I capitalisti, dopo aver contrastato in tutti i modi i modelli di società che si erano evoluti sul piano sociale o che dimostravano grande civiltà ed umanità (che avevano origini dalle conquiste del proletariato del secolo scorso), ora, si vorrebbero riprendere tutto e con gli interessi.
Un’idea di come si siano fatti furbi (il che non vuol dire intelligenti!) i capitalisti ce la siamo fatta e (detta in breve) risale al periodo in cui gli oppressi decisero di non stare più al gioco dei padroni.
Una delle tappe più importanti della rivolta proletaria per l’emancipazione l’abbiamo avuta nel 1917, con la Rivoluzione bolscevica, dove c’era da una parte una Russia in un subbuglio economico immane e, dall’altra, un incalzante nuovo progetto politico che avanzava sia sul versante sociale che ideale con teorie che si rifacevano al marxismo-leninismo: quello comunista.
I capitalisti (vista la mala parata in quel considerevole pezzo di terra) come risposta a quella nuova società che progrediva a vista d’occhio e recuperava consenso in tutto il mondo, crearono, tutt’intorno e a ridosso dell’URSS, modelli statali pseudo-sviluppati nel welfare dando così la “pia” illusione che quei paesi fossero un, anzi, il modello da proporre come contrasto alla sempre più emancipata Rivoluzione bolscevica. Ecco, allora, comparire modelli socialdemocratici, creati artificiosamente come cintura al comunismo sovietico, che nel tempo incominciavano a dare i loro frutti persuasivi sulle popolazioni creando l’illusione di essere Paesi avanzati ma, una volta caduta la spinta rivoluzionaria bolscevica, rieccoli comparire, invece, con la vera essenza di capitalisti. Un esempio è la Svezia che sta regredendo, pian piano, sia socialmente che culturalmente (vedasi il crescente fenomeno nazionalistico-xenofobo e il suo non-welfare, l’Ikea, ad esempio, licenzia la dipendente a Corsico non rispettando gli accordi – vedi sotto) e questo è solo l’anticipo di quello che c’è dietro la maschera del buonismo capitalistico.
MOWA
Ikea Milano, madre separata con figli piccoli licenziata perché non rispetta i turni. Colleghi in sciopero per solidarietà
Succede a Corsico. La donna ha due bambini di 10 e 5 anni. Il più piccolo disabile: “Per me arrivare alle 7 è impossibile”. I sindacati: “Daremo battaglia. Alla faccia del welfare svedese”. In serata l’azienda commenta: “Vogliamo approfondire meglio la vicenda”
di LUCA DE VITO
Madre separata con due figli, di cui uno disabile, licenziata perché non può entrare a lavorare alle 7 del mattino. Succede all’Ikea di Corsico, dove i lavoratori da oggi stanno organizzando assemblee e scioperi (uno dalle 11 alle 12 e uno dalle 17 alle 18) per protestare contro la decisione del colosso svedese dell’arredamento.
Marica Ricutti 39 anni, laureata in scienze alimentari, lavorava da diciassette nello stabilimento di Corsico, prima al bistrot a piano terra e da qualche mese al ristorante del primo piano. “Mi sono sempre adattata a tutte le richieste – racconta Marica – e ho detto di sì anche all’ultima, quella in cui mi hanno chiesto di cambiare reparto. Ho detto sì, ma ho chiesto che mi si venisse incontro per gli orari: io ho due bambini uno di dieci e uno di cinque anni, il più piccolo è disabile, motivo per cui ho la 104. All’inizio mi hanno detto di sì e che non ci sarebbero stati problemi. Poi le cose sono cambiate”.
Nel precedente posto, Marica lavorava con turni dalle nove del mattino fino a chiusura. Nel nuovo capitava spesso che le venisse chiesto di lavorare dalle 7 del mattino. “Ho chiesto più volte maggiore flessibilità perché per me spesso era molto complicato rispettare quegli orari – aggiunge Marica – Mi hanno sempre rimpallato da una persona all’altra. Allora ho deciso di fare gli orari che facevo nel vecchio posto”.
La settimana scorsa, il licenziamento in tronco. Nella lettera, Ikea sottolinea che è venuto meno il rapporto di fiducia in due occasioni in cui la dipendente si sarebbe presentata al lavoro in orari diversi da quelli previsti, una volta due ore in anticipo, l’altra due ore in ritardo.
“Alla faccia del welfare svedese – dice Marco Beretta della Filcams Cgil di Milano -. In questi anni Ikea ha cambiato pelle e questo episodio è un chiaro messaggio rivolto ai lavoratori. Vogliono far capire a tutti che decidono loro e, a prescindere dai problemi che può avere ognuno, o accettano o sono fuori. In questi giorni organizzeremo raccolte firme, presidi e volantinaggi”.
In serata è arrivato un breve commento dell’azienda che suona come un’apertura: “In merito alla situazione di Marica Ricutti, Ikea Italia comunica che sta svolgendo tutti gli approfondimenti utili a chiarire compiutamente gli sviluppi della vicenda. L’azienda vuole valutare al meglio tutti i particolari e le dinamiche relative alla lavoratrice”.
28 novembre 2017