendano sul palco della ricomposizione della sinistra in Italia.
11/08/2017