Ogni limite ha la sua pazienza come diceva Totò. Ma questi limiti vengono ormai superati quotidianamente e talvolta in modo così grottesco da far comprendere che la verosimiglianza è ormai un lusso inutile per l’informazione e la dignità del giornalismo una macchia da cancellare. Prendiamo il cosiddetto attentato dell’altro giorno quando un’auto si è schiantata agli Champs Elisees contro una camionetta della polizia, facendo subito gridare al terrorismo, come da apposita velina governativa. Leggo da Repubblica: “Una vettura si è schiantata contro una camionetta della polizia prima di prendere fuoco. Il conducente, estratto dalla macchina in fiamme, è morto. Era noto ai servizi di sicurezza. Nella macchina c’erano anche una bombola di gas e un kalashnikov. Ministro dell’Interno: “È stato un tentativo di attentato. La minaccia terroristica resta altamente elevata”. Successivamente France Info ci ha fatto sapere che nel bagagliaio della vettura c’erano addirittura novemila munizioni e che “stando all’inchiesta, l’uomo è morto a causa dell’incendio nell’abitacolo della sua Renault Megane, forse, per l’esplosione di parte delle 9.000 munizioni che aveva caricato a bordo insieme ad almeno una bombola di gas, un kalashnikov e due pistole”
Ora tutti noi possiamo avere un’idea di come possa essere ridotta un’auto che prima va sbattere e poi prende fuoco con munizioni nel bagagliaio che esplodono, invece le foto, sempre prese da Repubblica, perché non si dica che mancava questa fondamentale informazione visiva, mostrano tutt’altro e ditemi voi se la versione ufficiale ha un qualche rapporto con la realtà:
Lamiere assolutamente intatte quando sappiamo bene cosa provochi il minimo urto, bagagliaio pure e al massimo può aver preso fuoco il sedile posteriore come accade per i mozziconi che finscono a tradimento sulle tappezzerie, mentre i vetri sono stati rotti dai poliziotti accorsi. Chissà magari è un attentato sponsorizzato dalla Renault. Ma il bello deve ancora venire perché questo terrorista è davvero stravagante e lo sono ancora di più quei servizi destinati a offrire la sicurezza degli spot in cambio di libertà: secondo la televisione pubblica francese l’uomo era schedato e segnalato come islamico radicalizzato, ma nonostante questo aveva regolare porto d’armi che gli era stato rinnovato a febbraio scorso. Non paghi di questo mar di Cambronne in cui navigano e comunque inchiodati alla versione terroristica, gli inquirenti non possono però nemmeno dire che sono stati presi completamente alla sprovvista e così hanno fatto sapere che l’attentatore “avrebbe giurato fedeltà all’Isis e si sarebbe vantato di fare il doppio gioco, utilizzando l’hobby del tiro sportivo per creare un arsenale finalizzato a scopi terroristici”. La pezza è ancora peggiore del buco. Magari si dilettava di tiro al piattello col kalashnikov e per prenderlo ci volevano centinaia di proiettili.
Ma andiamo, mi piacerebbe sapere quale funzionario dei servizi o commissario sia sia inventato questa versione alla Clouseau per mettere insieme una storia senza senso imperniata sulla necessità di mantenere viva la paura del terrorismo, ma nel contempo in grado di nascondere l’area grigia quale fermentano intrecci oscuri e nefasti tra servizi e terrorismo, particolarmente evidenti nella Francia neocoloniale, ma destinati inevitabilmente a finire al di fuori di ogni controllo. Di certo ben pochi potrebbero pensare a un attentato più fasullo di questo che è totalmente privo di senso da qualunque parte lo si guardi. D’accordo che l’insensatezza è una delle cifre della contemporaneità, ma qui siamo al terrorismo dadaista che oltre a permettere la continuazione dello stato di emergenza, distrae da notizie molto più allarmanti: per esempio da quella del costante aumento delle disuguaglianze in Francia: secondo i dati pubblicati meno di due mesi fa, il tenore di vita del 10% più ricco è aumentato mediamente di 3000 euro l’anno, mentre quello del 10% più povero è sceso di 360 euro. Ci sono insomma oltre un milione di poveri in più. E si ha paura del terrorismo.
21 giugno 2017